Il Rifugio Vajolet è certamente uno dei più amati delle Dolomiti. Prima di andarci, ci siamo domandati molte volte cosa avesse di così speciale. Certo, il panorama sul Catinaccio è splendido, il contrasto tra la rocciosità delle sue guglie ardite e la morbidezza della Val di Fassa è unico, l’atsmofera che si respira salendo è decisamente alpina… ma c’è una cosa che (quasi) nessuno ti dice.
Beh, lo facciamo noi. Ti raccontiamo come raggiungere il Rifugio Vajolet e cosa assolutamente non puoi perderti.
Cosa troverai nella salita al Rifugio Vajolet
Come arrivare al Rifugio Torri del Vajolet al Catinaccio?
Per raggiungere il Rifugio Vajolet hai almeno 4 possibilità, a seconda di quanto vuoi camminare:
- Difficoltà facile
Da Vigo di Fassa puoi prendere la seggiovia per Ciampedie. Da qui, con una comoda strada forestale puoi raggiungere il Rifugio Gardeccia e in circa 20 minuti di camminata un po’ più sostenuta arrivi al Rifugio Vajolet. La camminata di per sé non è molto impegnativa, ma è decisamente appagante.
Dislivello: 300 metri
Tempo: 20 minuti
- Difficoltà facile 2° opzione
In stagione puoi lasciare l’auto anche a Pera di Fassa, e proseguire fino al Rifugio Gardeccia grazie ad un servizio bus navetta. Da qui dovrai imboccare il sentiero 546 che in una ventina di minuti di salita ti condurrà al cospetto del Rifugio Vajolet.
Dislivello: sempre 300 metri
Tempo: sempre 20 minuti
- Difficoltà media
Puoi lasciare l’auto nei pressi di Muncion. Ci sono pochissimi parcheggi, motivo per il quale è meglio partire molto presto al mattino. Da qui puoi prendere la comoda forestale 546 che porta fino a Gardeccia e proseguire sempre lungo il sentiero fino raggiungere il Rifugio Vajolet.
Dislivello: 760 metri
Tempo: poco meno di due ore
- Difficoltà alta
Puoi anche fare uno strepitoso giro ad anello che collega Muncion – Rifugio Gardeccia – Rifugio Vajolet – Rifugio Passo Principe – Rifugio Antermoja – Val Udai – Muncion. Noi l’abbiamo fatto in senso orario, ma volendo puoi provarlo anche in senso antiorario, lasciandoti il premio al Rifugio Vajolet (a breve scoprirai cos’è) come ultima tappa prima della discesa.
Il Rifugio Vajolet e il Rifugio Preuss
Venendo dal Gardecia, il Rifugio Vajolet in realtà si fa un po’ attendere. Lontano e il alto, appollaiato sulla Porte Neigre – come un colle di roccia, che stringe la valle – il vero guardiano di questi luoghi è il Rifugio Preuss. Come ti raccontiamo nell’articolo sul lunghissimo anello verso l’Antermoia, questo edificio trasuda alpinismo eroico, essendo stato costruito da una guida alpina d’eccellenza – Tita Piaz – in memoria di un alpinista duro e puro, Paul Preuss appunto.
Sono nomi che vengono da tempi in cui le relazioni erano scritte a mano e tramandate chissà come, le vie venivano aperte in un nulla primordiale e mai esplorato prima, i nomi degli alpinisti erano già leggenda (e pettegolezzo, data la testardaggine senza compromessi con la quale si fiondavano all’avventura).
Così, quando vedi il Preuss profilarsi quasi mimetico sopra il suo trespolo, mentre sulla tua sinistra si alzano pareti chiare e maestose, pensa un attimo a quei nomi: ché la montagna, così, la godiamo soprattutto grazie a loro.
Così ecco, alle spalle del Preuss, la nostra mèta, il Rifugio Vajolet! Due edifici separati, mura intonacate di bianco, scuri bianchi e azzurri, i caratteri marroni della scritta “CAI SAT Rifugio Vajolet”, l’indicazione d’ordinanza della quota in metri sul livello del mare: ben 2243. Il rifugio è nato nel 1897, quindi ha un bel po’ di anni sulle sue travi: ma non sembra dimostrarli, anzi!
Prima di dirigerci alla terrazza per una breve pausa, un brevissimo cenno alla vera bellezza di questo luogo: il Rifugio Vajolet è il vero crocevia delle escursioni di questo cuore dolomitico (c’è tutto un fiorire di cartelli bianco-rossi), il punto di avvicinamento di alcune vie ferrate, nonché un vero (e ambito) paradiso per gli scalatori.
Ma per questa volta, abbiamo in serbo un argomento molto più goloso…
Ok, ok, ok, se ci conosci, sai che questa è una cosa che non facciamo MAI. Ai Rifugi preferiamo di solito un paninetto al sacco, così come ai menù elaborati prediligiamo quelli semplici, raccontati a voce. Eppure ti assicuro che il menù del Rifugio Vajolet merita quest’eccezione.
Arriviamo qui che è ancora presto, lo staff sta spazzando via la neve della notte (nonostante sia quasi luglio) e sta preparando gli ombrelloni da aprire sulla terrazza. La nostra amica Chiara ci aveva detto che le torte qui sono un vero must, ma non avevamo capito quanto… finché non siamo entrati.
Una varietà di torte da far impallidire le più rinomate pasticcerie delle grandi città. Le loro altezze? Vertiginose. Ovviamente non resistiamo e ci prendiamo due fette di Foresta nera che da sole basterebbero a sfamarci per una settimana. Inutile dire che erano anche squisite.
E niente, mi viene naturale pensarlo: è una gara di strati e altezze! La Foresta nera è cioccolato, panna, cioccolato ancora e panna ancora e poi ancora cioccolato e panna, e poi c’è un po’ di topping di – hai capito: panna, granella di cioccolato, e le amarene. Alzo lo sguardo – solo per un attimo, però, perché la torta è davvero avvolgente – e guardo le Torri del Vajolet di fronte a me: strato dopo strato dopo strato dopo strato di roccia sedimentaria, pazientemente accumulati uno sopra l’altro dal tempo.
“Bel paragone”, mi dico: e giù di forchettina!
Il resto del menù comunque non è da meno: tantissimi piatti tipici trentini, ma anche proposte per celiaci e ben due pagine di menù dedicate all’alimentazione vegana. Nonché, a fomentare l’entusiasmo di Davide, una pagine intera di variazioni sul tema “uova”.
Insomma…. al Rifugio Vajolet si mangia divinamente e vale la pena fermarsi. Il panorama sulle cime del Catinaccio saprà aggiungere quel tocco in più ad ogni pietanza!
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