Al foliage in Cansiglio nessuno può resistere: anche per noi è uno dei giri classici di ogni autunno. Ma c’è un’altra cosa che rende prezioso questo angolo di Prealpi Veneto (oltre all’immenso patrimonio boschivo): la fauna selvatica.
I cervi sul Pian del Cansiglio
È fine settembre, e percorrendo la Statale 422 attraverso i prati del Cansiglio vedrai, oltre alle ultime mucche ancora impegnate a pascolare, un cartello all’imbocco di ognuna delle stradine che da questa dipartono verso i versanti circostanti.
Il cartello rappresenta un cervo, e ti spiega che i tanto celebrati bramiti di questo animale fanno parte di un rituale amoroso che può durare ore, e che la tua presenza potrebbe facilmente vanificare. Sempre il cartello ti raccomanda quindi di:
- non disturbare i cervi avvicinandoti a piedi;
- evita di fare rumori, e parlare ad alta voce;
- non utilizzare torce e fari se è sera;
- vietato fare il furbo, predisponendo rifugi o bivacchi dai quali osservarli.
È un classico autunnale infatti quello di andare a curiosare nei luoghi dove i cervi – anche quelli non stanziali – si riuniscono per svolgere i rituali di corteggiamento, ma è anche una di quelle situazioni nelle quali all’escursionista è richiesta una speciale forma di umiltà. Un entrare nell’ambiente naturale in punta di piedi, come ospite silenzioso… e distante.
Anche perché vi assicuro che basteranno gli affascinanti suoni che in questo periodo risuonano tra le faggete a soddisfare gli animi curiosi. E, in ogni caso, porta con te un binocolo: potrebbe tornarti utile (noi ci troviamo bene con questo modello).
Ultime avvertenze
I pannelli con il cervo non ne parlano, ma mi sento di farti due ultime richieste:
- tieni il tuo cane al guinzaglio;
- metti i bambini in modalità silenziosa.
Non solo i rumori spaventano gli animali, mettendoli in fuga e compromettendo il riprodursi della specie: ma si tratta soprattutto di una questione di rispetto.
Infine, riguardo il camminare rigorosamente sui sentieri, beh: non dovrei neanche dirtelo!
… Dai che ora si parte!
Un sentiero… acustico: dal Pian del Cansiglio al Col dei S’cios
Saliamo sul Pian del Cansiglio l’ultima domenica di settembre: le temperature si sono notevolmente abbassate, e nei boschi aleggia un’atmosfera umida e buia – nuvole scure hanno iniziato a riempire il cielo già dalla prima mattinata. Fa freddo. Nota bene: a causa dell’inversione termica, nei tempi d’oro degli “inverni davvero freddi”, sul fondo della conca del Cansiglio non erano sconosciute temperature di trenta gradi sotto zero.
Parcheggiamo presso l’ultimo parcheggio della strada che lascia la Statale all’altezza del Monumento ai Caduti, verso est. Alla nostra destra e alla nostra sinistra, i golfisti mostrano di non temere freddo e umidità.
Abbiamo già percorso il sentiero n.1 in Cansiglio e il giro che abbiamo in mente di fare – dedicato ai primi segni del foliage che cambia – è piuttosto semplice, e prevede di raggiungere la malga (o casera) Col dei S’cios, che si trova sui prati che sormontano i versanti a est del Pian del Cansiglio.
Ci avviamo quindi lungo la strada forestale, che lasciamo dopo meno di cinque minuti per inforcare il sentiero non numerato chiamato Sentiero Pian de le Stele il quale, attraverso il bosco e con qualche arzigogolo, ci porterà dalla quota alla quale ci troviamo (1014 mslm) fino a qualche tornante più alto della forestale (1200 mslm) e infine ai prati delle malghe (1300 mslm).
Non facciamo in tempo a fare dieci minuti di camminata che un grosso scoiattolo attira la nostra attenzione. Sale agile lungo il tronco di un abete per poi sparire tra le fronde. Smettiamo di parlare, e lo sentiamo. È un suono basso, cupo, che ricorda qualcosa di legno che respira piano: come i cigolii della chiglia di un galeone. Sembra più un suono di stomaco che di corde vocali. Il bramito dura qualche secondo, poi c’è il silenzio, poi un’altra ripetizione. Ci guardiamo attorno, in un silenzio reverenziale, il respiro trattenuto. Puoi solo intuire da dove proviene il bramito, ma guardando in quella direzione tutto è fermo; le foglie degli alberi oscillano piano per il vento, e nulla più.
Alleggeriamo il passo, continuiamo a salire. Un altro bramito, un altro cigolìo di grosse assi di legno. Sbuchiamo sulla forestale. Proviamo a seguire gli stessi segni che indicavano il sentiero de le Stele, ma il tratto che ci troviamo a percorrere è evidentemente abbandonato: in parte è ingombro di rami caduti, in parte inciso dall’acqua piovana. Saliamo comunque fino a trovarci in un bosco silenzioso – i bramiti sembrano essere finiti da un pezzo. Raggiungiamo una serie di cippi di pietra bianca che, scopriamo, delimitano il confine tra Regione Veneto e Friuli Venezia Giulia.
Recuperiamo un brandello di strada forse pastorale e non più in uso, la seguiamo, e imbocchiamo di nuovo la forestale, che adesso segue il versante boscoso. Intravedo una sagoma alla mia destra, molto più in alto. Un cervo, silenziosissimo, che sparisce in un attimo.
La strada asfaltata. In un attimo siamo alla Candaglia, un edificio della forestale (1265 mslm). Proseguiamo e in meno di mezz’ora siamo sui prati che circondano malga Col dei S’cios (1340 mslm). Il panorama dovrebbe essere bello, ma le nubi nere adesso assorbono completamente luce e colori.
Racconto a Silvia che questo posto si chiama così per i fossili di s’cios – conchiglie – che si trovano negli strati di calcare. Ma abbiamo troppo freddo alle mani per gironzolare come novelli geologi, e rinunciamo anche a salire alla modesta croce piantata, con le sue pietre a fare da basamento, sul colle davanti: il panorama, temiamo, sarebbe stato sicuramente compromesso anche lì.
Scendiamo per lo stesso percorso dal quale siamo saliti. E appena torniamo ad attraversare la fascia più bassa di bosco, ecco di nuovo i bramiti lontani.
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