Ogni tanto ci guardiamo indietro, e quello che vediamo è una strada – o meglio, un sentiero – che ci siamo tracciati da soli. Prima non esisteva e – da quello che sappiamo – siamo gli unici Nomadi Digitali che hanno scelto di vivere tra le montagne (piuttosto che dirigerci tra le Canarie e il Sud Est Asiatico). Come non bastasse, abbiamo una predilezione per le “montagne secondarie”, quelle meno note al turismo, quelle che odorano di legna a qualsiasi ora del giorno e della notte, quelle dove ancora si fa filò a casa del vicino per scambiarsi la pelle per qualche ora e bere vino.
Ma tra le tante cose che abbiamo imparato in questi anni, c’è questa: non siamo gli unici ad aver inventato la vita che fanno, ma che ogni strada di questo tipo è nuova, mai percorsa e tutta da scoprire.
Oltre ad essere stata un’iniezione di fiducia, sorpresa ed emozioni, il weekend di Io Vivo Qui ce lo ha confermato.
Idee e storie per vivere tornare a vivere in montagna, in chiave alto vicentina
L’obiettivo del progetto Io Vivo Qui è quello di valorizzare le aree più difficili della montagna vicentina, coinvolgendo i residenti nel racconto del proprio territorio per arrivare a concepire un turismo “di nicchia”, che sia incentivato alla scoperta del territorio. Al timone c’è il GAL Montagna Vicentina in sinergia con la Camera di Commercio di Vicenza, mentre a creare il percorso al quale abbiamo partecipato ci ha pensato Veneto Segreto.
Eccoci quindi sul territorio di competenza del GAL Montagna Vicentina per conoscere le storie di persone che sono tornate sul territorio portando non solo le vite loro e delle loro famiglie, ma anche progetti imprenditoriali, visioni a lungo termine e tanta, tantissima voglia di superare qualsiasi ostacolo.
L’itinerario ci ha portati a mezza costa lungo le scogliere che delimitano l’Altopiano dei Sette Comuni; dalle contrade di pietra chiara è salito fino ai boschi e ai prati bordati di muretti a secco che le lambiscono, poi ha piegato verso nord per risalire l’Alta Valdastico, quasi rimbalzando da una riva all’altra del torrente – la Pria dei salti proibiti e delle folle che vengono a prendere il fresco in estate ce la siamo presto lasciata alle spalle; ci siamo immersi ancora nel bosco, invece, per poi tornare di nuovo sul letto del torrente e infine risalire fino ad un altro altopiano, quello di Tonezza: luogo mitico anni addietro, poi dimenticato, e ora in fase di rinascita – ma con caratteri decisamente diversi, più intimi e attenti.
A guidarci sono state le persone, le loro storie solo in apparenza complicate, profumi di cucina di montagna e progetti articolati e ambiziosi, qualche animale inaspettato, la poesia, i primi alberi a tingersi di rosso e oro, diverse risate. E la voglia di farci mostrare nuove strade – alcune delle quali, come dicevamo, non ancora cartografate.
Montagna Alto Vicentina: le storie di chi resta e chi ritorna
La prima sorpresa si trova a Caltrano. Nonostante sia l’inizio di novembre, qui è già Natale. O meglio: lo è sempre.
Insieme a noi c’è una famiglia “di pianura”: sono venuti a mettere il fiocchetto ad un albero di Natale – vivo – che i primi di dicembre verrà loro recapitato a casa perché faccia compagnia durante le feste… prima di ritornare nel bosco. Compagnia: è Andrea della Fattoria del Legno che usa questo termine. Di lui, Andrea, che dire: anni passati in Canada, in Finlandia, poi il ritorno a casa, questa idea – che piace così tanto che prima della fine del mese gli alberi saranno tutti in sold out – e tante altre. Tipo dei corsi di falegnameria e carpenteria su misura, da tenersi esclusivamente in una baita nel bosco costruita proprio da lui. Sentirlo parlare è un piacere.
Poco più in alto, Thomas, che si emoziona quando parla della sua San Donà (una delle contrade di Caltrano) ci porta a passeggiare – e fin qui tutto normale – ma ci affida la cavezza di alcuni dolcissimi asini. Lezione numero uno: fermarsi ogni tanto fa bene, aiuta a godersi il paesaggio, a tirare il fiato, a non stancarsi. Lezione numero due: si può mangiare tutto quello che cresce lungo il percorso! Asini in Cammino è il nome dell’idea di Thomas per rimanere a vivere in queste contrade in cui “troppe finestre sono chiuse da tempo” e per valorizzare la preziosità del camminare a passo lento in questa montagna.
Verso nord, ora, e in destra idrografica dell’Astico. Seguiamo un sentiero tra radure e rigoglioso bosco fino ad un recinto nel quale, placidi, brucano i lama e gli alpaca della Casa del Pastore. Ed è subito Perù, Cordigliera Andina – anche se qui la roccia è calcare, e l’aria è facile da respirare – e la voglia irresistibile di affondare le mani in quella morbida e foltissima lana. Lana che diventa calzini e maglioncini, gomitoli, trapunte, mentre anche i produttori (a quattro zampe) possono accompagnarti lungo sentieri da poco ripristinati.
Sul fondo dell’Astico gli animali invece nuotano nell’acqua trasparente deviata dal torrente. Sono le trote fario, le iridee e i salmorini con i quali vengono ripopolati fiumi e laghi alpini. La visita all’allevamento Trota Alpina è interessantissima (e le domande sono tante), i progetti che Francesco e Giada – due ragazzi giovanissimi – ci raccontano sono ambiziosi ma ben piantati a terra: nel calderone (o meglio, nella padella della frittura) ci sono energia pulita, il traffico di una nuova ciclabile che passerà di là, un’attività gastronomica strettamente collegata con il laghetto da pesca e il grande pratone per i picnic…
Guardiamo in su: sopra di noi, ci dice Francesco, è anche nascosta una via attrezzata – la ferrata delle Anguane – che da qualche tempo richiama appassionati da mezza Italia.
Ed è ora di salire a Tonezza del Cimone. Della quale si potrebbe parlare molto, dato che la storia è tipica di molte località di montagna: antiche tradizioni, povertà, boom, declino, spopolamento. Arriviamo attorno alle 19, fuori è buio ed è sceso anche un po’ di freddo.
Ci dicono che c’è un saluto con il sindaco, com’è uso in questi tour, ma non ci dicono che il sindaco si porta dietro i rappresentanti delle associazioni, della Protezione Civile e i giovani. Sono tantissimi e in breve siamo sommersi di progetti, orgoglio per il proprio paese, voglia di fare e senso di comunità (che qui non manca).
La scoperta delle attività di micro imprenditoria la lasciamo per il giorno dopo, tra i racconti della produzione di miele dell’Azienda Agricola Mibi e le coltivazioni di fiori che, secchi, diventano ghirlande nel profumatissimo stanzino del B&B Zia Margherita che rifugge il vintage forzato, ma mantiene i mobili di una vecchia zia e un’atmosfera di casa. Ci ritroviamo così tutti insieme in cucina a chiacchierare, fare progetti e scambiarci storie di vita, mentre Diego Dalla Via improvvisa la recitazione di alcuni pezzi.
Ed è arrivato il momento di camminare, ,ma minaccia pioggia, così ci “accontentiamo” di sbirciare la falesia sistemata dai 4 Gatti di Arsiero, di mangiare un panino scaldato sulla griglia al riparo di una grotta, e di percorrere il Sentiero Excalibur in compagnia di Francesco Canale. La passeggiata è semplice, ma in soli 3 chilometri riesce a riassumere tutti gli elementi di questo territorio… con un’arma segreta per tenere occupati i bambini.
In tutto questo, non potremmo dire di essere in Veneto se non avessimo mangiato bene, e bevuto altrettanto bene. Così, un plauso a chi, in cima ad un bel po’ di erti tornanti, offre un menù genuino e buonissimo, alleva capre e produce formaggi (Agriturismo Il Cucco); a chi ha portato su a Tonezza una cantina da 600 e passa etichette (Il Cacciatore); e a chi fa del bosco, dei prati e delle contrade circostanti il suo supermercato, non si fa fila, le cose sanno di natura, e le ricette chiamano in causa nientemeno che i Cimbri (Baita Pontara).
Un’ultima nota. Perché ho detto che le storie delle persone che abbiamo conosciuto sono complicate solo in apparenza?
Perché una cosa era evidente: quella che, chiacchierando una sera, ormai notte, tra un giro di grappa e una poesia al profumo di foreste, “la vocazione”: la vocazione ai luoghi da riscoprire e da ri-abitare come pionieri, sui quali lasciare un’impronta che sta completamente all’opposto della montagna delle due alte stagioni turistiche, della lamentela del qui non c’è nulla e anche, perché no, della conquista dell’inutile di un certo modo di frequentare le terre alte.
“Io Vivo Qui” è un progetto ideato e promosso dal GAL Montagna Vicentina grazie ad un finanziamento della Camera di Commercio di Vicenza nell’ambito del Progetto “Turismo”.
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