Eravamo qui per altro (lo ammetto): affrontare la salita al Gran Paradiso. Avevamo zaini carichi, ramponi e corde. Poi l'”impresa” non ha funzionato, ma noi di questo posto ci siamo innamorati: ti raccontiamo come salire al Rifugio Chabod, al cospetto del GranPa, e perché almeno una volta devi andarci.
La salita al Rifugio Chabod da Pravieux Desot
Lasciamo l’auto in uno spazio sterrato apposito lungo la strada della Valsavarenche, nei pressi del grande cartello di legno con la scritta gialla che dichiara il rifugio aperto, in località Pravieux-Desot (1830 mslm).
Nota bene che in estate questo tratto di Valsavarenche è decisamente frequentato, per cui potresti dover parcheggiare a qualche distanza da questo punto.
Individuiamo, verso ovest, il segnavia che cerchiamo, un ponte sul torrente, una graditissima fontanella di recente costruzione e l’attacco del sentiero 5.
Sentiero che per la prima parte è una bella mulattiera selciata nel fitto del bosco: si tratta di una delle tantissime Strade Reali volute da Vittorio Emanuele II, che servivano al re cacciatore per raggiungere con comodità case di caccia e appostamenti fissi. Paziente, tornante dopo tornante, la mulattiera sale guadagnando il versante fino ai 2130 m. Superiamo un primo belvedere – dove ci attardiamo a chiacchierare con i nostri compagni di gita – e riprendiamo a salire, con il selciato che letteralmente si scioglie nell’ultimo tratto di bosco.
Approdiamo a Lavassey (2200 m), piccolo gruppo di case in parte diroccato. Un’altra fontana disseta gli spiriti accaldati (noi), un cartello ci ricorda tutto quello che possiamo e non possiamo fare qui, nel Parco del Gran Paradiso.
A proposito, una curiosità: lo sapevi che quello del Gran Paradiso è il parco naturale più antico d’Italia, essendo stato istituito nel dicembre 1922? L’accordo, firmato dal re Vittorio Emanuele III – uno dei successori di colui che sterminò centinaia di ungulati in battute di caccia “taroccate” – e da Mussolini, si proponeva di “conservare la fauna e la flora e di preservare le speciali formazioni geologiche, nonché la bellezza del paesaggio”.
Proseguiamo. Lo stile del percorso è ancora quello degli zigzag (a guardare l’app, se la si usa per tracciare, si vedrà un dente di sega in evoluzione), ma il versante gradualmente si apre dapprima in vegetazione arbustiva, poi in pratoni punteggiati da rocce. La vista si allarga alle nostre spalle mentre sopra di noi, oltre il profilo verso il quale siamo diretti, compaiono le masse rocciose del Gran Paradiso, il bianco dei ghiacciai esposti ad ovest. Si cammina bene, su pendenze mai eccessive.
Quando raggiungiamo l’alveo del torrente Costa Savolera, in corrispondenza del ponticello (2650 m), abbiamo due possibilità: intraprendere oltre questo il sentiero 1A per il Rifugio Vittorio Emanuele II, oppure salire al Rifugio Chabod: cosa che facciamo prontamente.
Facciamo così una inversione a U e saliamo i cinquanta metri di dislivello del versante sopra al quale ci aspetta il Rifugio Chabod (2710 mslm).
Tavoloni e panche ci allettano per una birra; alpinisti riposano su zaini carichi di corde; quel feeling dell’avventura: sì, fare un salto qui merita, indipendentemente che tu voglia affrontare i ghiacciai e le vette o semplicemente farti un’escursione in giornata. Entriamo?
Il Rifugio Federico Chabod
Inaugurato nel 1985, dopo un iter durato quasi vent’anni (difficile ottenere i permessi da un parco naturale) oggi, dopo vari ampliamenti, il rifugio può ospitare 85 persone. Gran parte dell’attività ruota attorno alla salita al Gran Paradiso, e se dormi qui per altri motivi, preparati a sentire un po’ di trambusto già dalle tre di notte!
Le camerate, che hanno nomi di montagne, sono spartane ma comode, lo spogliatoio dove all’alba ci si attrezza è una fiera delle gomitate – non scherzo! – il ristorante è buono e il bar pure. Un trucco da professionisti: dato che la cena viene servita alle 19, dalle 18 il bar chiude (davvero). Regolati, per il tuo aperitivo!
Altro punto focale del rifugio è la reception, dove la stampa di una fotografia riporta, a pennarello ed evidenziatore, la via di salita in uso: quella cioè che evita i più recenti crepacci del ghiacciaio. Grandi casse contengono gli oggetti abbandonati o dimenticati dagli alpinisti, ben ordinati per categoria – bastoncini da trekking e guanti in prima fila. Si può anche noleggiare parte dell’attrezzatura (sempre che non sia già stata prenotata).
Poco oltre il rifugio è presente un secondo edificio ristrutturato: è una deliziosa dependance per gruppi grandi che non ci stanno in rifugio.
“Che non ci stanno in rifugio”: questo è un tema. Lo Chabod è preso d’assalto, durante l’estate, proprio al fine di fare da campo base per gli alpinisti. Prenotare senza troppo anticipo può essere un problema: regolati se vuoi dormire qui!
Discesa dal Rifugio Chabod
Dal Rifugio Federico Chabod si scende per la stessa via della salita, al netto che tu:
- non salga sul Gran Paradiso (in qual caso dovrai passare di qua per recuperare eventuale attrezzatura che hai lasciato per alleggerirti) – salita alpinistica,
- non faccia il giro ad anello verso il Rifugio Vittorio Emanuele II (super consigliato) – giro escursionistico.
Escursione al Rifugio Chabod: dati tecnici in breve
⛰️ Dove siamo | In Valsavarenche (Valle d’Aosta) |
📍 Partenza da | Pravieux Desot (1830 mslm) |
🏅 Arrivo | Rifugio Federico Chabod (2710 mslm) |
📐 Dislivello | 880 m |
📏 Lunghezza | 5,65 km la salita |
⏱️ Tempo | 2 ore |
😅 Difficoltà | Media |
💧 Acqua | Sì, alla partenza, a Lavassey e al Rifugio |
🗺️ Cartografia | Carta 1:25.000 Fraternali n. 27 – Valgrisenche, Val di Rhêmes, Valsavaranche, Gran Paradiso (se non ce l’hai, puoi comprarla su Amazon) |
🛰️ Traccia GPS | Sì |
Escursione bella e tranquilla. Un po’ di tempo fa. L:indomani allungo fino al Vittorio Emanuele e poi discesa. Una due giorni indimenticabile
Abbiamo in canna la relazione del giro di due giorni, passando in quota per il Vittorio Emanuele e scendendo da lì. Francamente, uno dei più bei giri in Valle d’Aosta, soddisfacente, panoramico, e a parte la lunghezza, facile!