La “nostra” Valle Maira è una storia di tentativi. Come per il Bivacco Barenghi lungo il Sentiero Icardi, non raggiunto per ben due volte, anche per il Colle del Maurin siamo dovuto tornare sui nostri passi. La prima escursione l’abbiamo abbandonata a metà, a causa di un vento davvero forte, freddo e insidioso. Decidiamo di tornarci, perché il luogo ha fascino storico, e ci sono alcune curiosità da scoprire.
Salita al Colle del Maurin: riassunto tecnico
⛰️ Dove siamo | Alla testa dell’Alta Valle Maira, sulle Alpi Cozie, sul confine tra Italia e Francia. |
🗓️ Quando l’abbiamo fatta | In un inverno con neve quasi assente, con al suolo i resti di nevicate praticamente sciolte (non sono stati necessari né ciaspole né ramponi). |
📍 Partenza da | Grange Ciarviera (1904 mslm). Puoi in alternativa parcheggiare a Ponte Soubeyran (1631 mslm) allungando però di quasi un’ora |
🏆 Arrivo a | Col del Maurin (2637 mslm) |
📐 Dislivello | 740 metri da Grange Ciarviera, 1000 metri da Ponte Soubeyran |
📏 Lunghezza | 11 km da Grange Ciarviera |
⏱️ Tempo | 5 ore scarse salita e discesa |
💧 Acqua | No, solo quella dei ruscelli da sanificare. |
😅 Difficoltà | Media. A rendere la gita leggermente impegnativa è la distanza lineare, ma le pendenze sono davvero moderate. |
🗺️ Cartografia | Valle Maira 1:25000, L’Escursionista Editore (se non ce l’hai puoi comprala su Amazon) |
🛰️ Traccia GPS | Sì, la trovi in fondo all’articolo. |
I due punti di partenza per il Colle del Maurin
Per raggiungere il Colle del Maurin dal lato italiano, hai due possibilità:
- la prima consiste nel superare l’abitato di Chiappera e prendere la strada che, sulla destra, sale verso la Rocca Provenzale, ne aggira il fianco occidentale e raggiunge Grange Ciarviera (1904 mslm). Risparmi un’ora rispetto alla partenza “da giù”, ma con un’avvertenza: la strada non è nelle migliori condizioni, il fondo stradale è in buona parte non asfaltato e abbastanza dissestato. Ce la si fa comunque agevolmente anche con un’auto “normale”, basta fare un po’ di attenzione a buche e sassi. Noi abbiamo preferito parcheggiare a Ponte delle Combe, giusto un minuto prima delle Grange.
- la seconda: parcheggiare a Ponte Soubeyran (1631 mslm), all’ombra della Rocca Provenzale, poco oltre l’abitato di Chiappera. Da qui, percorrere il lungo avvicinamento del sentiero T15 (è anche un tratto del Sentiero Dino Icardi, del Roberto Cavallero, del Tour dello Chambeyron e del GTA). Sono 300 metri di dislivello in più rispetto all’opzione precedente: circa un’ora, lunga e un po’ noiosa.
A proposito di Sentiero Roberto Cavallero. Fino alla meta di oggi cammineremo lungo il suo tracciato: un sentiero-memoriale, inaugurato nel 1992, che prevederebbe cinque tappe.
Quale dei due avvicinamenti scegli, ti ritrovi a Grange Ciarviera, un piccolo gruppo di case diroccate appoggiate sul versante occidentale del Monte Russet. La nostra gita inizia da qui.
Da Grange Ciarviera alla “Barca della Valle Maira”
L’attacco del sentiero T14 è evidente poco oltre Grange Ciarviera: un taglio diagonale che ci permette di scavalcare l’ultimo pendio della valle ed entrare in un meraviglioso mondo alpino. La prima cosa che si vede qui, infatti, e che ogni volta ci ha emozionati, è il gorgogliante ruscello sulla destra: lo sguardo lo segue per qualche decina di secondi, per poi rendersi conto della bellezza nella quale si trova. Di fronte, alcune grange bellissime. Sullo sfondo, un’ampia valle glaciale, un anfiteatro di cime tutto intorno.
Seguiamo la carrareccia per un po’, ignorando sia il proseguimento del T14 verso est – direzione Colle Greguri – che l’attacco del T16 per il Colle Bellino. Ad un certo punto, la carrareccia piega decisa verso est: il sentiero per il Col del Maurin (adesso T13) si stacca in questo punto, sulla sinistra. È qui che ci si deve fermare un attimo per voltarsi.
La barca di Christof Schröder
Sulla sommità di un basso colle, ora sulla nostra destra, c’è la barca di Christof Schröder (la quota è circa 2140 mslm). Si tratta di un intervento di land art: una barchetta costruita con centinaia di pietre raccolte nei dintorni e poggiate le une sulle altre, senza legante, con un paio di rami sagomati a mo’ di remi incrociati sullo scafo. Una immagine della vita degli abitanti della valle – parole dell’artista tedesco, innamorato di questi luoghi – che “per decenni sono stati costretti ad abbandonare la propria casa, la propria terra e la propria patria per mettersi alla ricerca di un lavoro e di un futuro, anche se spesso non era la “fortuna” ad aspettarli, ma un’altra povertà, un lavoro a giornata, l’alienazione e l’estraneità”. Cavié, acciugai, artigiani, boscaioli, mercanti, balie, pastori, poco più che bambini e giovani uomini e donne: da metafora di una popolazione che è sempre ritornata per non abbandonare la sua valle, la barchetta diventa simbolo di tutte le persone costrette a fuggire da qualcosa. E impersonificazione, anche, di un detto piemontese: coma na barca nel bòsch, come qualcosa che non va per il verso giusto.
Ce la guardiamo e riguardiamo, la barchetta: è in parte crollata – intemperie o, come ci dicono alcuni, troppi turisti a salirci sopra per un selfie? – ma così, sola soletta in questo nulla ventoso, puntata coraggiosa verso la Rocca provenzale (un faro?) fa veramente effetto.
Guardiamo l’app, giusto per orientarci: un cerchio rosso filogranato è etichettato come Poligono Occasionale Militare. Leggeremo che qui fino al 2020 l’Esercito Italiano ha fatto esercitazioni di guerra – cito – “avvalendosi di nuclei di bonifica nel rispetto di una delle più belle zone delle Alpi”. Facciamo qualche passo in salita, troviamo per caso un bossolo proprio lungo la sottile traccia del sentiero. È la fine del febbraio 2022: la barchetta prende ancora più senso. Grazie.
Dalla barca al Col del Maurin
La salita per il vallone è un susseguirsi di larghe conche dal fondo pianeggiante e diagonali lungo dossi erbosi. Sulla sinistra abbiamo il Pertusa, sulla destra il Monte Lausa e lo Spera. La pendenza è davvero ridotta, il camminare è piacevole, dolce: in una giornata di sole (e poco vento) il cervello può svuotarsi davvero.
Ad un certo punto, di fronte a noi, dopo una lunga spianata, un grosso colle sembra ostruire la via: il suo fianco sinistro è tagliato dall’erosione fluviale. Il punto d’accesso è dritto davanti a noi. Guadagniamo quota adesso più velocemente salendo sul dorso del dosso, percorrendo il filo tra la sua vetta e la profonda incisione fluviale.
PS. alla testa dell’incisione fluviale, si può salire uno stretto rilievo (quota circa 2600 mslm) che offre un panorama ampissimo sul vallone appena percorso. La dorsale è fatta di strati di roccia talmente inclinati da essere quasi verticali, esfoliati in fogli sottilissimi: sotto gli scarponi fanno il rumore del vetro.
Da qui, il Col del Maurin si trova a pochi minuti.
Quante sorprese sul Colle del Maurin
Quota 2637 mslm stando al cartello italiano, 2640 stando a quello francese: siamo sul confine, per questo valico passavano i contrabbandieri di Chiappera con i loro carichi di sale, ma anche gli eserciti, nonché i mercanti diretti in Francia. Il sentiero che ci ha portati qui, in effetti, aveva un carattere quasi medievale – uno di quei percorsi che, a farli, pensi: scavallerò un passo, e sarò nell’Europa medievale.
Quel passo è il Colle del Maurin.
Del confine, qui in giro dovrebbero esserci diversi cippi di epoca savoiarda. Non li troviamo, c’è comunque neve sufficiente a coprirli.
Una ultima curiosità? La cassetta delle lettere di Nino Perino, guida escursionistica “colpevole” di sentieri, percorsi e bivacchi della zona – Sentiero Cavallaro e Dino Icardi compresi. Piantata sul suo palo, la cassetta contiene in effetti lettere (aperte), un paio di quaderni finiti, qualche penna, una scarpa da ginnastica, un paio di occhiali.
Ci godiamo il sole. Poi “sconfiniamo” in Francia, guardiamo la direzione per i laghi di Roure (che ci dicono bellissimi), il vallone innevato sotto ai nostri piedi, la Roche Noire allungata sulla sinistra.
Scendiamo per la stessa via della salita. La barchetta, chissà quante volte l’ha attraversato, questo passo…
Scrivi un commento