La salita da Carpané al Col Moschin è un bel giro per spaccare le gambe a inizio stagione. Sto parlando della primavera, certo, e di quella neanche troppo inoltrata, perché in beffa al movimentato Brenta che scorre sul fondovalle, e alla quantità strabiliante di bosco che ti avvolge mentre sali, lungo questi versanti FA CALDO.

Bene: avvertenze fatte – altre ne seguiranno – andiamo con il percorso!

Perché abbiamo scelto di salire al Col Moschin?

Prima uscita con amici (e adeguate misure di distanziamento sociale) permessa dopo il lockdown. Siamo a metà maggio, siamo sei paia di gambe (più quattro zampe), siamo impacciati perché nessuno di noi sa quanto in quelle gambe “ne ha” dopo i mesi di fermo obbligatorio. Così ci diamo appuntamento per le nove a Valstagna (località Londa) con l’idea di fare il sentiero del Vù e, una volta arrivati al Col d’Astiago, celebrare il compleanno di un amico.

Nota bene: non è che il sentiero del Vù, con i suoi 1000 metri di dislivello, sia poco intenso! Ma si sa: l’entusiasmo ti porta a minimizzare la possibilità di fatica.

C’è però il fatto che Silvia ed io il Vù l’abbiamo già fatto (io anche multiple volte), e abbiamo voglia di vedere posti nuovi. Dopo attenti studi – durati in verità pochi minuti – avevo visto sulla carta un sentiero perfettamente speculare, il 935, che in un battibaleno (o almeno, così pareva) ci avrebbe portato sui primi rilievi del massiccio del Grappa.

Per farla breve, propongo l’alternativa, convinciamo gli amici, e partiamo.

Pic Nic in Montagna nel complesso del Grappa

La salita dal Brenta al Col Moschin

A descriverla ci si mette poco, perché il sentiero è molto semplice. Si parte quindi dalla sinistra idrografica della Brenta, dalla frazione Londa/Fandoli di Carpané (180 mslm). Il sentiero 935 è sempre bene indicato, per cui non hai niente da preoccuparti, se non di camminare lungo la sua inclinazione mai eccessiva… ma costante!

Per la prima ora ti trovi a salire per ampi tornanti lungo i versanti a boschi della Val delle Ore, e già qui si fa chiaro qual è il nemico numero uno della giornata: il caldo soffocante. Sotto gli alberi infatti si crea la classica cappa di queste valli, mentre quando gli alberi diradano le loro chiome, il sole batte davvero spietato. I sassi bianchi che costituiscono il fondo del sentiero altro non fanno che incrementare l’effetto baluginante del sole negli occhi.

calura verso Col Moschin

Ho la testa dentro una bolla di calore, come di asciugacapelli lasciato acceso. Sudo a goccioloni, espiro aria infuocata.

Ad un certo punto una cresta traforata di gallerie della Prima Guerra Mondiale ti permette di guardare il panorama a nord, e di vedere finalmente davanti a te il versante occidentale del Col Moschin, caratterizzato da una bella paretona di roccia grigia. La salita continua, sempre costante. Il sentiero si apre, anche, diventando una larga ex-mulattiera, ora ben inserita nel bosco. La luce qui è davvero molto bella.

Lungo il sentiero un paio di deviazioni indicano la via per la Costa Alta o per sentieri di discesa alternativi, ma la via principale è sempre ben evidente, e non c’è pericolo di perdersi.

Attorno a quota 1140 mslm si esce infine dal bosco, ci sono le prime malghe (e le prime mucche), le strade bianche di servizio per malgari e forestale, e i prati che portano alla sommità del Col Moschin.

In una mezzora, sei al monumento sommitale (1279 mslm). Il panorama è davvero aperto: soprattutto in direzione ovest, verso l’Altopiano di Asiago.

Sentiero nel bosco

Sulla cima del Col Moschin

Sulla sommità del colle, che è un morbido prato segnato dalle tracce delle trincee e dalle gobbe lasciate dalle esplosioni di artiglieria, una colonna memoriale ricorda la presa del Col Moschin da parte dell’esercito italiano, l’alba del 16 giugno 1918: una delle azioni eroiche che hanno evitato che gli austriaci si riversassero nelle pianure venete sottostanti.

Segue una cosa che mi ha fatto ridere tantissimo. Nel corso delle settimane finali del lockdown, quando la possibilità di tornare in montagna si stava facendo reale, il CAI ha diffuso un prontuario che metteva in guardia da diversi pericoli del riprendere “con troppa foga”. Uno dei punti del decalogo diceva chiaramente come fosse importante ripartire lentamente, senza strafare.

Bene.

Sistematici all’ombra di un albero – ben distanziati tra noi – ci siamo dedicati al festeggiamento di cui sopra. Così, accaldati come non mai dopo tre ore di salita e troppo poca acqua pro capite, ci guardiamo, e ci diciamo: va bene, festeggiamo, cosa abbiamo portato?

Escono dagli zaini, nell’ordine: un pacco dimensione ingrosso di arachidi salate, soppressa con l’aglio, taralli piccanti, quattro bottiglie di vino rosso (che durante la salita si erano scaldate a sufficienza).

Perfetto.

Panorama dal Col Moschin

La discesa alternativa

Scendiamo inizialmente per la stessa strada, finché una deviazione (indicata) ci propone di inforcare il sentiero 936, che inizialmente passa lungo delle belle formazioni di roccia. Dopo un interminabile zigzag nel bosco dalla pendenza notevole, su un terreno sdrucciolevole di ghiaietta e pietre, c’è un altrettanto interminabile sentiero inclinato che corre per almeno 500 metri di dislivello su una unica cresta immersa in un tunnel verde: è molto evidente anche sulla carta. Qui, quando ad un certo punto non ne puoi più della monotonia e della pendenza che ti morde le gambe, e lasci andare il passo per quasi correre, l’esperienza si avvicina più a quella di un videogioco.

Fa caldissimo, se possibile anche più della salita, nonostante siano le quattro di pomeriggio passate, e nonostante la valle della Brenta sia proverbialmente incassata e ombrosa… il sole non accenna ad abbassarsi.

Sceso sotto i 300 metri di quota, il sentiero da un paio di ampi tornanti per poi fiondarsi verso il fondovalle. Qui è FONDAMENTALE, una volta raggiunto la frazione di Merlo, individuare il tracciato della ciclabile che corre sopra la linea ferroviaria, e seguirlo verso nord fino al punto di partenza: l’alternativa altrimenti è la statale, che è senza marciapiedi né banchina e non è un bel camminare – soprattutto perché è molto trafficata, e qui corrono molto.

In alternativa, un sentiero trasversale unisce il 936 al 935 poco sopra la linea delle abitazioni, ma non è segnato in carta (e probabilmente sono più di uno). L’abbiamo individuato e seguito, ma abbiamo fatto l’errore di abbandonarlo troppo presto. Capita spesso, in montagna: sono le tracce frequentate dai chi la montagna la vive, e se la cammina in assoluta libertà.

visuale verso Valstagna

Da Carpanè al Col Moschin in breve

Partenza: località Londa/Fandoli (Carpanè), 180 mslm

Arrivo: Col Moschin, 1279 mslm

Dislivello: 1100 metri

Tempo: 3 ore e mezza la salita, leggermente meno la stessa discesa. Scendere dal 396 e tornare al punto di partenza è leggermente più lunga

Sentieri percorsi: 935, 936 (facoltativo)

Orientamento: facile, il sentiero è sempre bene indicato, così come le deviazioni. Segui per Col Moschin, e non sbagli

Quando farlo: stagioni intermedie, assolutamente. Già in primavera avanzata il caldo può diventare proibitivo

Avvertenze: porta con te una buona scorta d’acqua, perché non troverai sorgenti né fontane

Dalla Valle del Brenta al Col Moschin pin