Il Bivacco Piva è come uno di quei signori tutti d’un pezzo che se ne stanno dritti al loro posto con la schiena retta e lo sguardo impettito. Se non fosse che, d’inverno, si ammanta di una coperta di neve bianchissima, e racconta storie a chi ha voglia di venirlo a trovare fin quassù. 

Noi ci siamo saliti in una giornata in cui la primavera ancora tardava ad arrivare, ci siamo seduti al posto di un buffo animaletto tutto bianco e abbiamo ascoltato la sua storia. Ora te la raccontiamo (assieme alle indicazioni per la ciaspolata!). 

Cosa troverai nella salita al Bivacco Piva:
Fatica
Difficoltà tecnica
Panorama
Racconti

Silvia e Davide davanti al Bivacco Piva

Da Sega Digon alla Casera Melin

Rispetto all’ultima volta che siamo venuti a Sega Digon, la strada è stata ben aperta dallo spazzaneve. Riusciamo così a parcheggiare nei pressi della Cappella Tortoi (1296 mslm).

Da qui ci incamminiamo lungo la forestale che procede dritta lungo il Torrente Digon. Il freddo è pungente come solo in Val Digon sa essere! Mi ero infatti ripromessa di non tornarci più fino alla primavera perché qui, a causa della conformazione della valle, il sole arriva solo molto tardi. La realtà è che, superato il tratto buio e incassato della valle, partono percorsi strepitosi.

É difficile spiegare il fascino della Val Digon in inverno. La lunga forestale è quasi interamente in ombra fino ai Pian della Mola, eppure si respira un’atmosfera incantata. Solitaria, eterna, gelida e innevata, se si aggiunge lo scroscio del torrente sembra di essere in uno scenario canadese.

Ci sono numerosi alberi schiantati lungo la forestale, che però riusciamo a superare abbastanza facilmente. Un ponte ci fa spostare sulla destra del torrente, e continuiamo a camminare fino ai Pian della Mola dove finalmente un po’ di sole ci toglie la brina dal naso.

Entriamo ora in Val Melin e seguiamo il sentiero che costeggia il Rio Melin fino alla Casera Melin (1637 mslm). Ci siamo stati un mese addietro, diretti al Passo Palombino, e lo scenario è sempre incantato.

Malga Melin in Val Digon

Dalla Casera Melin al Bivacco Piva

Poco oltre la Casera Melin, nonostante il biancore accecante e il copioso innevamento di quest’anno, riusciamo ad intravvedere i cartelli che indicano il sentiero 144 verso il Bivacco Piva.

Il sentiero piega a sinistra stando poco sopra della malga: è una carrareccia che sale con un bel po’ di tornanti e poi, dopo aver attraversato qualche altro schianto, si trasforma in sentiero. Siamo sempre nel bosco e, fortunatamente, il freddo di questi giorni ci permette di non affondare, tanto che le ciaspole rimangono attaccate allo zaino.

Nonostante il sentiero sia completamente invisibile sotto la neve, non è difficile intuire la direzione giusta. Una volta usciti dal bosco infatti il Bivacco Piva è lì in alto, sopra uno sperone di roccia, ad attenderci.

ciaspolata verso il Bivacco Piva

Il manto nevoso sui versanti del Costone delle Mandrette ha causato diverse forti valanghe da scivolamento, motivo per il quale preferiamo continuare a salire tenendoci piuttosto centrali, seguendo istintivamente il percorso della valle (sulla carta questa zona è segnata come Forame). Il sentiero vero e proprio in realtà starebbe più sotto le pareti sopra le quali è appollaiato il Bivacco Piva, ma certe bocche di balena sopra di noi non sono di certo invitanti.

!Attenzione! Valuta sempre in loco le condizioni della neve. Il vallone non è particolarmente pendente, mentre le pareti verticali ai lati possono scaricare facilmente. Il rischio è quello che si generi una valanga da slittamento.

Per affrontare gli ultimi metri di dislivello prima del bivacco ci infiliamo i ramponi, perché la neve è davvero ghiacciata. Ci troviamo nello splendido vallone innevato che porta a Cima Vallona. Noi giriamo sulla sinistra, e ci troviamo improvvisamente dietro e poco sopra il Bivacco Piva (2250 mslm).

Una pernice! Siamo solo noi in tutta la valle e questo bellissimo esemplare di pernice bianca, stupita, anche lei, di vederci qui. Ci scruta, si allontana goffamente con fare baldanzoso e, poco dopo, spicca il volo con una leggiadria inaspettata. Quanto sono arricchenti questi incontri in montagna. 

Silvia al Bivacco Piva

Il Bivacco Piva

Il Bivacco Piva è incredibile. Un casermone verde militare dall’aspetto rigoroso, tradito solo dai buffi comignoli. Interamente costruito in lamiera, sembra riportarci indietro nel tempo.

Purtroppo non riusciamo ad entrare perché la porta d’ingresso è sbarrata dalla troppa neve, ma da qualche ricerca in internet l’interno non sembra godere di molti comfort. Poche foto e qualche articolo ci informano infatti che da anni il Bivacco Piva è stato privato dell’arredamento interno a causa di “usi impropri”. Sono presenti ora solo alcuni tavoli in legno e può essere al massimo usato come riparo d’emergenza. Peccato, perché potrebbe ospitare fino a 12 persone… materassini gonfiabili? 

L’esterno invece è dotato del comfort più prezioso: una vista strepitosa! Dalle rocce che sovrastano il bivacco, la vista è strepitosa: i Longerin si ergono maestosi subito sopra il Passo Palombino, alla sinistra del quale si susseguono Cima Palombino e Cima Vallona. Dalla parte opposta, solo in parte occultati dallo Spina, fanno capolino i “monti di casa” di questi mesi: l’Aiarnola e Croda da Campo.

Silvia sopra il bivacco Piva

La strage di Cima Vallona e la storia del bivacco

Che il bivacco avesse una storia da raccontare ce ne accorgiamo subito. Il bello dei bivacchi per noi è che ognuno ha un carattere che merita di essere scoperto, conosciuto e assaporato.

Mi accomodo, proprio lì dove poco prima stava appollaiata la pernice bianca, e mi metto in ascolto.

Secondo dopoguerra. Agli altoatesini prude, continua a prudere la voglia di tornare all’Austria. Così tanto che si apre negli anni sessanta una sanguinosa stagione di terrorismo, fatta di pestaggi e attentati dinamitardi: è il lavoro del Befreiungsausschuss Südtirol, il Comitato per la liberazione del Sudtirolo, BAS. L’attentato più efferato, la cosiddetta Strage di Cima Vallona, avviene in una notte di inizio estate, proprio su queste gelide cime, confine tra Italia e Austria.

È il 25 giugno 1967, un boato in direzione Passo Vallon scuote la notte della Val Digon. Vengono mandati quattro militari a indagare, non riescono ad arrivare al traliccio dell’alta tensione che è stato danneggiato da una serie di cariche esplosive – ci sono ancora dei cumuli di neve a bloccare il sentiero – devono tornare indietro. Scoppia un secondo ordigno: uno dei militari viene ferito a morte: è Armando Piva, appunto. Sale l’alba.

Si è fatto giorno. Viene mandata a raccogliere indizi una squadra di quattro militari appartenenti alla Compagnia Speciale Antiterrorismo. L’itinerario per arrivare nei pressi del traliccio è sempre lo stesso. I quattro indagano, poi iniziano a scendere verso l’elicottero. Esplode una trappola esplosiva lungo il sentiero – l’unico per il quale si può passare. Muoiono in tre. Viene ritrovata una rivendicazione del BAS: Voi non dovrete avere mai più la barriera di confine al Brennero. Prima dovete ancora scavarvi la fossa nella nostra terra.

Quattro appartenenti al Comitato per la liberazione del Sudtirolo vengono condannati in contumacia. Il governo italiano insisterà perché anche l’Austria li processi, ma verranno assolti per mancanza di prove.

Questo concatenamento di truci episodi ha preso il nome di Strage di Cima Vallona.

Il Bivacco Armando Piva è stato inaugurato nel luglio del 1974, mentre nel giugno 1987 è stata posta la targa in memoria delle vittime dell’attentato. La Chiesa in memoria delle vittime di Cima Vallona, in località Tamai di Val Digon (ci si passa per salire da queste parti), è stata consacrata nel 1970.

Davide Zambon coautore di Bagaglio LeggeroDavide

 

Strage di Cima Vallona

Trekking al Bivacco Piva in estate

In estate è possibile parcheggiare l’auto direttamente a Casera Melin (1673 mslm), dopo aver percorso la famigerata “Strada Val Digon” (che i cartelli dichiarano “turistica tortuosa e sprovvista di barriere laterali limitare la velocità”, tutto di fila. Da qui si imbocca il sentiero 144 che porta al Bivacco Piva.

L’orientamento è semplice: è sufficiente seguire il sentiero che sale circa 600 metri di quota senza particolari strattoni o difficoltà.

vista sui Longerin dal Bivacco Piva in Comelico

Ciaspolata al Bivacco Piva: dati tecnici in breve

Dove siamo: sul segmento di Alpi Carniche che chiude il Comelico Superiore. Alla stretta Val Digon si accede da Sega Digon.

Partenza: forestale che entra da Sega Digon. In inverno, dove parcheggiare lo decide l’innevamento. Noi siamo partiti dalla Cappella Tortoi (1296 mslm, ma non sempre è aperto fino a qui).

Arrivo: Bivacco Piva (2250 mslm)

Dislivello: poco meno di 1000 metri

Tempo: 3 ore per la salita, anche se dipende da che punto della Val Digon riesci ad raggiungere in auto.

Difficoltà: media. Qualche albero schiantato e un po’ di attenzione nella parte finale fuori dal bosco per il rischio di valanghe. Consigliato comunque solo a persone con dimestichezza di movimento in ambiente invernale.

Cartografia: Carta Tabacco n. 17 – Dolomiti di Auronzo e Comelico (se non ce l’hai puoi comprarla su Amazon)

Bivacco Piva presso Cima Vallon pin