Se c’è una cosa che Silvia lamenta sempre, è l’iniquità del modo di festeggiare i nostri compleanni: il mio, essendo in novembre, impone di andare alle terme a scaldare le ossa, e poi a cena; quello di Silvia, decisamente estivo, i permette di organizzarle lunghe e selvagge escursioni. Che poi abbia chiesto lei di essere portata in cima al Monte Pramaggiore da Forni di Sopra, questa volta… beh, mi libera della responsabilità di questi 1600 metri abbondanti di dislivello!

Salire al Monte Pramaggiore da Forni di Sopra: da dove partire

Al Pramaggiore si sale in genere dalla Val Settimana; la via fornese è un po’ meno frequentata, pur offrendo dei panorami eccezionali, e un percorso decisamente vario e challenging – ma fattibile agli escursionisti allenati. I due percorsi si riuniscono poco sotto la Forcella Pramaggiore, da dove attacca la via normale.

Se preferisci spezzare l’itinerario – ed è un’ottima idea, perché la Val di Suola è davvero bella e isolata, pur trovandosi giusto sopra Forni – puoi pensare di dormire al Rifugio Flaiban-Pacherini.

Per la partenza, hai due possibilità:

  • partire da Andrazza, dove in effetti attacca il sentiero 362; dal paese, che si trova più a valle rispetto a Forni di Sopra, cammini verso il Tagliamento e superi il ponte;
  • partire dalla frazione Cella di Forni di Sotto, in corrispondenza del parco dei Laghetti di Forni.

Noi abbiamo scelto la seconda opzione per poter dire di essere partiti davvero “dalla porta di casa”. Così si aggiungono però un km all’andata e uno al ritorno; il dislivello è all’incirca simile. A Cella c’è un ampio parcheggio lungo la strada, sulla destra scendendo da Forni.

Da Forni di Sopra al Rifugio Flaiban-Pacherini

Dai Laghetti di Forni (870 mslm), grazioso parco “urbano” alle porte del paese – tre specchi d’acqua riflettono le fronde dei pini sulla loro superficie quieta – saliamo su sentiero (indicazioni) fino a incrociare la strada asfaltata in località Davost; pieghiamo sulla sinistra e iniziamo una super morbida salita lungo il versante del Cimacuta, percorrendo un tratto dell’Anello di Forni. Arriviamo così attorno ai mille metri di quota in località Palas (1025 mslm), dove termina la strada asfaltata e si allarga – per modo di dire, perché è piuttosto piccolo – il parcheggio di servizio del Rifugio Pacherini. È anche il punto in cui arriva il sentiero 362 da Andrazza.

Leggiamo la Leggenda del Drago della Val di Suola, ripartiamo: entriamo ora in Val di Suola, considerata una delle più belle delle Dolomiti Friulane.

Pur essendo una e ben definita la direzione verso il Rifugio Pacherini e lungo la valle, c’è ad un certo punto un po’ di confusione: una strada sterrata, di recente realizzazione, sale piuttosto regolarmente sul fianco sinistro del Torrente Dria, stando ben alta sopra di esso; il sentiero 362 originario, invece, tende a stare più basso e a scendere verso il greto del torrente – dove ci impone di superare le grandi colate detritiche modellate dall’acqua, orientandoci soprattutto con gli ometti.

Se guardi la traccia GPX a fine articolo, vedrai che per la salita abbiamo seguito il sentiero, e per il ritorno la carrareccia.

In ogni caso, usciamo ad un certo punto dal bosco e sì: la Val Suola è davvero bella. Soprattutto sulla nostra destra, con le prime cime aguzze a prendere forma, e di fronte a noi, dove la testata pare insormontabile.

Passiamo di fronte alla grande pietra che ricorda lo storico gestore del Rifugio Pacherini Mario Conighi, “Orso della Val di Suola” (bella la poesia incisa sulla placca di bronzo, Il pensiero nella gerla, sul ristoro finale dalle fatiche della montagna); da qui, ci resta l’ultima rampa, da fare su largo sentiero per tornanti e tra radi mughi, fino al Rifugio Flaiban-Pacherini (1587 mslm).

Il Rifugio Flaiban-Pacherini

Il rifugio si trova alle pendici di Cima Suola, su un terrazzo presso il quale scorre un ruscello. La sua sagoma in larice, la fresca fontana, le fioriture esuberanti tutto attorno – sono il pezzo forte di questa valle, e in genere di tutte le Dolomiti Friulane – un caffè preso per guadagnare slancio dopo la salita: arrivare al Pacherini è un piacere!

L’edificio originario del rifugio è nato nel 1955 – poi concesso al CAI l’anno successivo e inaugurato nel 1957 – a sostituire un povero riparo di pastori di pecore chiamato Cason di Suola; è dedicato agli alpinisti triestini Nino Flaiban e Fabio Pacherini. Semidistrutto dalle slavine negli anni Settanta, ha preso la forma attuale nel 2008.

Nota bene. In estate non puoi troppo improvvisare per pernottare, perché il rifugio è piccolino: può ospitare al massimo 14 persone (e, giusto per appunto, non ha un locale invernale). Il non esserci presi per tempo ci ha “costretti” a fare salita e discesa nello stesso giorno.

Fino a qui, abbiamo percorso 5,4 km, e 717 metri di dislivello.

Dal Rifugio Pacherini al Passo di Suola

Da ora in avanti, fino alla prossima tappa, c’è di che lustrarsi gli occhi, perché percorriamo uno dei sentieri più belli dell’intera Regione. Lo spettacolo si svolge su più piani: il grosso alla nostra destra, dove pareti, guglie e torrioni di fanno drammatici (e vicinissimi); sotto ai nostri piedi, per la ricca e varia vegetazione; tutto attorno, perché è molto facile, qui, incontrare qualche stambecco intento a brucare germogli.

Anche qui, ci sono due possibilità per salire al Passo di Suola. Ti descrivo quella più logica – l’altra la percorreremo in discesa.

Di fronte al rifugio, seguiamo le indicazioni per il sentiero 362 in direzione del Pas del Mus; saliamo con abbastanza decisione. Ignoriamo due bivi: un primo (1640 mslm) per Forcella Fantulina Alta, un secondo per il Pas del Mus (1780 mslm) – qui proseguiamo sul sentiero 363 per il Passo di Suola; tutto il tempo, dietro di noi, il rifugio si fa sempre più piccolo, e si immerge nel verde intenso dei mughi.

Superato il secondo bivio, il sentiero perde la sua pendenza, e diventa uno spettacolo da percorrere piano, prendendosi tutto il tempo che serve: manca poco più di mezz’ora – al netto di non perdersi a fotografare selvatici – al passo di Suola (1994 m), dove la vista scavalla sulla Val Rovàdia, sulla catena delle Sarodine, sul Pramaggiore (ma visto “di sguincio”).

Dal Passo di Suola al Pramaggiore

Se fino a un momento fa abbiamo avuto il compito di tenere gli occhi aperti per il paesaggio, ora abbiamo quello di mantenere il piede fermo: da qui alla cima del Pramaggiore, il sentiero si fa DECISAMENTE per escursionisti esperti, offrendo diversi tratti esposti, stretti, dal fondo sabbio-ghiaioso infido.

Per prima cosa, scendiamo dal passo di Suola in direzione Forcella Rua Alta. Dopo qualche minuto, voltiamoci: il Passo di Suola è una lama erbosa, dietro di noi. Raggiungiamo così il primo passaggio critico dell’escursione: una cengia che passa stretta contro una parete, e che ci fa aggirare un torrione. Arriviamo alla Forcella Rua Alta (2144 mslm) dopo aver salito un secondo passaggio critico, friabile, fino all’intaglio stretto tra due masse rocciose; la forcella ci immette nel catino orientale del monte; sotto di noi, la conca erbosa nel mezzo della quale sorge Casera Pramaggiore (ci si passa lungo la via di salita al Pramaggiore che parte dalla Val Settimana); qui abbiamo da salire abbastanza faticosamente un bel pendio erboso, a forza di tornanti, che arriva alla Forcella Pramaggiore (2295 mslm). Dalla forcella, uno sguardo veloce verso la parte alta della Valle dell’Inferno ci riempie di vertigine e rispetto: il paesaggio è severissimo, intenso.

Sulla forcella, ci capita di trovare uno stambecco stranamente rissoso – era stato istigato da due altri escursionisti, abbiamo scoperto. Lo aggiriamo e ci fiondiamo su per la via normale: ci sono basse nuvole a coprire la vetta ma il tempo sembra stabile, per cui ottimisti riguardo al panorama che avremmo trovato in alto, non ci facciamo demoralizzare.

La via normale al Pramaggiore

Dalla forcella si prende a sinistra, verso sud est. La parte finale dell’ascensione – 180 metri di dislivello più o meno – si svolge inizialmente su ghiaione, per poi impennarsi lungo rocce e roccette contro la spalla N-E del monte. Seguiamo sempre i bolli rossi. Ci sono diversi passaggi che richiedono di poggiare le mani, ma niente di davvero difficile – si arriva al massimo ai gradi I+ e II (solo un paio di passaggi); tuttavia serve avere concentrazione sempre alta.

In particolare, non essendo il percorso perfettamente logico, serve avere sempre sotto occhio i bolli, specialmente nel caso di bassa visibilità. Facile e bellissima cresta di anticima, e siamo in vetta al Pramaggiore (2478 mslm).

Il nostro panorama è monco, in quanto per metà occupato dalle nuvole in rapido movimento. Eppure, gli sprazzi sono eccezionali: dalle montagne friulane al mare, dai Tauri alle friulana, alle Pale di San Martino, e poi Marmolada, Civetta, Pelmo, e ancora Monfalconi, Tre Cime di Lavaredo, Cridola; ovviamente, la Carnia, le valli di Claut.

Sulla cima è presente una piccola croce con un Cristo dorato. Timidi fiori gialli spuntano tra le rocce, e noi festeggiamo il compleanno di Silvia.

La via del ritorno dal Pramaggiore

La discesa dalla cima è, come spesso succede, leggermente più complessa della salita: si sono alcuni passaggi esposti e friabili dei quali fare attenzione; alcuni passaggi vanno obbligatoriamente disarrampicati.

Torniamo poi sui nostri passi fino al Passo di Suola; qui scendiamo sul sentiero 363 fino a quota 1860 m, dove si stacca poco evidente, sulla destra, la variante per il Pacherini: più ripida, fatta di mille tornantini, ma che permette una discesa veloce. Dal rifugio scendiamo sulla carrareccia recente: leggermente più lunga del sentiero, ma più veloce.

Ciao! Siamo Silvia e Davide, nomadi digitali in versione montanara. Entrambi liberi professionisti, da 4 anni abbiamo scelto di vivere tra le montagne, spostandoci di valle in valle. Sul blog e sui social raccontiamo le terre che ci ospitano.
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Salita al Pramaggiore da Forni di Sopra: dati tecnici in breve e traccia GPX

⛰️ Dove siamo Sulle Dolomiti Friulane, settore settentrionale; Val di Suola
📍 Partenza da Laghetti di Forni di Sopra, località Celle (870 mslm)
🏅 Arrivo Monte Pramaggiore (2478 mslm)
📐 Dislivello 1608 metri
📏 Lunghezza 19,3 km a/r
⏱️ Tempo 9 ore e mezza tutta l’escursione
😅 Difficoltà Difficile
💧 Acqua Al Rifugio Flaiban-Pacherini
🗺️ Cartografia Carta Tabacco n.03 – Forni di Sopra, Ampezzo, Sauris
🛰️ Traccia GPS Sì: puoi scaricarla qui.