Solitaria, selvaggia e di grande suggestione, la Val Zemola è una bellissima sorpresa di montagna vera. Siamo vicinissimi eppure tremendamente lontani dalle “montagne patinate”, la voce di Mauro Corona risuona in ogni passo mentre l’autunno dipinge scenografie uniche.
Dal Rifugio Mela alla Casera Galvana
Lasciamo l’auto nei pressi del Rifugio Mela dopo aver percorso una strada in parte sterrata (piuttosto comoda) che parte poco fuori dal paese di Erto. Siamo immersi nel clima autunnale della faggeta dorata: le abbondanti piogge del giorno prima sembrano aver lasciato il posto ad una giornata che si prospetta strepitosa.
Imbocchiamo il sentiero 374 della Val Zemola che si svolge inizialmente in piano, addentrandosi sempre più nel bellissimo bosco. In breve arriviamo al bivio con il sentiero 908 che inizia sulla destra e scende di qualche metro (fai attenzione a non mancare la deviazione: devi attraversare “Le Grave”, la distesa di ghiaie tra le quali scorre il torrente Zemola: il paesaggio qui cambia ad ogni pioggia, e trovare un guado richiede una cerca cautela).
Ma la discesa è solo un miraggio: pochi metri e inizia in salita. Le pendenza del sentiero qui è “alla friulana”: si sputano pallini in più di qualche punto, ma sono solo 400 i metri di dislivello che ci separano dalla Casera Galvana.
In compenso l’ambiente lascia senza fiato: il bosco è un mix perfetto di larici, abeti e faggi, ognuno con il suo colore e il suo carattere deciso.
Casera Galvana
La casera si trova su un piccolo colle erboso a 1613 mslm ed è effettivamente bella come ce la ricordavamo, anzi, più bella. Non c’è niente da dire: l’autunno le dona. E mi commuovo nel vederla nel suo splendore, incorniciata dai colori del bosco e sovrastata dalle vette dolomitiche. Se hai la fortuna di poterci venire da metà ottobre a fine novembre capirai subito perché l’abbiamo inserita tra i migliori posti dove ammirare il foliage.
Non è la prima volta che siamo qui. Un paio d’anni fa, prima della regolamentazione 2020 dei bivacchi e di tutto ciò che sappiamo. Davide ed io avevamo già passato una notte a Casera Galvana per una bivaccata di quelle doc: griglia, vino e risate. Ma bando alle malinconie…
Il colle è una terrazza panoramica sul Duranno che svetta imponente sopra al mare di larici, pini, abeti e faggi. Lo scenario è davvero unico.
L’interno della Casera è essenziale, ma tenuto benissimo. Una stanza con tavolata di legno e panche proprio davanti all’enorme camino (che tira benissimo) e un mobiletto con qualche cibaria a lunga scadenza. Al piano di sopra la zona notte è essenziale: pavimento in legno e un masso a bloccare l’unica finestrella. Non sono presenti letti o altri comfort pertanto noi ci eravamo portati dietro un materassino per dormire.
È presente inoltre un altro locale adibito a legnaia con qualche ceppo messo ad asciugare e tutti gli attrezzi per fare legna (è uno dei 10 comandamenti dell’andare per bivacchi!).
Mi piange il cuore a dover richiudere la porta, qui si sta sempre benissimo.
Lo senti, che questo è un posto magico. E capisci perché la leggenda della “strega” Galvana, qui, ci sta bene. La storia ce la racconta Mauro Corona. Siamo verso la fine dell’Ottocento, e la malgara Galvana è una donna in pantaloni (a quel tempo una rarità) solitaria, che odia gli uomini e vive nella casera. Dal rifiuto dei corteggiatori alla nascita delle dicerie, il passo è breve: il suo sguardo fa morire le piante, secca le sorgenti. Galvana appare nei sogni, predice le disgrazie.
Il resto della storia non è per nulla piacevole: è montagna di sangue e vendette. Il racconto lo trovi nella raccolta Cani, camosci, cuculi (e un corvo).
Il giro ad anello verso Rifugio Maniago
Continuiamo il giro ad anello della Val Zemola. Il terreno è umidissimo e le foglie cadute a terra non aiutano ad individuare il sentiero che in alcuni punti è poco più di una traccia. Non ci sono punti esposti, ma le foglie cadute e le radici bagnate rendono necessaria un po’ di concentrazione.
Il bosco comunque è bellissimo e colorato come solo l’autunno sa fare. Sostanzialmente si sale e si scende, si sbuca improvvisamente su una crestina di prati, si scende di nuovo, si attraversa un impluvio, poi un altro, una fascia di mughi ed è fatta… chiaro no? Scherzi parte è impossibile perdersi, ma attenzione all’attraversamento dei ruscelli il cui letto, in caso di piogge abbondanti o ghiaccio, può essere difficoltosi da attraversare.
Il Rifugio Maniago
Arriviamo al Rifugio Maniago (1730 mslm) accompagnati da un’improvvisa nebbia. Siamo circondati da nuvole bianchissime, ma l’abbaiare di un simpaticissimo bassotto ci conduce sulla retta via. Caffè o vino rosso? Ci guardiamo attorno, sono le 10 del mattino, ma tra gli avventori il vino sembra andare per la maggiore, per cui ci adeguiamo.
Il Rifugio Maniago si trova in realtà su un crocevia di sentieri che salgono al Duranno o deviano verso le valli circostanti, e la terrazza panoramica è davvero un posto splendido per riposarsi qualche minuto. Non abbiamo testato la cucina, ma i profumi che ne uscivano lasciavano ben pensare…
Il sentiero 381
Continuiamo il nostro giro ad anello della Val Zemola proseguendo verso la Casera Bedin di Sopra. Ci incamminiamo in discesa per un breve tratto verso il sentiero 374 fino al bivio con il sentiero 381 a destra (indicazioni per Casera Bedin). Volendo accorciare il giro è però possibile da qui imboccare direttamente il sentiero 374 che scende direttamente verso il Rifugio Mela.
Il nostro percorso si sviluppa invece interamente lungo il versante, con brevi saliscendi e incredibili aperture panoramiche sulla Val Zemola, mentre alle spalle svettano il Duranno, la Cima dei Rodisegre e la Cima Pagnac.
Casera Bedin di Sopra
Posta su uno stretto pianoro erboso, la Casera Bedin di Sopra è composta da due edifici separati (uno dei quali privato, e quindi chiuso a chiave). La parte accessibile è dotata di stufa, tavolato in legno e tre letti a castello (senza materassi né coperte).
Essenziale, ma carina soprattutto per la vista… ma siamo onesti: il nostro cuore è rimasto alla Casera Galvana.
Discesa verso Rifugio Mela
proseguiamo sul sentiero 381 che si addentra nuovamente nel bosco fino all’imbocco di una strada forestale che prendiamo verso sinistra, in discesa. Qualche tornante e siamo davanti alla Casera Ferrera (deliziosa, ma purtroppo privata). Ultimi 10 minuti e siamo nuovamente al Rifugio Mela, pronti per il nostro calice di vino rosso (sì il secondo, ma che fai… li conti??) e un piatto di frico a completamento di questa strepitosa giornata autunnale.
Sulle panche fuori del rifugio, altri escursionisti chiedono della salita al Monte Borgà. Si può salire direttamente da qui? E quanto ci vuole?
Noi oggi, un po’ a malincuore, ritorniamo in pianura. Camminando in direzione del parcheggio, sul breve tratto di strada di fronte al rifugio, volti contorti e beffardi, gnomi barbuti e civette ci guardano dalle sculture in legno. Più in basso, il Cristo alto quattro metri ricavato da un larice spaccato dalla tempesta Vaia. Anche qui, la mano di Mauro Corona, che del Cristo ha abbozzato la faccia subito dopo il disastro. I colpi finali di motosega sono arrivati più di dieci mesi dopo: in questi luoghi, l’ispirazione va ascoltata seguendo i suoi tempi…
Dati tecnici in breve
Partenza: Rifugio Mela (1200 mslm)
Punti dell’anello della Val Zemola: Casera Galvana (1613 mslm), Rifugio Maniago (1730 mslm), Casera Bedin di sopra (1711)
Dislivello: circa 1000 metri complessivi, contando i continui saliscendi dopo Casera Galvana
Tempo: circa 6 ore
Difficoltà: media. Il sentiero in alcuni punti è molto stretto e scivoloso (soprattutto se fatto in autunno) e richiede passo deciso. L’esposizione comunque non è mai eccessiva. Per il resto la difficoltà è data solo dalla lunghezza, dato che il dislivello è piuttosto contenuto. Si può comunque accorciare il giro dal Rifugio Maniago, come spiegato, prendendo il sentiero 374 per completare l’anello e tornare alla macchina.
Cartografia: Tabacco n. 21 – Dolomiti Friulane e di Sinistra Piave (puoi comprarla su Amazon)
Ciao, grazie per la descrizione di quest’escursione, non vedo l’ora di andarci!
Avrei solo una domanda: nella descrizione si capisce che vi siete fermati a dormire alla Casera Galvana, ma nei dettagli tecnici c’è scritto che il tempo totale è di 6 ore. Si potrebbe fare tutto il giro in giornata, quindi? O è meglio farla in due giorni?
Grazie ancora!
Ciao Andrea, abbiamo spezzato il giro perché il nostro primo obiettivo era di dormire in casera; il giorno dopo, guardando la carta, abbiamo deciso di fare il giro. Fatto tutto di fila, con buon passo ti direi 6 ore senza pause ci sta.
Buona gita!