Ci sono delle montagne che ti permettono solamente di salire alla loro cima: niente vie alternative (almeno in carta), niente deviazioni, niente concatenazioni. Parcheggi, sali, arrivi in vetta, scendi. Il Picco Palù, o Grosse Moosstock in lingua tedesca, è una di queste.
E come molte di queste montagne, salirle significa sorbirsi un dislivello impietoso… ma la soddisfazione delle cima è impagabile.
Grosse Moosstock: il progetto di una giornata
Mini-vacanza in Valle Aurina (in realtà, in fondo a una defilata valle laterale, la Valle Selva dei Molini). L’obiettivo dichiarato è: cinquanta percento trekking, cinquanta percento relax. Ma è chiaro fin da subito che l’ago della bilancia penderà decisamente verso i primi.
Appena arrivati, i bagagli ancora in macchina, quella che doveva essere una leggera escursione di acclimatamento (la salita a Pircher Alm e ai suoi canederli), si è trasformata in un giro eterno tra alte vie, rifugi d’alta quota, nevai residui e un generico, splendido attardarsi nella natura, complice la stagione estiva.
Ma siamo fatti così: dateci una carta geografica in mano…
La mattina successiva, con nelle gambe ancora il tratto di alta via Kellerbauer del giorno prima, la Tabacco ha espresso il suo oracolo: salita al Picco Palù, giusto alle spalle di Campo Tures.
Il tempo di preparare i panini e gli zaini, di avvisare le gambe di legno di tornare di carne e siamo pronti.
Da Campo Tures alla vetta del Picco Palù
Più che da Campo Tures, si parte dai prati sopra Acereto, piccolo paese sul versante meridionale del monte. Lasciamo infatti la macchina in un comodo parcheggio in località Stockner (1640 mslm), dove un pannello ci dice che siamo all’interno del Parco Naturale delle Vedrette di Ries, e ci indica la via di accesso al sentiero 10b.
Per una mezz’ora saliamo tra prati costellati di balle di fieno e strade sterrate, attraversando boschi di abeti, un morbido tappeto di aghi sul quale camminare. I danni di recenti tempeste sono stati sistemati, e il sentiero fa alcune deviazioni. Superati gli ultimi edifici – sulla carta, è dove terminano le strade bianche – siamo su uno stretto sentiero, ancora immerso tra gli alberi. Il sole è forte e scalda molto, ma sappiamo che appena sbucheremo dal bosco, il clima si farà perfetto.
Il primo punto notevole del percorso è Schlafhauser, a quota 2010 mslm. Si tratta di una piccola malga purtroppo abbandonata, in parte crollata per un incendio (la facciata è ancora annerita). Una stanzina al primo piano è ingombra di fieno. Giusto di fianco all’edificio, il ruscello è stato trasformato in una fresca fontana dal getto potente. Una panchina di legno guarda la valle circostante: sappiamo dove ci riposeremo durante la discesa.
Da qui, peraltro, inizia ad essere evidente il grande compagno di questa escursione: il gruppo delle Vedrette di Ries, un imponente massiccio ancora imbiancato da modesti ghiacciai e perfetti speroni di roccia.
Continuiamo la salita, attraversando un versante boscoso letteralmente coperto da una miriade di piante di mirtillo. Peccato sia ancora presto per i frutti… o meglio così: l’ascesa sarebbe durata due ore in più, se le piante fossero state cariche di bacche!
Nel mondo di roccia verso i 3059 mt
Superata quota 2300 metri, l’ambiente cambia radicalmente. Grossi blocchi di roccia colonizzati da licheni gialli dominano il paesaggio, mentre il sentiero continua a salire: la pendenza è costante, non c’è un momento di falsopiano né tantomeno di discesa. Facciamo una pausa. Siamo tra due alti rilievi, lo Zintnock verso ovest e il Piccolo Palù (Kleine Moosstock) verso est. Dietro di noi, come una muraglia.
Si tratta in realtà della parete di monte di quello che doveva essere un imponente circo glaciale (i due rilievi e le creste aguzze che lo delimitano ne sono la prova). Riprendiamo a salire, tra grossi blocchi di roccia, lungo un sentiero sdrucciolevole di ghiaino e un po’ franoso.
Ad un certo punto, un balzo di rocce alto una quindicina di metri va superato aiutandosi con un cavo metallico. Il passaggio non è particolarmente impegnativo, ma delicato per l’esposizione e la roccia sdrucciolevole.
Un altro po’ di curve e di passaggi da fare aiutandosi con le mani, e siamo sulla forcella che guarda il Moosstocksee, un piccolo laghetto glaciale dall’acqua di un profondo blu, ancora per metà circondato dalla neve (2774 mslm il lago, circa 2800 la forcella). Da qui, è evidente la cresta che porta in cima al Picco Palù, duecento metri più in alto, gli ultimi, i più duri.
Le “facili roccette” verso la cima del Moosstock
A leggere altre relazioni, mi sembra di capire che alcuni sbagliano, e affrontano la cima seguendo una via più difficile, instabile. In realtà ci è tornato molto facile individuare il sentiero giusto, che sale proprio lungo la cresta. SPer tutta la salita dal lago, ci sono alcuni passaggi di I-II grado: secondo il gergo degli alpinisti, quelle “facili roccete” da superare in “divertente arrampicata”. Ed è vero, la difficoltà non è mai eccessiva, ma la concentrazione va tenuta alta, specie in alcuni passaggi più esposti, ma in genere la roccia è ottima.
Si arriva alla spalla finale, mancano gli ultimi 50 metri. E improvvisamente ti si apre la cima…
… che è ampia, rocciosa, costellata di totem e ometti costruiti con le pietre piatte che risultano dalla sfaldamento delle rocce di queste montagne. L’imponente croce domina il paesaggio.
Sorridiamo di emozione. Tutto attorno, oltre le profonde, verdi valli (in particolare l’Aurina, che da qui si vede tutta), i giganti di roccia e ghiaccio: a sud-est le Vedrette di Ries che ci hanno accompagnato fin qui, a nord la catena che dal Gran Pilastro corre verso oriente portandosi dietro il confine tra l’Italia e l’Austria.
Siamo a 3000 metri di altezza, ne abbiamo saliti 1500 con un piede davanti all’altro, le mani ad aggrapparsi alla roccia, una parola per indirizzarci in alcuni passaggi, il respiro regolare. Ma basta un sorriso per sciogliermi in una lacrima di commozione. Siamo in cima. Ed ogni volta è come se fosse la prima volta.
In discesa
Appunto: nessuna deviazione, nessuna variante. Per scendere dal Picco Palù scendi per il 10b che hai percorso all’andata. Ma nel frattempo la luce è cambiata, e ogni cosa ti appare vista dalla parte opposta, come se ti stesse dando l’occasione per capirla meglio.
Leggenda vuole che Hans Kammerlander, mitologico alpinista nativo proprio di Acereto, si sia innamorato della montagna salendo per la prima volta il Moosstock a 8 anni: ovviamente marinando scuola. Leggenda vuole anche che lo stesso Hans compia la salita e la discesa di questa cima di corsa, per allenarsi.
Ma intanto – è la cosa che adoro di questo genere di montagna – stai attraversando l’intero spettro degli ecosistemi: dalle vette rocciose e frantumate alle frane immobili di grossi blocchi, poi i sentieri stretti dove la montagna si apre, i pini mughi, i boschi radi dal sottobosco di mirtilli, il bosco più fitto, i prati dove si fa la fienagione, le ultime malghe di fonte alle quali razzolano libere le galline, i masi di versante restaurati ad arte, il paese a valle. Una sensazione simile l’avevo percepita scendendo dalla sommità ancora innevata del Monte Krn, in Slovenia.
Arrivi alla macchina che ti sembra di aver attraversato un mondo intero nello spazio di una giornata, in un tempo che si è dilatato quasi all’infinito.
Dati tecnici in breve
Partenza: località Gasteiger (1572 mslm e sentiero 10) o Stockner (1640 mslm, sentiero 10b)
Arrivo: vetta del Moosstock, 3059 mslm
Tempo: 4 ore scarse la salita, poco più di 3 la discesa. Calcola 7 ore e mezza con un po’ di pausa e tempo per le foto dalla vetta
Dislivello: 1460 mt (questa volta senza saliscendi)
Cartografia: Tabacco numero 36, Campo Tures
Difficoltà: difficile. La salita fino al circo glaciale (2500 mslm) non presenta difficoltà se non il dislivello in sè. Segue un tratto di sentiero molto pendente e franoso, e il breve salto attrezzato. Dal laghetto Moosstocksee alla cima si tratta di una cresta con passaggi di I-II grado per alpinisti. La traccia non pericolosa (è piuttosto stabile) ma richiede attenzione. Occhio a non sbagliare la via di salita.
Per scoprire Valle Aurina e dintorni
Noi ce ne siamo innamorati al primo colpo (complice un soggiorno improvvisato a Lappago). La Valle Aurina offre montagne maestose, sentieri estremamente panoramici, malghe nelle quali si mangia da dio, e quella rilassatezza tutta sud tirolese. Da scoprire.
Valle Aurina
Valle di Rio Bianco
Pircher Alm // Da Pircher Alm al Rifugio Porro sulla Kellerbauerweg
Val di Tures
Salita al Picco Palù, il tremila di Campo Tures
Valle Selva dei Mulini
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