Una gita in giornata abbastanza intensa sul Monte Carega: un classico intramontabile a poca distanza da casa. Forse un po’ troppo frequentato: ma è la prima domenica di vero sole.

trekking al Monte Carega

La salita al Monte Carega dal Rifugio Battisti

E’ una domenica di fine marzo. Sulle cime c’è ancora neve, ma quella del monte Carega (2259 mslm) dovrebbe assicurarci un’ascesa tutto sommato tranquilla.

A salire sul Carega dal rifugio Battisti (qualche chilometro sopra Recoaro Terme), è – quasi – una unica tirata.

Imbocchiamo il sentiero 105 che, dal parcheggio poco sotto al Rifugio Battisti, sale per un versante caldissimo già dai primi giorni di primavera. Tolti alcuni tornanti iniziali, che ti fanno credere in una inaspettata dolcezza, poi tutto diventa piuttosto ripido.

Il 105 diventa il sentiero 113 (indicato come EE sulla fida carta Tabacco) e sbuca una ventina di minuti prima del Rifugio Scalorbi, il quale compare dopo alcuni giri semipianeggianti su formazioni rocciose a pinnacoli e resti di frana (è la Porta di Campobruno).

Siamo a questo punto sulla forcella a nord del complesso chiamato pittorescamente l’Omo e la Dona. Per capire il motivo di questo nome di basterà alzare gli occhi al cielo e curiosare tra le più alte formazioni rocciose.

Rifugio Scalorbi sul Carega

Il rifugio Scalorbi e la salita alla cima del Monte Carega

Il Rifugio Scalorbi è tenerissimo, un cucciolo di rifugio protetto dai versanti circostanti, con la sua chiesetta affianco, e un ottimo panorama sulla pianura. Lo troviamo ovviamente ancora chiuso.

Con pendenza pressoché costante, e abbastanza insistente, da qui parte il sentiero che sale al rifugio Fraccaroli/Carega: è il sentiero 192, che si srotola salendo una conca che sta sotto la cima principale del Carega – quella con la croce.

L’ultimo pendio prima del rifugio, se innevato, può essere fatto più agevolmente con i ramponcini (vietati invece per la cima o il vaio).

Silvia verso la cima del Carega

Arrivati al rifugio, si sale alla cima “per facili roccette” e sbriciolìo di pietra. Ci vogliono una decina di minuti, sono gli ultimi metri di dislivello, ma anche i più duri. Non è una cima particolarmente difficile, anzi, ma la roccia richiede sempre passo fermo.

In sommità c’è l’immancabile croce di vetta, un memoriale, un curioso coniglietto di peluche che fa guardia alla cima, e numerosi corvi per niente timidi, che ti arrivano a un metro se concedi qualche morso del tuo panino.

Sulla cima vale la pena di fermarsi almeno una mezzora, soprattutto se si è graziati da una momentanea assenza di vento. In questo caso la quiete è totale, bellissima, e le gambe si rilassano su un panorama a 360° notevole: ci sono prima i lembi frastagliati del gruppo del Carega, il Pasubio in fondo, e poi le valli che ne discendono, la pianura riscaldata dal sole di primavera…

La discesa “imprevista” ad anello dal monte Carega tramite il sentiero 111

Iniziamo a camminare con l’intenzione di intercettare, al rifugio Scalorbi, il sentiero 114, con il quale saremmo scesi direttamente al parcheggio.

Non lo troviamo.

Scendiamo “per la stessa” via di salita – o così crediamo, dato che ad un certo punto manchiamo l’attacco per il 113, e inforchiamo quello che scopriamo essere il sentiero 111. La discesa si apre un ghiaione innevato che scende piuttosto ripido (ma fattibile) a ovest de L’Omo e Dela Dona. Il ghiaione è spettacolare, incassato all’inizio tra i due pinnacoli e una costa di rocce piena di gusele, dita rocciose spinte verso verso il cielo, torrioni. Sul ghiaione si riesce a scendere piuttosto velocemente, approfittando sia di una giusta cedevolezza, che delle strette curve del sentiero.

Sentieri pericolosi sul gruppo del Carega

Siamo in corrispondenza di passo della Lora, e un cartello scritto a pennarello nero ci dice “Pericolo”, con tanto di teschio, e proponendo un sentiero parallelo più semplice (il 182) per raggiungere lo Scalorbi se inavvertitamente sei salito da qua.

Il nostro diventa invece sentiero 110 quando inizia a dipanarsi su un ghiaione grosso (i Giaroni della Lora) che impone al sentiero di fare tornanti anche lunghissimi. Una nota: se il versante poco più a nord, dal quale siamo saliti la mattina, era cotto dal sole, questo si presenta invece innevato e ghiacciato, e la discesa diventa lunghissima (sono 450 metri di dislivello fino al parcheggio) e fastidiosa. Alle sei di pomeriggio sei nell’ombra più fredda.

Dati tecnici in breve

Dove siamo: sul Carega, massiccio delle Piccole Dolomiti. Per questa escursione, accediamo da est – da Recoaro Terme (VI)

Partenza: 1248 mslm il parcheggio del Rifugio Battisti

Arrivo: 1831 mslm la Porta di Campobruno – 1767 mslm il Rifugio Scalorbi – 2259 mslm la Cima del Monte Carega

Dislivello: Fanno in tutto 1000 metri di dislivello tondi tondi: sono una buona cifra per una gita di questo tipo, e posso rassicurarti che, svolgendosi in una unica soluzione.

Tempo: La gita, così come l’abbiamo fatta noi, dura sei ore.

Difficoltà: Ci vuole buon passo, e sono comprese la mezzora contemplativa sulla cima del Carega e la discesa imprevista per i sentieri 111 e 112.

Topografica: Come sempre, ti consiglio di avere la carta Tabacco della zona. In questo caso è la numero 56, le Piccole Dolomiti e Pasubio. Conviene averne una copia, perché contiene molti giri a quote medio-basse davvero inaspettati – oltre al Pasubio, certo.

Avvertenza

Se sei un amante della quiete e della solitudine della montagna, tieni conto che il monte Carega, nonappena fa un po’ di sole, è frequentatissimo. Un classico delle Piccole Dolomiti, ma meglio frequentarlo durante la settimana.

Qualche altra idea sulle Piccole Dolomiti vicentine?

Ti trovi in Veneto, e vuoi fare una escursione più vicina alla pianura? Le Piccole Dolomiti vicentine fanno per te. Ci trovi percorsi superfrequentati (il Pasubio ti dice niente?) e angoli sconosciuti ai più; salite vertiginose e tranquille malghe tra i pascoli; tracce della storia, bivacchi (e perché no? Una cucina semplice ma rinfrancante).