Le tappe del GR 20 possono riassumersi così: un continuo saliscendi su percorsi sconnessi, lungo i quali spesso e volentieri devi usare anche le mani per tirarti su (o calarti giù). Il tutto con un bello zaino pesante sulla schiena, e un clima che può deciderti di tenerti fermo un giorno, neanche fossi in una partita di Monopoli.

È difficile raccontare 180 chilometri di un tracciato come il GR 20 senza usare diecimila parole, e senza una carta topografica dettagliata sotto mano: troppi paesaggi, troppi cambi di direzione, troppi momenti nei quali il sentiero ti sembra vada di là, e invece… no.

Eppure, noi l’abbiamo adorato. E siamo dell’idea che valga la pena rimboccarsi le maniche, fare un bel respiro profondo, e provare a farlo tutto. A quel punto, anche la durezza e la ripetitività delle giornate di cammino, nonché il fai-e-disfa della tenda, contribuiscono a dare epicità a quest’avventura. Affrontare tutte le tappe del GR 20 è una sfida che, se portata a termine, diventa soddisfazione pura.

Abbiamo già scritto un articolo per raccogliere tutte le informazioni circa l’organizzazione del GR 20 e l’annoso dibattito tra tenda o rifugi per la notte, è arrivato il momento di entrare nel vivo e spiegarti come si suddividono le tappe del GR 20.

Le tappe del GR 20 Nord: da Calenzana a Vizzavona

Le tappe del GR 20 idealmente si dividono in due parti:

Quella del Nord è considerata la tranche più spettacolare del GR 20, ma anche la più alpina e quindi più dura. Al di là della durezza dell’ambiente – i saliscendi sono ogni giorno imponenti, i primi e secondi gradi che devi affrontare sono quasi onnipresenti, e la percentuale di roccia attorno è preponderante – c’è il fatto che per farlo in sicurezza devi essere a tuo agio con percorsi esposti, uso delle mani, gestione della stanchezza in montagna, e zaino pesante.

Diciamo che molti dei tratti del GR 20 Nord, sulle nostre montagne, sarebbero stati probabilmente messi in sicurezza con sentieri attrezzati o addirittura vie ferrate, mentre sono pochi gli spezzoni di corda che si incontrano.

Ultima domanda: è bello come dicono? Sì, decisamente.

Il percorso classico prevede di spezzare le tappe del GR 20 del Nord in 9 giorni di trekking. Noi ne abbiamo accorpate due (poi ti spiego come) impiegandoci 8 giorni.

contrasti lungo le tappe del gr 20

Prima tappa: da Calenzana al rifugio de l’Ortu di u Piobbu

L’autobus da Bastia-Calvi ci ha lasciati alla Gîte d’étape di Calenzana alle tre del pomeriggio: ma abbiamo nelle gambe la voglia di cominciare, per cui stringiamo i lacci degli scarponi, regoliamo i bastoncini, ci carichiamo in spalla gli zaini e partiamo. In dieci minuti abbiamo superato il villaggio, e stiamo salendo nel bosco. Il nostro GR 20 è ufficialmente iniziato!

Ci troviamo quindi per circa tre ore a salire un lungo versante, seguendo un sentiero che entra ed esce dal bosco. Quando gli alberi si diradano, il paesaggio diventa quello di una prateria inclinata, punteggiata dai resti di alberi bruciati. Abbiamo sempre il mare alle spalle. Raggiungiamo Bocca a u Saltu (1250 mslm). Il vento ci obbliga a rimetterci subito in moto: un versante boscoso – i tronchi dei pini larici qui sono imponenti – in breve ci lascia al vero battesimo del GR 20: la salita a Capu Ghiovu (1629 mslm).

Perché battesimo? Perché per la prima volta ci troviamo ad affrontare una combinazione di sentiero inesistente, rocce scombinate, passaggi di primo grado su rocce più o meno lisciate dagli elementi, quasi mai assicurati (eccetto che per alcuni tratti di catena), da salire con gli zainoni in spalla. Una faticata!

Per il premio, ci basta voltarci una volta arrivati sulle creste erbose: alle nostre spalle, un tramonto sul mare incredibile, mentre le pareti delle montagne alla nostra sinistra si colorano di un fucsia che fa impallidire la più famosa enrosadira delle Dolomiti.

In un attimo la luce del cielo si smorza, tocca camminare sempre più veloci per raggiungere il rifugio prima del buio. Un’ora dopo gli aloni delle frontali illuminano brandelli di bosco, improvvisi salti rocciosi e infine – oltre quella che mi sembra una gola inaffrontabile – un ripiano lontano sul quale brillano altre frontali: il campeggio!

Il rifugio d’Ortu di u Piobbu (1520 mslm)

Questo rifugio è andato a fuoco nel 2019. Al suo posto alcuni container (una cucina, la casa del guardiano, i servizi) che però non vediamo, perché siamo impegnati a districarci sul versante pendente e invaso da bassi arbusti spinosi. Trovare una piazzola nel buio pesto è difficilissimo, ma alla fine ce la facciamo: piccola, pendente, ma “casa”.

Scopriremo la mattina dopo i container, la fonte d’acqua, e… di essere l’ultima tenda rimasta!

prima tappa gr 20 Corsica

Seconda tappa: dal rifugio de l’Ortu di u Piobbu al rifugio de Carozzu

La seconda tappa inizia con uno dei simboli del GR 20: la passerella di spasimata che solo a guardarla incute un po’ di timore, ma il peggio deve ancora arrivare. La tappa infatti rappresenta perfettamente il carattere delle tappe del GR del 20 Nord: quasi alpinistiche, dure, pendenti, stancanti.

Scopriamo una delle forme più tipiche di questo trekking: lastroni di roccia perfettamente liscia, inclinata, da percorrere con attenzione (spesso ci sono tratti di catena lungo le pareti). Il grip degli scarponi è messo a dura prova: fa in modo di avere la suola degli scarponi in perfetto stato!

Saliamo più o meno regolarmente verso Bocca di Pisciaghia (1950 mslm) e ci troviamo in un mondo fatto di pinnacoli, massi rotolati verso valle, stretti sentieri di cengia, improvvisi passaggi esposti. I panorami? Aspri, come denti aguzzi che strappano il cielo.

Dalla Bocca al rifugio di Carozzu faccio fatica a descrivere il percorso, tante le forcelle, le brevi discese e le dure risalite, gli scorci sempre mutevoli. La tappa ti fa raggiungere i 2020 metri slm, e una volta raggiunta Bocca Innominata (1912 mslm) ti fa scendere al rifugio.

Altra scoperta: se le salite del GR 20 sono estenuanti, le discese… lo sono ancora di più! Tornantini, fondo sconnesso, ghiaia, monotonia e, in genere, un sole implacabile. Sembrano non finire mai.

Il rifugio de Carozzu (1270 mslm)

È un vero rifugio del GR 20 (se hai letto il nostro articolo sui rifugi sai a cosa mi riferisco): un piccolo e spartano edificio, i tavoli all’esterno, le piazzole per le tende… poche, rocciose, incastrate nei pochi spazi lasciati liberi dal bosco. Frequentatissimo. Ad ogni modo riusciamo a sistemarci, e possiamo goderci una birra con la faccia verso l’ultimo sole.

tende fisse nei rifugi del gr20

Terza tappa: dal rifugio de Carozzu a Ascu Stagnu

La terza tappa del GR 20 è una di quelle per le quali le guide ti mettono in guardia: se è inizio stagione, potresti trovare neve sul tuo percorso.

Il suo carattere è alpino, duro, affascinante. Meno di un’ora dopo aver lasciato il percorso, ti ritrovi a seguire un canyon di rocce viola: un profondo solco, le cui pareti sono tagliate a blocchi spigolosi, geometrici. Cammini su lastroni lisci, sali larghi gradoni rocciosi, percorri tornantini stretti e ghiaiosi per raggiungere la piccola conca del lago di a Muvrella (1860 mslm). La salita fin qui è stata piuttosto dura, ma ci aspetta un altro imbuto incasinato: il percorso sale stretto tra gli alberi, il fondo è sconnesso e friabile.

Ancora il mondo di picchi, forcelle, mani da mettere sulla rocce per sollevarsi (o aiutarsi a scendere). A guardarla sulla carta, questa tappa sembra corta: ma stiamo facendo una fatica tremenda. Arriviamo comunque a Bocca di Stagnu (2003 mslm). Da qui, una eterna discesa – circa 600 metri di dislivello – ci fa attraversare tutti gli ambienti possibili prima di arrivare al rifugio di Asco Stagnu.

Il rifugio di Ascu Stagnu (1422 mslm)

In realtà in una stazione sciistica, mezza chiusa data la stagione. Un prodigioso profumo di grigliata arriva dal ristorante al di là del piazzale, ma noi siamo attratti dalla possibilità di fare finalmente una doccia calda come si deve. Il “minimarket” del rifugio è piuttosto fornito, e posso comprare quello che inizia a scarseggiare nei nostri zaini: pane in cassetta, biscotti per la colazione e cioccolata.

segnavia tappe gr 20 sud

Quarta tappa: da Ascu Stagnu a Bergeries d’u Vallone

Quando più di dieci anni fa per la prima volta il nome del GR 20 aveva iniziato a farsi strada nei miei desideri di esploratore, uno dei punti più attraenti era il Circo della Solitudine (o sentiero Cascettoni). Ambiente durissimo, da scendere e risalire tramite catene, e nel quale era fin troppo facile perdersi. Il nome rivestiva la prestazione alpinistica di un tono di inquietudine. Ora il circo è stato chiuso e si percorre la variante del GR 20, perché negli anni non sono mancati gli incidenti (anche mortali). Parte dei segni sono stati addirittura cancellati, per dissuadere gli escursionisti più scalmanati. Se vuoi attraversare il Circo della Solitudine, puoi rivolgerti alle guide alpine còrse (si contattano ai rifugi; la deviazione costa in genere sui 45€).

Quindi, variante sia.

Un pulmino carico di persone porta a valle quelli che non se la sentono di proseguire. Io e Davide ci guardiamo interrogativi con il timore di porci domande che potrebbero portare a delle inevitabili risposte. Così, in silenzio, ci incamminiamo. 

Silvia V - Viaggi, avventure, scoperte, montagnaSilvia

 

La tappa è prettamente alpina: si sale prima un bosco rado, poi un ambiente glaciale – un enorme circo di rocce viola, ampio e spettacolare. Saliamo veloci, oggi, un po’ per l’adattamento al GR 20 che inizia a farsi strada nelle nostre gambe, un po’ perché la tappa assomiglia un po’ ai nostri amati percorsi: si sale fino alla cime e si scende. Si tratta comunque di una tappa tra le più intense per i dislivelli affrontati.

Si sale fino a Pointe des éboulis (2607 mslm), il punto più alto che si tocca durante il GR 20, dove mi tocca litigare con dei corvi che tentano di rubarmi il panino. Da qui parte peraltro la deviazione (bolli rossi) che in un’ora e mezza andata-e-ritorno ti permette di salire sul Monte Cinto, la cima più alta della Corsica (2706 mslm).

Poi un lungo traverso che taglia un ghiaione viola, un’altra forcella (Bocca Crucetta, 2456 mslm), il panorama sull’incredibile e glaciale lago di Cinto, e un’ennesima eterna discesa, questa volta più simile ai ghiaioni eterni della Carnia. I ghiaioni poi diventano ampi gradoni glaciali, lisciati dalle intemperie, e in breve siamo alle bergeries.

Le bergeries d’u Vallone (1440 mslm)

La tappa tradizionale si fermerebbe al rifugio de Tighjettu (prende il nome dall’imponente picco che ha alle spalle), ma preferiamo percorrere la mezzora di ulteriore discesa verso le bergeries.

Ci sistemiamo con la tenda un po’ discosti dalla bergerie, su una piazzola finalmente piatta e decidiamo di premiarci concedendoci una cena in malga. Mangiamo il tipico menu montano dell’isola (zuppa còrsa, immancabili penne con sugo di pomodoro e poca carne, e una omelette con formaggio e prosciutto locali invece davvero buona). Mangiamo all’aperto, al freddo, ma il vino rosso ruspante ci scalda.

Silvia e Davide sul Monte Cinto

Quinta tappa: da Bergerie d’u Vallone a Castello di Vergio

La tappa di oggi prevederebbe solo 4 ore di cammino, ma forti del piccolo vantaggio che ci ha portati alla bergerie d’u Vallone, decidiamo di fare anche metà di quella successiva e portarci fino a Castello di Vergio.

Risaliamo la valle del Foggiale fino alla sua testata per una salita abbastanza piacevole. Dalla Bocca di Foggiale (1962 mslm) abbiamo un panorama di quelli selvaggi, di morbide valli che si perdono a vista d’occhio verso ovest.

Un breve tratto in costa, e siamo al rifugio de Ciottulu (1991 mslm). Sostiamo per riempire le borracce e ripartiamo, per una delle più belle tappe del cammino (per me).

Dapprima infatti siamo lungo un versante erboso, che con modesti saliscendi ci porta a una discesa ghiaiosa fino a raggiungere il fondo della valle del Golo. Qui l’assetto geologico della zona ci regala fin da subito delle perle: pozze d’acqua cristallina, gelida, levigatissime nella roccia. Obbligatorio farci il bagno.

Proseguiamo. La valle è piuttosto incassata, e ad un certo punto scende decisa di quota: le rocce sono levigate, tonde, hanno un colore giallo. Alberi giganti, isolati, danno al panorama l’aspetto di un pianeta alieno.

Passiamo per le bergeries de Radule (1370 mslm), dove i cartelli insistono con un accattivante “fromages” (c’è anche la possibilità di bivaccare al di fuori della malga).

Continuiamo ancora: ci aspettano quasi tre ore di bosco, senza eccessive pendenze, ma apparentemente infinito. Pini larici e betulle, tantissime felci, sprazzi di luce dorata. Il suono delle moto ci fa capire che siamo nei pressi di un classico passo di montagna, e infatti eccoci sbucare a Castello de Vergio.

Castello de Vergio

Anche questa una stazione invernale, offre un enorme recinto dentro il quale, su terreno piatto e abbastanza morbido, piantare la tenda. Il mini-market del campeggio è fornitissimo. Al ristorante (si trova poco prima del campeggio, lungo la strada) vendono anche attrezzatura per escursionisti che arrivati qui scoprono di non essere proprio bene equipaggiati: scarpe, bastoncini, sacchi a pelo.

PS. Le docce qui sono esteticamente poco piacevoli, ma caldissime.

panorama gr20 pozze smeraldine

Sesta tappa: da Castello de Vergio al rifugio de Manganu

Continuiamo per i boschi interrotti ieri dal campeggio fino a una sella erbosa (la Bocca de San Pedru, 1452 mslm). Da qui si sale fino a 1883 metri per creste desolate, dopo di che una discesa ghiaiosa ci porta nella conca del Lago di Nino (1760 mslm), il luogo perfetto per pranzare e rilassarsi.

Dal lago si scende abbastanza morbidamente prima per pascoli aperti con meravigliose incisioni paludose, poi per boschi radi che assomigliano più a una macchia mediterranea, e si arriva alle bergeries de Vaccaghia, uno di quei posti assolati che ti invogliano a fermarti (1568 mslm).

Noi però abbiamo un’altra mezzora di camminata. Scendiamo ancora sulla grande piana alluvionale erbosa, risaliamo alla Bocca d’Acqua Ciarnente (1568 mslm), un ultimo sforzo e siamo a rifugio de Manganu.

Il rifugio de Manganu (1601 mslm)

Il Manganu è uno dei rifugi più belli del GR 20 Nord. Lungo il fiume che delimita il campeggio ci sono alcune pozze dove rilassarsi. Soprattutto, ci sono piazzole sufficientemente piatte per la tenda e un tramonto mozzafiato.

Davide al Lago Nino

Settima tappa: dal rifugio de Manganu al rifugio L’Onda (con la Variante delle Creste)

Tappa alpina piuttosto dura. Si parte da subito con la salitona alla Bocca alle Porte (2225 mslm) dalla quale si vede un panorama duro, spigoloso… eppure segnato da due laghi di un blu intenso. Da qui c’è un’ora di creste, catene, passaggi che sulle nostre Alpi molto probabilmente sarebbero attrezzati. Seguono tratti in cresta e saliscendi fino a Bocca di Soglia (2052 mslm).

Il percorso fa una lunga deviazione per evitare l’imponente Punta Muzzella, una cima che, vista da nord-ovest, sembra solamente abbozzata dalle mani dello scultore. Il percorso è di quelli ingannevoli: tutto un saltare su grosse rocce, da fare con grande attenzione.

Raggiunta Bocca Muzzella (2206 mlsm), un traverso tagliato nel ghiaione e la solita, interminabile discesa rotolona e ghiaiosa porta al rifugio de Pietra Piana (1842 mslm).

Vado nell’épicerie per comprare alcune cose, chiedo quando ci vuole per arrivare al rifugio de L’Onda, e il signore aguzzo dietro al banchetto di legno mi dice che sono solo 3 ore e un quarto, a fare la Variante delle Creste.

Segui il doppio segno giallo, mi dice. Non è difficile, mi dice.

Segue quindi la Variante delle Creste. Che non sarà difficile, ma dopo 7 ore di cammino diventa lunga e faticosa. Ci serviranno quattro ore per farla. Dapprima grandi arrampicate, pinnacoli da salire, poi aggirare, poi salire ancora. Poi la parte morbida delle creste: un saliscendi lento, che taglia i versanti erbosi. Infine, una discesa sfiancante, eterna (sono più di 600 metri di dislivello), una piccola risalita, e un’altra discesa per il rifugio. Nel complesso spettacolare.

Il rifugio de L’onda (1430 mslm)

Per noi il rifugio peggiore di tutti. Le tende sono racchiuse in un recinto già piuttosto affollato visto che la parte piatta è tutta su un lato e gli unici posti liberi sono ricoperti da un bel mucchio di escrementi di cavallo. Proviamo a chiedere uno sconto al gardien. Classico scaricabarile (è il Parco, i cavalli sono del Parco, io non sono del Parco…).

Davide lungo il sentiero delle creste del gr20

Ottava tappa: dal rifugio L’Onda a Vizzavona

Le tappe del GR 20 del nord si apprestano alla fine. La nostra ottava tappa è soprattutto una discesona verso il paese di Vizzavona. Non mancano comunque i metri da macinare in salita. C’è infatti da risalire la Punta di Muratello (2110 mslm) prima di poter iniziare la discesa lungo la valle dell’Agnone, un torrente che ha scavato tutti le forme possibili di pozze, marmitte e cascate nella roccia. Impossibile resistere.

Il percorso fin qui non è comunque banale, e termina circa alle Cascate des Anglais. Un po’ di carrareccia nel bosco, un po’ di forestale, e siamo al primo campeggio disponibile.

Vizzavona (920 mslm)

Nelle precedenti tappe del GR 20 Vizzavona era diventata, nei nostri immaginari, come il Paese dei balocchi. “Io mi mangio una costata enorme”, “ah, io se c’è un bel negozio mi compro un paio di scarponi nuovi”…

Ecco… non proprio! Vizzavona è una manciata di case attorno alla minuscola stazione del treno e a due o tre ristoranti (decisamente cari).

Il campeggio Alzarella di contro è un bel posto: in piano con un giusto rapporto sole-ombra, docce calce e un épicerie fornitissima che riesce a non farci rimpiangere le cene dei ristoranti gourmet.

Siamo pronti per il GR 20 Sud

Le tappe del GR 20 Nord in breve

Tappa Percorso  D+  D- Durata
1 Calenzana – Rif. d’Ortu di u Piobbu 1350 m 100 m 6 h
2 Rif. d’Ortu di u Piobbu – Rif. de Carozzu 800 m 950 m 6 h
3 Rif. de Carozzu – Ascu Stagnu 800 m 650 m 5 h 30
4 Ascu Stagnu – Berg. d’u Vallone 1250 m 1250 m 8 h
5 Berg. d’u Vallone – Castel de Vergio 650 m 550 m 8 h
6 Castel de Vergio – Rif. de Manganu 650 m 550 m 7 h
7 Rif. de Manganu – Rif. de l’Onda 1000 m 1200 m 11 h
8 Rif. de l’Onda – Vizzavona 700 m 1200 m 6 h

 

GR 20 Nord: tappa per tappa pin

Tutto sul GR 20

Si è guadagnato il nomignolo di “trekking più duro d’Europa”. E dopo averlo fatto in 14 giorni, ti possiamo dire che… se lo merita tutto!

In questi articoli troverai spiegato come si fa il GR 20, le cose che devi sapere prima di partire, e una veloce ricognizione tappa per tappa dell’intero percorso.