Alla frase “andiamo in Altopiano di Asiago” di solito pensi alla macchina, al Còsto da salire (o al Piovan se vien dalla Valdastico e lo conosci, o a una quelle strade che salgono da Bassano o Marostica), e ad iniziare le escursioni una volta superata quota 900mslm.

In realtà l’Altopiano dei Sette Comuni ha anche un sotto, o un intorno-più-in-basso (mamma mia, che termini poco geografici!) dal quale si può salire a piedi.

Da qualunque parte tu lo affronti, ne viene fuori sempre una bella tirata.

Il Sentiero del Vù, da Londa di Valstagna, è una di queste possibilità.

Silvia e le foglie

Il tabacco, i recuperanti, l’Altopiano: il sentiero del Vù

Un’altra cosa che diamo per scontata è che l’Altopiano abbia il monopolio della storia di queste zone. Dobbiamo ringraziare la prima guerra mondiale per questo.

Forse ringraziare non è il termine giusto.

In realtà anche i versanti dell’Altopiano, e in particolare quelli orientali, sono carichi di testimonianze storiche.

Lungo la Valsugana (la valle del fiume Brenta) fino a non molti decenni fa si coltivava il tabacco. Molte nonne dell’alta padovana ci hanno lavorato, magari da giovani.

Fa piuttosto sorridere pensare che l’uomo per capire cosa dovesse fare con la patata ci impiegò più di 200 anni. All’inizio infatti questo tubero era coltivato e enormemente apprezzato per i suoi bei fiori e non certo a fini culinari. Di contro si scoprì subito cosa si dovesse fare con il tabacco e questa cosa la dice lunga sulla propensione dell’uomo alle dipendenze e soprattutto al vizio!

Insomma se la scelta dovesse essere tra cibarsi e divertirsi è probabile che la seconda avrebbe la prevalenza.

Silvia V - Viaggi, avventure, scoperte, montagnaSilvia

Le nonne ti racconteranno delle foglie enormi della pianta del tabacco, talmente collose da appiccicare gli insetti ad esse.

Le nonne ti diranno che le ragazze incinte, grazie fortunatamente alla pruderie che da sempre circonda la gravidanza, potevano trafugare – e rivendere – le preziose foglie. Ti diranno anche che, per non pagare le tasse, le foglie più vicine al suolo venivano coperte dalla terra per imbrogliare i funzionari statali i quali, passando, ne contavano sempre in meno.

Da testimonianze storiche infatti gli arresti e le multe più frequenti in queste zone erano proprio per il contrabbando del tabacco. Le più furbe e scaltre? Come sempre le donne! Si mettevano sotto la gonna quante più foglie di tabacco riuscivano e, fingendo di essere incinte, camminavano indisturbate tra i campi… almeno fino a che qualcuno non le vedeva il giorno dopo con il loro bel pancino piatto.

Silvia V - Viaggi, avventure, scoperte, montagnaSilvia

La coltivazione del tabacco poi è andata in abbandono, in favore di quello importato dall’estero.

Ma sono rimasti i terrazzamenti, realizzati per strappare superficie coltivabile ai versanti, e quei grossi edifici in posizioni oggi invidiabili e panoramiche.

Davide raccoglie foglie sul sentiero del Vù

E poi c’è stata la guerra.

Ed è qui che entra in gioco il personaggio del Vù, al secolo Albino Celi. Un recuperante, cioè un uomo che nell’immediato dopoguerra percorreva l’Altopiano di Asiago alla ricerca di residuati bellici.

Ferraccio da vendere a peso per fare qualche soldo, e magari qualche cimelio da piazzare a qualche collezionista, magari a più caro prezzo.

Nel film I recuperanti di Ermanno Olmi è proprio la sua figura ad accompagnare il protagonista – un giovane spiantato, che non riesce a trovare lavoro nella Asiago del dopoguerra – mostrandogli il mestiere di recuperante: facendo brillare bombe inesplose, camminando senza sosta per il panorama carsico dell’Altopiano ferito dalla guerra, dispensando massime… e ridendosela.

Godendosi la vita, in qualche modo, nonostante una povertà quasi completa.

Si sbaglia in pace, figurati in guerra: si spacca tutto.

Così per voce di Albino.

Anche il libro Le stagioni di Giacomo di Mario Rigoni Stern è ispirato a lui.

Ah, il nostro Albino veniva chiamato Vù perché dava del Voi – del Vù, appunto – a tutti.

Per raggiungere l’Altopiano, Albino percorreva la linea di fortificazioni della prima guerra mondiale chiamata “linea di sbarramento delle stelle e dei terrazzi”. Stelle erano le stele (tronchetti d’albero), terrazzi erano le masiere, cioè i muretti in pietra dei terrazzamenti agricoli.

E’ la stessa linea di fortificazioni che percorrerai anche tu.

Postazione sul sentiero del Vù

Il Sentiero del Vù da Londa di Valstagna

Così è una domenica un po’ pigra di metà autunno, non abbiamo voglia di fare troppa macchina per iniziare a camminare, il meteo dice che a parte una sottile fascia di valli venete piove dappertutto entro le 14.

Propongo a Silvia di provare questo sentiero del Vù.

Io l’avevo già fatto, solo soletto, qualche primavera fa. Lasciato a me stesso, ne era venuto fuori un giro lunghissimo, splendido per la solitudine e per certi angoli inesplorati dove mi ero ritrovato (più avanti te lo spiego).

Il sentiero del Vù – numero 775 del CAI (occhio che sulle carte non più datate non lo trovi, perché è stato sistemato da poco) – è uno zigzagare attraverso le faggete piuttosto uniformi del versante destro della Brenta.

Sentiero del Vù sotto col d'Astiago

Ogni tanto il sentiero “alza la testa” e ti permette di buttare l’occhio su qualche panorama dominato dal fiume, sia verso nord che verso sud. Oppure, ti concede qualche piccola deviazione verso grotte, trincee e osservatori della prima guerra mondiale.

Questi manufatti sono in ottime condizioni, corredati da pannelli che ne spiegano i perché e i per come. Se ti interessano la storia contemporanea e l’archeologia di guerra, avrai sicuramente di che perderti via.

Per il resto, quello del Vù è un percorso monotono, che vale più come allenamento o come sgambata di inizio stagione, anche se regala qualche bellissima panoramica sulla Valsugana.

In un paio d’ore (con gamba buona) ti ritrovi alle pendici del Col D’Astiago, attorno ai 1150 metri di quota. Sei partito da 177 m, quindi una bella tirata. Qui il bosco è molto più ampio, più atmosferico, e le pendenze si riducono.

Il Col D’Astiago (1241m), invece, ci ha riservato una bella sorpresa d’autunno. Verso ovest, infatti, i boschi sommitali dell’Altopiano assumono colori autunnali intensi e uniformi, squarciati solo da alcune radure verdissime in corrispondenza delle malghe.

Foliage in altopiano

Fungo su Col d'AstiagoLo stesso Col D’Astiago è florido: l’erba dei suoi prati è carica d’acqua, i funghi che spuntato ovunque sono enormi, e sembrano provenire da un altro mondo.

Uno spettacolo per gli occhi, e un bel premio per una escursione che a modo suo ti strattona un po’.

(Per godere a pieno dello spettacolare foliage dell’Altopiano tuttavia dovrai essere bravo abbastanza da escludere alla vista il terribile acquedotto di Asiago, un vero e proprio ecomostro in cemento che domina le valli circostanti).

Grande FogliaScendere dal Col D’Astiago

Terminato il sentiero del Vù ci sono tre modi per tornare a valle dall’Altopiano di Asiago – una volta che hai fatto ovviamente un lauto spuntino, meritato per aver macinato quasi 1000 metri di dislivello in uno sviluppo orizzontale piuttosto compresso.

Altopiano di Asiago col d'Astiago

Scendere dalla Calà del Sasso

Puoi allungare verso nord ovest, raggiungere il Sasso di Asiago e da lì inforcare la famigerata Calà del Sasso, la “scalinata” di 4444 gradini che scende in Valstagna.

Se scegli questa opzione, ne viene fuori un giro molto lungo ma splendido, facendo il quale sarai pressoché sempre solo. Una decina di ore per farlo tutto, e ginocchia che ad un certo punto urleranno pietà.

Io l’ho fatto due o tre primavere fa, e ne sono stato molto soddisfatto. Anche perché a metà strada, sbagliando direzione ho inforcato l’isolatissima Val Scausse, e con mia sorpresa… beh: questo è un altro racconto (che trovi in questo articolo).

Fai solo attenzione che scendere dalla Calà del Sasso, oltre a mettere a dura prova le ginocchia, può essere molto scivoloso se dovesse aver piovuto nei giorni prima.

Silvia V - Viaggi, avventure, scoperte, montagnaSilvia

Silvia tra il foliage

Scendere per il sentiero 773

Dal Col d’Astiago scendi un po’ nel nulla verso sud, e recuperi la traccia del sentiero 800. Questa ti farà superare una malga posta in posizione splendida, e ti farà guadagnare il bivio tra i sentieri 773 e 771. Prendi quello a sinistra (il 773) e preparati a una discesa noiosa e fastidiosa.

Il sentiero infatti è una unica via lastricata di pietra che, data l’umidità del bosco, è sempre sdrucciolevole. Le foglie secche che coprono le pietre altro non fanno che rendere ancora più instabile il tuo passo.

Ah, dimenticavo: questo sentiero ha una pendenza notevole.

Diciamo che perlomeno arrivi a valle senza perdere tempo!

Davide in malga

Scendere per il sentiero del Vù

Col senno di poi, e con il tempo che avevamo deciso di dedicare all’escursione, forse la scelta migliore sarebbe stata quella di scendere per il Sentiero del Vù.

Così puoi fare come il buon Albino Celi: arrivare in paese con passo spedito, concederti una ombra in uno dei bar sul lungofiume di Valstagna – magari guardando i canoisti fare evoluzioni a pelo d’acqua – e magari provare a vendere i cimeli bellici che sei riuscito a trovare.

colori d'autunno

Consigli pratici

Da dove partire: da Londa, frazione che si trova tra Oliero e Valstagna, lungo la strada in destra fluviale. i consiglio di parcheggiare al cimitero di Londa: l’inizio del percorso lo trovi cinquanta metri più a nord, in corrispondenza di una casa settecentesca (la riconosci perché dipinta di rosso, e con un affresco che ne mostra la data di costruzione). Non lasciarti ingannare: il sentiero del Vù inizia nella corte di alcune case, ne attraversa i giardini, e si infila su per le masiere (i terrazzamenti) apparentemente abbandonate. Ci sono comunque indicazioni sulle rocce per i primi 50 metri di dislivello. poi trovi i cartelli del CAI.

Valstagna

Tempi: tra le due e le tre ore per salire fino al Col D’Astiago. Il tempo di percorrenza dipende comunque da quanto ti fermi a curiosare i resti della guerra.

Acqua: portane in abbondanza. Per la quota molto bassa e la copertura boschiva, questo percorso è sempre molto umido e, quindi, molto caldo.

Noi sul foliage