Due giorni di ambienti maestosi, emozioni contrastanti – la bellezza della Natura contro il timore per l’evoluzione dello stato dei ghiacciai – e, come ogni salita in cordata prevede, una ottima compagnia: a salire il Monte Cevedale e il relativo ghiacciaio siamo in quattro.
Questo trekking impegna due giorni: il primo per la salita al Rifugio Casati, dove ci si acclimata e si pernotta, il secondo per l’ascesa alla cima e il ritorno.
Avvertenza sul ghiacciaio
Scrivo questa relazione anche perché non ne ho trovate di recenti online. Quello del ghiacciaio è un ambiente dinamico, mai banale e, soprattutto in questi anni, in rapidissima evoluzione. Tanto che quello che descrivo (visto e percorso a luglio 2022) già a fine estate potrà non essere del tutto veritiero.
Le avvertenze sono quindi due:
- non dare NULLA per scontato, ma preoccupati di raccogliere informazioni fresche e di prima mano quando inizi a programmare questo trekking. Telefonare al Rifugio Casati per avere conferma dello stato del ghiacciaio è un’ottima cosa;
- l’escursione presuppone che tu sia preparato su tutto quello che riguarda la progressione in ghiacciaio. Il Cevedale si affronta con equipaggiamento completo (ramponi, picca, corda ecc…) e cognizione di causa – quindi modalità e tempistiche dell’escursione bene in testa.
Al di là di queste avvertenze e della necessità di non prendere la salita sotto gamba, la via normale alla cima del Monte Cevedale è piuttosto “semplice”. Una sorta di camminata sul ghiacciaio, perfetta anche per chi è alle prime armi con questa disciplina alpinistica.
Detto questo, buona lettura e… buona avventura!
Dal Rifugio Ghiacciaio dei Forni al Rifugio Pizzini
Una gita di due giorni va cominciata con un buon riscaldamento. Lasciamo così l’auto ai grandi parcheggi di fine Valle dei Forni, sotto al Rifugio Albergo Ghiacciaio dei Forni (2178 mslm). La strada per arrivare è ripida e stretta, ma completamente asfaltata e si percorre senza particolari problemi.
Da qui imbocchiamo l’attacco del sentiero 28B, una comoda forestale che sale senza troppi strappi al Rifugio Pizzini.
La forestale è la strada più diretta fino al rifugio, ed è un piacevole camminare lungo la Valle dei Cedec che si apre intorno a noi già dopo una decina di minuti – all’incirca quando curviamo a sinistra, lasciandoci alle spalle una bella vista sul ghiacciaio dei Forni.
Tolti i primi due tornanti la pendenza è sempre moderata, e ad appesantirci c’è solo l’attrezzatura da ghiacciaio: ramponi e picca, guscio pesante, sessanta metri di corda… e infradito, dato che il Rifugio Casati, dove pernotteremo, non mette a disposizione le ciabatte.
Un’ora e mezza scarsa, e siamo al Rifugio Pizzini (2700 mslm), o meglio sulla sua terrazza. Il rifugio è spartano e senza fronzoli, ma una birretta per spezzare la salita ci sta.
Dal Rifugio Pizzini al Rifugio Casati
Non ho nominato le squillanti finestre rosse del Pizzini, ma neanche l’incredibile circo glaciale che si apre alle sue spalle… circo dominato dal Gran Zebrù, della cui mole triangolare mi innamoro. Nel frattempo, alla nostra destra lungo un’alta cresta, si intravede il Passo Cevedale, oltre il quale si nasconde la meta di oggi.
Percorriamo il fondo del circo glaciale seguendo l’ampia pista, guadiamo un largo ma poco profondo torrente glaciale, e inizia la salita sempre lungo il sentiero 28B: uno zigzagare prima ampio poi sempre più stretto tra rocce ferruginose.
Il panorama? Distese di pietra, torrenti, il bianco di nevai e ghiacciai, il grigio-rosso delle montagne.
Oltrepassiamo senza particolari problemi un breve tratto attrezzato con alcuni corrimano metallici in un punto più esposto rispetto al resto del sentiero.
Quando tra le rocce compaiono i resti di filo spinato della Grande Guerra, significa che quasi ci siamo. Scavalchiamo Passo Cevedale (3266 mslm) e siamo a due passi dal Rifugio Casati (3254 mslm, un’ora e tre quarti dal Pizzini).
Il Rifugio Casati e Guasti
Un pezzo di storia: non c’è altro modo per definire questo edificio grigio e rosso. Sagoma austera e scrostata, l’ampio tavolato di legno leggermente pendente… ecco, il problema è proprio quello. La condizione del Casati descrive l’evoluzione degli ambienti glaciali: lo strato di permafrost si scioglie, il terreno su cui poggia il rifugio perde consistenza. Sulla soglia, il problema è evidente: le mattonelle sono spaccate, si è formato un piccolo dislivello tra le due metà.
Il Rifugio Casati verrà smantellato l’anno prossimo (2023) per essere ricostruito.
All’interno, appunto, è la storia. Vecchie ciaspole e insegne di guide e scuole di sci, diplomi ingialliti, gagliardetti delle sezioni CAI, le mie amate tavolette IGM (dove mi sono formato alla lettura delle carte topografiche all’Università). Una bella stufa davanti al bancone, tantissimi tavoli, la vista sul ghiacciaio che cambia colore ad ogni sguardo.
Insomma, pernottare qui è d’obbligo. Alla nostra cordata capita una stanza da quattro con tanto di bagno privato. Fredda, forse, ma la dotazione di pesanti coperte è eccezionale.
Ci godiamo la cena, semplice ma soddisfacente (primo, secondo e dessert), un tramonto da senza parole verso Zebrù e Cime dei Forni, un amaro, e siamo in branda.
La salita al Monte Cevedale attraverso il ghiacciaio
È mattina presto quando, fatta la colazione, usciamo “bardati”, superiamo il terrazzo del Casati e, sulle prime rocce prima di scendere nella conca, ci leghiamo in cordata.
Per descrivere la traversata del ghiacciaio del Cevedale, che corrisponde completamente alla via normale a Monte Cevedale, vado per punti. Le emozioni, le minuscole cordate a punteggiare il bianco dipinto del ghiacciaio, il gioco delle nuvole, li lascio alle foto.
- si percorre un lato dalla conca che sta sulla destra del Casati
- si piega decisamente verso sud e si sale lungo un morbido dosso
- ad un primo pianoro – dove troviamo uno stretto crepaccio – ne segue, dopo una salitina, un secondo molto più ampio
- la salita prosegue poi morbida e costante fino a quota 3600 metri, dove il carattere cambia decisamente
- ad una prima erta salita segue un traverso sotto ad la crepacciata finale di parete impressionante…
- … dopodiché c’è l’unico punto “critico” della salita: un tratto molto pendente di ghiaccio esposto, da percorrere con attenzione e tanta picca
- ultimi metri di salita e avvistiamo la “capanna” della Prima Guerra Mondiale (ad oggi imbacuccata per proteggerla “a data da definirsi”) e la croce del Cevedale!
Sulla cima di Monte Cevedale (3769 mslm)
Ghiaccio e alta quota = tante nuvole! La giornata che abbiamo scelto è ottima per camminare sul ghiacciaio, ma in quanto a panorama è piuttosto avara. Ci si trova comunque su un punto privilegiato, capace di un 360° notevole.
Giusto per curiosità: il Cevedale ha tre cime. Il nostro itinerario arriva sulla principale, seguono l’anticima meridionale (Cima Cevedale sulle carte o Cevedale II) a 3757 mslm, e un’anticima settentrionale a 3700 metri. Sulla Cima Cevedale si toccano i confini delle province di Sondrio, Trento e Bolzano.
Sui ghiacciai non ci si attarda. Una barretta e la foto di rito, la cordata inverte il suo senso, e siamo belli concentrati puntati verso il Casati.
Discesa dal Monte Cevedale e deviazione per i Tre Cannoni
La discesa dal Monte Cevedale avviene per la stessa via della salita. Occhio giusto al pendente muro poco sotto la cima, ma per il resto non ci sono difficoltà.
Una volta raggiunto l’imbocco della grande conca che dà sul Casati, è possibile seguire le tracce sulla destra, superare un laghetto ghiacciato (normalmente è coperto da neve e ghiaccio, ma quest’anno è in scioglimento) e raggiungere, dopo alcuni metri di salita su roccia e terriccio – togliere i ramponi – Cima Eiskofel (3275 mslm). Su questo piatto spiazzo sono posizionati tre obici su ruote risalenti alla Prima Guerra Mondiale, che raccontano la loro complicata storia.
I tre cannoni dell’esercito italiano sono stati abbandonati sull’Isonzo, trascinati lungo la Val martello fin qui (con gran fatica e 4 mesi di lavoro), e usati nel 1918 per cannoneggiare delle posizioni italiane fino a quel momento irraggiungibili.
Da qui, la vista verso nord è incredibile.
Tornati al Rifugio Casati, slegati dalla corda e tolti i ramponi – ed eventualmente fatta una merenda – anche la discesa finale avviene per la stessa via della salita.
Via normale al Monte Cevedale: il trekking in sintesi
⛰️ Dove siamo | Alpi Retiche meridionali, gruppo dell’Ortles-Cevedale, Provincia di Sondrio |
📍 Partenza da | Parcheggi presso il Rifugio Albergo Ghiacciaio dei Forni (2178 mslm) |
🏔️ Arrivo | Rifugio Casati (3254 mslm) e Monte Cevedale (3769 mslm) |
📐 Dislivello | 1530 metri complessivi: 970 fino al Rifugio Casati, 460 dal rifugio alla cima |
📏 Lunghezza | 8 km fino al Casati, poco più di 3 fino a Monte Cevedale |
⏱️ Tempo | 3 ore e 15 per salire al Casati, 2 ore per salire alla cima |
😅 Difficoltà | Media-difficile. Questo trekking va spezzato in due giorni, pernottando al Casati. Per l’ascesa al Cevedale serve attrezzatura ed esperienza in progressione su ghiacciaio: con la giusta attenzione, non è però un’ascesa difficile. |
💧 Acqua | No, se non presso i rifugi. C’è molta acqua da fusione glaciale, ma andrebbe potabilizzata. |
🗺️ Cartografia | Carta Tabacco 1:25000 n. 8 – Ortles Cevedale (se non ce l’hai puoi comprala su Amazon) |
🛰️ Traccia GPS | Sì, le trovi nel corso dell’articolo. |
1976, dal Pizzini abbiamo salito il Gran Zebrù allora una montagna di neve e ghiaccio, poi ritornati al rifugio, breve riposo e ripartiti per il Casati. Pernottamento e partiti presto per il Cevedale. Discesa al Pizzini, salita al passo Zebrù e discesa della valle fino a S. Caterina. Il tutto in 2 giorni.
Ciao Paolo, grazie di questa testimonianza. Mentre salivamo al Cevedale, lo Zebrù aveva questo aspetto davvero imponente (e invogliante). Ho visto un recente resoconto che non è più una montagna “di neve e ghiaccio”, come dici tu, ma un mondo difficile di crepacci e attenzione.
Chissà se prima o poi riusciremo a salirlo…
Grazie per questo articolo, il ricordo della giornata trascorsa insieme rimarrà così sempre viva in rete e disponibile per chiunque voglia ripercorrere la nostra salita. Grazie per aver condiviso con noi questa gita! Laura&Ale
Grazie per averci legato in cordata! È stato un weekend memorabile. E la gita è perfetta per chi ha meno esperienza, ci tenevamo che fosse disponibile. Alla prossima!
Caro Davide, complimenti per aver saputo esprimere così bene quelle impressioni sul Cevedale.
Mi è tornato in mente il lontano 1956 quando anch’io (15 anni) ho raggiunto la vetta di quella montagna in compagnia di una decina di ragazzi e qualche adulto.
Partenza da S.Caterina ore 4 am, Cima Cevedale, ritorno S.Caterina ormai a sera innoltrata. Tutto in giornata.
Sono contento di averti letto ed aver provato la stessa emozione di un tempo tanto lontano.
Tutto diverso il panorama.
La mia comitiva sgangherata, fuori ma non dentro perchè c’era cuore e coraggio, ha visto solo da lontano il rifugio Casati, non potevamo permettercelo.
Davanti ai nostri occhi c’era una immensa distesa di neve fra il Casati e la vetta, il cielo di un colore bleu intenso, opera di un artista irripetibile: il creatore.
Non c’era un sentiero segnato, la salita era docile, senza insidie apparenti e noi, profanatori solitari di quel paradiso, abbiamo presto raggiunto la vetta.
Ecco caro Davide, sei riuscito a togliermi qualche lacrima, ma sono contento, grazie.
Un saluto
Alberto
Alberto, che piacere leggere questo commento “di cuore e coraggio”, come scrivi. Il Cevedale sarà semplice e diretto, ma è capace di emozionare, una specie di amichevole tetto del mondo fatto di colori semplici e perfetti. Sono davvero felice di averti tolto qualche lacrima, alla fine, è una delle cose più belle dello scrivere (anche semplici relazioni di montagna).
Grazie…