Il messaggio degli “zii” friulani recita “arrivare al Bivacco Feruglio è impegnativo, ma alla vostra portata. Ci portavamo gli allievi più meritevoli”. Conosco bene l’entusiasmo e l’amore che hanno per queste montagne, non vedo l’ora di partire! 

Eroi fuori dal Feruglio

Avevamo già pensato di fare questo giro in Luglio, per il mio compleanno, ma le previsioni di pioggia ci avevano costretti  a ripiegare verso tutt’altre zone.

Tra Luglio e Ottobre una marea di giri di montagna, di bivacchi, una Traversata Carnica, il Santa Cruz trek in Perù e tante altre avventure.

Ma ora è arrivato finalmente il suo momento: la carta è aperta sul tavolo, gli zaini per il weekend sono pronti e l’entusiasmo è alle stelle.

Il sentiero 437 fino al Rifugio Grauzaria

Lasciamo la macchina al parcheggio vicino alle case Nanghez (740 mslm) in Val Aupa e iniziamo a camminare che è già mezzogiorno.

Il sentiero 437 diretto al rifugio Grauzaria passa dapprima attraverso bellissimi pini neri e silvestri che si alternano con i loro brillanti colori autunnali, fino ad entrare nella bellissima faggeta colorata di oro che, con il sole di oggi, rispende in tutta la sua bellezza.

Albero autunnale in val aupa

Appena usciamo dal bosco di faggi si erge sopra di noi la sagoma inconfondibile del Monte della Sfinge che domina questo tratto di valle. Alza il naso verso sud mentre sali i tornantini del sentiero, e riuscirai a riconoscerne il profilo.

Il sentiero prosegue in salita e dopo un’ora siamo al Rifugio Grauzaria (1250 mslm) che, nonostante sia quasi novembre, è ancora aperto. Il rifugio è bellissimo, grande e con le finestre rosse, la carta Tabacco scolorita appesa fuori, le panche sotto gli enormi alberi e il camino fumante: tutto quello che ti aspetti da un rifugio in montagna.

Entriamo per chiedere informazioni sul sentiero che porta al bivacco, ma ecco che arriva la prima vera difficoltà dell’alpinismo: rimandare vino e castagne appena cotte sulla brace per proseguire il giro.

Trascino Davide fuori per le orecchie promettendogli di tornarci domani per godere di questo bendiddio.Rifugio Grauzaria

Il sentiero 446 fino al Bivacco Feruglio

Dal rifugio sulla sinistra inizia il sentiero 446 che, attraversato un piccolo ruscello, diventa subito una ripida salita.

Superiamo enormi massi, ghiaioni franosi, gli onnipresenti mughi e qualche tratto attrezzato.

Sentiero attrezzatoL’ambiente è selvaggio e bellissimo: totalmente isolato dalla civiltà, l’unica presenza umana siamo noi.

Il percorso che porta sotto le rocce della Grauzaria non è sicuramente banale, al di là dei tratti attrezzati infatti ci sono parecchi passaggi dove si richiede piede fermo, buona tecnica alpinistica e ottimo orientamento.

Non si può comunque parlare di una vera e propria via ferrata, almeno fino all’arrivo al bivacco.

Silvia tra le rocce (Grauzarie)

Segnaliamo soprattutto un canalone da percorrere di traverso che di recente è franato e, per passarlo in sicurezza, ci impegna più tempo del dovuto. In realtà la zona è tutta franosa quindi di mese in mese può capitare di vedere la traccia spostarsi e modificarsi fino a perdersi e questa è la vera difficoltà del tragitto fino al Bivacco Feruglio.

Il sentiero si intaglia tra altissime e spettacolari fenditure fino all’imponente campanile roccioso della Medace che segna il punto dal quale inizia la svolta verso il gran circo dov’è posizionato il bivacco.

In circa due ore arriviamo al Bivacco Feruglio, che si trova a 1700 mslm. Come sempre la vista della casetta rossa è un miraggio. Sbuca tra i mughi che sembrano essere stati messi lì a regola d’arte, come le tende del teatro che si aprono appena per far uscire il presentatore prima dello spettacolo.

Apparizione del bivacco

Il bivacco è una classica scatola di metallo rossa con 9 posti letto, un tavolo centrale, due sgabelli e una panca. Ci sono griglie messe a disposizione per i più golosi (subito fuori c’è infatti un posticino per fare fuoco) e soprattutto ci sono cuscini e coperte per i più freddolosi (eccomi!).

Ci sediamo comodi sul grande masso che si trova accanto al bivacco. La roccia è ancora calda dal sole della giornata e ci godiamo la nostra meritata birretta guardando il colore del giorno cambiare.

Dal lato verso la valle un mare di mughi verdissimi circonda il bivacco, dall’altro lato i monti svettano altissimi e bianchi. L’ambiente è tipicamente e drammaticamente alpino, nonostante l’altezza contenuta.

Il libro del Bivacco Feruglio è di quelli standard con le celle predefinite, ma c’è comunque qualcuno che trasborda per scrivere il proprio pensiero, la propria emozione o semplicemente un saluto.

Silvia legge fuori dal bivacco Feruglio

C’è chi ha ottant’anni e passa e qui viene ogni anno, c’è chi questo giro lo sognava da tempo, c’è chi qui trova riparo da un cambio repentino del meteo, chi ci arriva sprofondando in 40 centimetri nella neve, chi ringrazia e chi giura di volerci tornare.

Adoro leggere queste storie, adoro leggerle anche se so che non sono rivolte direttamente a me, ma è come fossero lì ad aspettarmi. Le leggo con avidità, le lascio fermentare il giusto tempo e ne tengo una con me. Io, lascio la mia.

Il sole intanto cala dietro alle montagne alle nostre spalle. E’ il momento di entrare a preparare la cena.

Un ottimo risotto con formaggio nel nostro fidato fornellino ad alcool, té e caffè e, prima di dormire, qualche pagina di libro. Solitamente non lo porto in bivacco per evitare il peso ulteriore, ma quello che sto leggendo è leggero e devo dire che mi godo tantissimo questo momento di quiete.

Silvia legge nel bivacco Feruglio

Usciamo per l’ultima toilette prima delle nanne e veniamo travolti da una stellata pazzesca.

Via Lattea completa, carri, stelle e costellazioni delle quali non conosciamo i nomi. Restiamo così, senza dirci nulla, per almeno mezzora. Una stella cadente, due, tre. Esprimiamo desideri che ancora non sappiamo.

Questi posti sono magici e un vero lenitivo per l’anima di chi sa stare in ascolto.

L’impegnativa Cengle dal Bec

L’alba ci sorprende mentre ancora dormiamo, filtrando dalle finestre del Bivacco Feruglio. Un colore rosso già sbuca dalle cime poste esattamente di fronte.

Alba dal bivacco

Finestra del bivacco

Dentro al sacco a pelo caldissimo, una coperta sopra, la finestrella aperta su questo spettacolo, Davide al mio fianco. Credo che in questo momento sia difficile chiedere qualcosa di più dalla vita.

E’ in questi momenti che la fatica, la sporcizia, le gambe stanche, il letto spartano, la sveglia presto e il poco cibo vengono ripagati completamente.

Durante la sera non è arrivato nessun altro così abbiamo avuto il bivacco tutto per noi, anche se abbiamo tentato di non colonizzare tutti i letti che non si sa mai. Salutiamo la nostra casetta e ci rimettiamo in cammino riprendendo il sentiero 446 per completare l’anello del Cengle dal Bec (che tradotto sarebbe Cengia del camoscio).

Anche se è mattino presto da subito dobbiamo riprendere ritmo e attenzione. Siamo ancora mezzi addormentati, ma questo sentiero non scherza e ce ne accorgiamo ben presto.

La difficoltà del percorso infatti è data tanto dai tratti attrezzati quanto dal resto del tracciato e bisogna sempre tenere la concentrazione molto alta.

Tantissimi punti sono franati ed è difficile orientarsi: anche se i segnavia sono presenti per quasi tutto il percorso, spesso sono così sbiaditi da risultare quasi invisibili.

Davide sconsolato su rocciaL’orientamento per questo motivo è piuttosto difficile e perdersi può essere davvero questione di attimi. Poco male, se non fosse che in molti punti si rischia di scendere anche parecchi metri di dislivello su canaloni che poi sarebbero difficili da risalire.

Tutto il sentiero inoltre è connotato da frane più o meno vistose, che hanno deviato il percorso o che lo rendono irriconoscibile.

La roccia qui è aspra, selvaggia e tagliente. “Fraida” direbbero in friulano. 

In definitiva fai fatica: sia salendo, che scendendo, che attraversando i diabolici canali ricoperti di ghiaino.

In alcuni tratti i chiodi del sentiero attrezzato sono saltati, anche se fortunatamente non pregiudicano il giro, ma nel complesso lo rendono ancora più pericolante. La cosa strana, a mio avviso, è che le corde fisse siano state messe in alcuni punti dalla difficoltà trascurabile e siano invece assenti in alcuni altri ben più esposti o impegnativi.

Gran parte del sentiero si fa arrampicando e disarrampicando aggrappandosi con le mani alle corde fisse, alla roccia e in alcuni punti anche ai mughi! Ma non basta: ginocchia, avambracci e caviglie sono richiamate all’ordine… Insomma tutto serve in questi momenti!

Davide su roccia

Siamo parecchio stanchi e i passi si fanno più pesanti, complice anche il caldo e gli zaini pesanti.

Prendiamo infine l’ultimo canalone coperto da sottile detrito che termina sul Lavaron de la Crete. La traccia qui piega verso ovest dove incrocia, sotto le pareti rocciose della Forcje, il sentiero 444.

!Attenzione! In questo punto la prima freccia che vedi, e che indica il sentiero 444, punta verso il paese di Grauzaria. Non solo è facile sbagliarsi e finire altrove, ma questa tratta è stata inoltre dismessa.

Per completare l’anello continuiamo invece salendo il sentiero 444 verso nord, cioè tenendo la parete rocciosa sulla sinistra.

La Cengle dal Bec è uno di quei percorsi che ti chiedono una concentrazione costante, da non mollare mai di un millimetro. E mentre la testa è tesa a guardare dove metti i piedi, e quanto strapiombo c’è di fianco, e quanto sdrucciolo è il ghiaione, ci sono mille stimoli che fanno a gara per distrarti. Hai le mani tagliuzzate perché il calcare è aguzzo. Hai i polpacci che strisciano contro le rocce. Le braccia che progressivamente si stancano per lo scavalcare massi, le cosce indurite per tentare di non scivolare indietro a ogni passo in salita.

Ma ci sono anche delle magie.

C’è un aroma di resina caldissimo, balsamico, dove il sole arroventa le pietre e i mughi si scaldano. Ci sono formazioni di roccia, pinnacoli, crestine. Improvvisi, vertiginosi strapiombi. E per metà del tempo sei infilato nella spaccatura irreale tra due montagne, in una giornata incredibile, senza nessuno attorno.

Davide Zambon coautore di Bagaglio LeggeroDavide

La salita qui è meno franosa, ma molto ripida e ci porta infine alla forcella del Portonat, 1860 mslm.

Ho una buona e una cattiva notizia. La buona è che finalmente rivedo il Rifugio Grauzaria, la cattiva è che abbiamo tutto un altro enorme canalone davanti… e questa volta da scendere! 

Perché si sa, il mondo degli escursionisti si divide in due: chi ama il ghiaione e chi lo odia!

Io personalmente faccio più parte della seconda categoria, ma devo ammettere che se il ghiaione è della dimensione giusta e la pendenza lo permette, correre lungo il pendio facendomi trascinare dalle sue “onde” è davvero divertente. Avete mai provato a scendere le dune nel deserto? La sensazione è molto simile.

In un’ora scarsa di ghiaione piuttosto buono raggiungiamo il rifugio Grauzaria che, come promesso, ci accoglie con il suo camino fumante, una radler ghiacciata e un ottimo, immancabile frico.

In rifugio sembra di essere a casa: la sensazione è dolcissima. Divanetti rivestiti, stufa accesa, le foto alle pareti, gli scacchi che aspettano di essere giocati, e gestori amichevoli che ti chiedono come è andata l’avventura.

Rifugio Grauzaria

Riprendiamo la discesa per il sentiero 437 dell’andata, immersi nell’ultima luce del pomeriggio che ancora carica d’oro le foglie degli alberi.

Bosco di faggi

Consigli pratici

Acqua: presente solo presso il Rifugio Grauzaria.

Difficoltà: nel complesso difficile.

  • Fino al Rifugio Grauzaria la passeggiata è bella e piacevole, adatta a tutti.
  • Da qui al Bivacco Feruglio il sentiero si fa impegnativo e richiede piede fermo e capacità di cammino su terreno franato.
  • Il sentiero del Cengle del Bec infine è un sentiero alpinistico, assolutamente sconsigliato se non sei esperto di montagna.

La difficoltà del sentiero attrezzato è media, ma il terreno è molto instabile e questo rappresenta il maggior pericolo. Qualche base di arrampicata può aiutarti a superare con sicurezza i punti più esposti o delicati. Ci sono passaggi fino al II grado.

Attenzione inoltre alle scariche di sassi, anche di grandi dimensioni. So che è sicuramente impopolare, ma consiglio di tenere il caschetto anche nei tratti non attrezzati.

Clima: noi abbiamo percorso l’anello in ottobre inoltrato e abbiamo sudato tantissimo, quindi mi sento di sconsigliarlo sia nelle estive giornate di sole a picco per il gran caldo che nelle giornate di scarsa visibilità perché le tracce erano poco visibili anche con il cielo limpido. Da evitare assolutamente infine se ha piovuto da poco.

Dislivello: circa 1900 metri (i saliscendi sono anche di notevole altezza lungo la cengia)

Tempi: noi ci abbiamo impiegato quasi 8 ore a compiere tutto il giro comprese soste e con la zavorra degli zaini da bivacco. Se sei esperto, veloce e leggero puoi contare 7 ore, al contrario anche 12: abbiamo raccolto resoconti di entrambe le esperienze.

Tieni conto comunque che il giro è molto lungo e impegnativo, quindi se una volta arrivato al Bivacco Feruglio ci avessi messo più di 4 ore ti consiglio di prendere in considerazione di tornare per la stessa strada. Da qui infatti il sentiero si fa più difficile e l’anello è ancora molto lungo da completare.

Roccia Grauzaria

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