È una bella mattina di mezza stagione, ti viene in mente che potresti farti un bel giro in bici: di quelli senza pensieri, niente salite vertiginose, niente strade trafficate, eppure ai margini della città. Bene: l’anello fluviale di Padova è la scelta giusta.
Nota bene: l’ho chiamato itinerario impressionista per vari motivi. Per i colori che gli argini di Padova sanno regalare (specie nelle mezze stagioni): toni accesi e vividi, verdi intensi in primavera, i grigi e i marroni in autunno. Per i forti contrasti di luci ed ombre, che esplodono quando dagli argini più soleggiati ti infili in vere e proprie gallerie di alberi. E perché l’acqua, gli onnipresenti canali, i fiumi, alle volte si dichiarano al tuo fianco, altre volte scompaiono dietro la boscaglia, occhieggiando come flash di visioni tra le fronde.
Cos’è l’anello fluviale di Padova (e chi può farlo)
Prima di tutto, la definizione emozionale: è il giro in bici della mia città, da fare in quattro ore, toccando i luoghi più belli della prima periferia e delle campagne padovane.
Poi, una definizione più burocratica: si tratta di un percorso che connette gli argini fluviali che circondano la città, da fare quasi tutto su sterrato (i tipici argini lastricati brecciolino). L’itinerario è lungo poco più di 40 chilometri, pressoché sempre in piano, quasi sempre lontano dalla circolazione ordinaria.
Rovescio della medaglia? Beh, diciamo la lunghezza. E il fatto che ci vuole un po’ di orientamento.
Ma Padova è una città fluviale?
La risposta è “sì”… o per lo meno, lo era. Dal medioevo, le merci da e per la città viaggiavano su barche di vario genere. Non solo: il centro stesso di Padova era un dedalo di canali, poi gradualmente interrati nel corso degli anni, con operazioni discutibili mirate a promuovere il traffico su ruote. Prendi il panorama della Specola, e moltiplicalo in giro: ti dicono niente, ad esempio, i nomi “Riviera Ponti Romani” e Porta Molino?
Una curiosità: dal Portello parte ancora il Burchiello, con il quale puoi fare una vera e propria minicrociera lungo la Riviera del brenta.
Adesso, per respirare l’antico rapporto di Padova con le sue acque, puoi percorrere l’anello completo di fiumi e canali che cinge la città, all’incirca separandola dalle sue campagne (o zone industriali).
Da dove partire per l’anello fluviale di Padova
È il bello degli anelli: puoi partire da un punto qualsiasi, no?
Alla fine, dopo aver fatto l’anello fluviale di Padova in lungo e in largo, nella sua interezza, credo ormai una decina di volte, mi trovo a scrivere questo articolo il 25 aprile. E quindi, ritengo giusto partire dal Giardino dei Giusti del Mondo a Terranegra, un giardino (e un’installazione artistica) della Padova periferica, fondato nel 2008 a commemorazione dei Giusti, coloro che si sono opposti ai genocidi del Novecento. Il Giardino fa tutt’uno con la Chiesa Sacrario dell’Internato Ignoto, anch’esso legato alla Seconda Guerra Mondiale.
Il senso di percorrenza, per me, è sempre orario. Nessuno ti vieta di fare l’anello fluviale di Padova in senso antiorario, comunque.
Saliamo il ponte di Terranegra, e puntiamo la bici verso destra – sud. Si comincia!
I tratti dell’anello fluviale in bici
Da Terranegra al Bassanello
Da Terranegra percorriamo così i tratti di argine sullo Scaricatore, ristrutturati ad uso della folla di runner che qui ogni giorno si allenano.
Poco prima delle Chiuse di Voltabarozzo, quell’edificio basso di tubi azzurri sulla sinistra contiene un modello in scala dalla Laguna Veneta, sul quale si studia (o studiava) l’effetto delle maree.
Ci lasciamo alle spalle il fascinoso baretto Mekong, resistiamo alla tentazione di scendere al Parco dei Platani e da qui a fare i pigri al Parco Iris. Superiamo (sottopasso) il Ponte Voltabarozzo, sicuramente vedremo i canottieri allenarsi sul Bacchiglione. Altro ponte (Quattro Martiri) con relativo sottopasso, e in un attimo siamo al Bassanello. Percorri la passerella in acciaio, svolta a destra seguendo il Bacchiglione, passa Ponte Isonzo (è uno dei pochi passaggi brutti dell’intero percorso) e inforca sulla sinistra Via Isonzo.
PS: se a questo punto ti viene una improvvisa voglia di panorami collinari, sappi che da qui puoi avvicinarti all’Anello Ciclabile dei Colli Euganei.
Dal Bassanello a Montà
Percorrendo Via Isonzo hai un primo assaggio di vera campagna, con grandi prati contenuti dagli argini del Bacchiglione. Sulla sinistra, al di là del fiume, lo storico stabilimento dei Canottieri, con le canoe sulle loro rastrelliere. Dove Via Isonzo si trasforma ad un certo punto in un stretto sentiero: prendilo.
Sei su lungargine Boschetto: ancora campagna da entrambe le parti, le anse del Bacchiglione morbide. Sottopassa anche Via dei Colli, un lungo argine ti farà arrivare a Chiesanuova. Sulla destra sfilano dei quartieri residenziali di piccole casette. A Chiesanuova superi il passaggio pedonale e il piccolo parchetto alberato, e prendi Lungargine Fabre.
Adesso segui la stradina asfaltata, che corre tra i campi coltivati e le golene ricche di vegetazione, tra la quale spesso puoi vedere i fagiani. Segui la curva a gomito sulla destra in via Cà Silvestri, prosegui finché non riconoscerai una deviazione strettamente ciclabile sulla sinistra, con un sottopasso che ti permette di superare la ferrovia: eccoti in Ramin, e poi nel troncone di Via Montà più lontano dalla città.
Da Montà a Limena
Via Montà è costeggiata da una comoda ciclabile, dritta come un fuso, che ti permette di arrivare al Lungargine Ponterotto: si passa sotto il viadotto autostradale (un passaggio pedonale da fare, poco prima) e prendi lo sterrato che si infila nella vegetazione boscosa.
Un percorso vita, finalmente ombra, e il lunghissimo lungargine boscoso ti scarica a Limena. Qui, prima di attraversare la statale, c’è una fontanella che, se non sbaglio, decide un po’ lei se darti acqua o meno.
Da Limena a Vigodarzere
Attraversata la statale e raggiunta la chiusa che vedi di fronte, fai una curva in vertiginosa discesa (!) tra le case, e stai alto sull’argine. Benvenuto nel Parco di Punta Speron, ed ecco di fronte a te il Fiume Brenta.
Qui ci sono quelli che io chiamo i dissuasori di velocità per fiumi: una distesa di cubi di cemento che, in effetti, servono proprio a ridurre la velocità di eventuali acque di piena.
Segui l’argine, percorri verso sinistra Ponte Capitano Manetti, e riprendi l’argine sulla destra. Inizia qui uno dei miei tratti preferiti dell’anello fluviale.
Ancora una ricca vegetazione golenale, il placido Brenta (vedi che i dissuasori servono?) che fa le sue anse, e sulla sinistra dei ricchi campi, con prati verdissimi, e spesso lungo questa via ci sono i cavalli.
PS: non farti ingannare, questo tratto di argine è molto lungo. ma se vuoi un consiglio, puoi fare una piccola sosta scendendo sulla sinistra alla Certosa di Vigodarzere, un edificio immerso nel verde, che purtroppo versa da anni in condizioni di semiabbandono: e purtroppo i comitati per la sua salvaguardia non sembrano poter nulla.
Raggiunto Vigodarzere, devi attraversare la strada, prendere l’argine sulla sinistra e fare una specie di U con il successivo ponte della SR307, in corrispondenza del quale tieni la destra (sempre sull’argine). Prossima meta: Ponte di Brenta.
Da Vigodarzere a Stra
La vegetazione si dirada, ma poco. I campi invece non smettono di fare le loro cose da campi. Teniamo a debita distanza Cadoneghe, e in men che non si dica (circa, perché la fatica inizia a farsi sentire) siamo sul ponte che separa Ponte di Brenta e Busa di Vigonza. Mantieni la sinistra idrografica anche dopo aver passato i vari ponti e sottopassi.
Ora con piacere posso mostrarti, alla tua sinistra, mentre pedali un argine di terra battuta calcinata dal sole, un classico esempio di architettura veneta: una piccola zona industriale, fatta di capannoni grigio-bianchi, piazzali sconsolati, l’occasionale cinese che “fa cose” sul retro.
Le ricchezze estetiche di Stra, le ville venete, la già nominata Riviera del Brenta, ohimè, sono a poche centinaia di metri da qui, pronte per essere viste da chi… ha ancora gamba. O in un’altra gita fuori porta.
Tu percorri il ponte di via Noventana, prendi subito il secondo ponte sulla sinistra, e buttati sulla destra.
Da Stra a Terranegra
L’ultimo sforzo si chiama a questo punto Via Argine Destro Piovego, sul quale ti stai pedalando, e che ti farà alternare asfalto, brecciolino e sterrato. Sulla tua destra ora c’è, appunto, il Piovego.
Passa sotto l’autostrada, supera il ponte/chiusa detto Sostegno di Noventa, e tieni ora gli occhi puntati sulla destra, perché Villa Giovannelli Colonna è un colpo d’occhio che merita (ed è stata ristrutturata da poco, credo, perché l’ultima volta che l’ho vista era bianchissima e perfetta).
Ultimo sforzo (l’avevo già detto?): Lungargine Rovetta, un po’ di zona industriale, il famigerato termovalorizzatore di Padova, oggetto di millenarie lotte civiche – che continuano tuttora – quella piccola chiesa golenale nella quale si celebra il rito Ortodosso Rumeno, scavalli e sei su Ponte San Gregorio.
A questo punto, hai tre possibilità:
- ponte, attraversi, argine, e in dieci minuti sei al punto di partenza, il Giardino dei Giusti
- fermarti a pranzare alla Scacchiera, storico agriturismo della zona
- andare a collassare al Parco Roncaiette
Quarta possibilità: maledirmi (Se già non lo stavi facendo da un pezzo!)
Anello fluviale di Padova in bici: dati tecnici in breve
Lunghezza: il giro ad anello è lungo 44 km
Tempo: circa 3 ore e mezza con un buon ritmo, ma tra piccole pause e qualche foto, conta 4 ore, 4 e mezza
Difficoltà: non ci sono difficoltà tecniche, e può essere affrontato anche da non ciclisti. Questo giro non ha pendenze di alcun tipo: è solo piuttosto lungo.
Vie di fuga: dove vuoi: la città e la salvezza sono sulla tua destra, in ogni momento!
Con che bici affrontarlo? Puoi farlo anche con una bici “normale”, da città. L’importante è che il sellino sia comodo. In ogni caso, una bici scomoda o dura renderanno anche questo percorso un inferno. Se non sei molto allenato un’e-bike è la soluzione ideale per fare tutto l’anello.
Tipo di terreno: l’anello alterna asfalto, brecciolino – il tipico argine di Padova – e tratti di sterrato. A seconda delle stagioni, su questi ultimi tratti puoi trovare qualche buca.
Ruota bucata lungo l’anello: chiaramente, può succedere. La vicinanza con la città rende comunque le cose più facili, in caso di imprevisto. Un kit di emergenza è comunque sempre bene averlo.
Quando: mai in estate, gli argini sono roventi anche la mattina presto. Perfetto per le mezze stagioni, prima che faccia il tipico caldo umido di Padova. Il mio consiglio è inoltre di evitare la domenica, perché molti degli argini sono frequentatissimi, e una tranquilla pedalata rischia di trasformarsi in un superslalom.
Acqua: portati una borraccia. Sono state installate delle fontane in corrispondenza degli argini più praticati dai runner, ma la distribuzione sui 44 chilometri è piuttosto ineguale.
Orientamento: ti consigliamo di studiare il percorso prima di partire, e di avere nel telefono una app che ti può aiutare. L’orientamento infatti non è semplicissimo, la segnaletica è presente, ma in alcuni punti decisamente poco evidente.
Ciao ,hai scritto
Passa Ponte Isonzo ( uno dei punti più brutti)
Volevo sapere cosa intendi? Forse pericolosi? Volevo andarci con i miei figli e volevo capire ..
Grazie ho iniziato da poco a leggere i tuoi percorsi.
Grazie! E Complimenti!
Erika Pagano
Ciao Erika!, per “brutto” intendo brutto per il passaggio: fino a un paio di anni fa, non c’era un modo “liscio” per percorrere il ponte: il marciapiede è stretto e ha un alto gradino, cose così. Non so se con i recenti lavori relativi alla trasformazione dello storico distributore in parcheggio magari hanno fatto lavori di miglioramento (non credo!)… comunque nessun problema: seguendo i passaggi pedonali con attenzione, si passa!