Oggi ti porto a fare un’escursione semplice – leggi bene la relazione però, se la intraprendi nelle stagioni fredde – verso un rifugio ben nascosto che a sua volta nasconde delle sorprese. Siamo nel settore occidentale delle Dolomiti Friulane, e la nostra meta è il Rifugio Casera Ditta, situato “da qualche parte” lungo la Val Mesazzo o Mesath, a poca distanza – eppure apparentemente da tutt’altra parte – della Diga del Vajont.
Ciao! Siamo Silvia e Davide, nomadi digitali in versione montanara. Da 4 anni abbiamo scelto di vivere tra le montagne, spostandoci di valle in valle. Sul blog e sui social raccontiamo le terre che ci ospitano.
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Da dove inizia l’escursione a Casera Ditta
Prima di tutto, raggiungiamo la diga del Vajont. Se saliamo dal Veneto passiamo oltre, facciamo le prime curve della strada e, dopo aver superato le varie falesie di arrampicata, azzecchiamo una deviazione sulla destra, evidente per le indicazioni per il parcheggio dei bus e alcuni cartelli in legno del Parco Naturale delle Dolomiti Friulane.
La direzione è Pineda, località di Erto e Casso appartata tra morbidi prati. Dall’imbocco della deviazione, percorriamo circa poco più di cinque chilometri e mezzo della stretta strada fino a raggiungere località Ponte della Frana, dove sulla sinistra è presente una piazzola sufficientemente ampia per accogliere 6-8 auto. Qui parcheggiamo. Nota bene che a Pineda, che si trova poco più avanti e da dove partirebbe il sentiero vero e proprio, non c’è parcheggio.
Un suggerimento. Puoi organizzare la gita a Casera Ditta all’interno di una giornata a tema Vajont. Nell’articolo trovi diversi spunti, luoghi e itinerari.
Dal Ponte della Frana a Casera Ditta
Lasciata l’auto nel parcheggio di Ponte della Frana (845 mslm), proseguiamo lungo la strada fino a raggiungere una ripida salita lastricata di pietre che si stacca sulla destra per arrampicarsi sul versante. Qui troviamo le indicazioni delle quali abbiamo bisogno, il segnavia 905, e un cartello sbiadito che ci invita a prenotare. Come dicono gli inglesi, more on this lates.
La forestale sale alta sul versante di sinistra della valle del torrente Mesaz, solco stretto e inciso, i cui versanti sono faggete pendentissime: camminare qui tra autunno e primo inverno, come ho fatto io, ci mostra un tappeto uniforme e verticale di foglie secche. Mentre cammino, penso che questa valle – uno di quei luoghi nei quali l’erosione, gli agenti atmosferici, le infinite manipolazioni del terreno e della roccia per via delle acque sono costanti – l’avevamo adocchiata tempo fa, scendendo da una notte molto bella a Casera Cornet con l’intenzione di fare un selvaggio giro ad anello… che poi non abbiamo fatto. Anche su questo, more on this later.
L’erosione, appunto. Mentre la pendenza della strada si regolarizza in un piacevolissimo piano bordato di alti e slanciati faggi, alternando lastricatura a pietra e sterrato, lo sguardo può guardare mezze frane, rocce sbriciolate, cortine aguzze di sabbia chiara. Il torrente scorre giù, in fondo, mentre dietro di noi c’è una bella vista sui monti che sovrastano Erto.
Dopo aver superato una fonte che però è stata captata, e quindi fonte non è più (peccato), raggiungiamo uno slargo della strada (1000 mslm). I cartelli dicono che proseguendo si potrebbe raggiungere in un’ora Casera Gnan (e salire lungo il sentiero 906 verso alcune ardite forcelle sul fianco orientale di Cima Mora e Monte Toc), mentre scendendo sulla sinistra, lungo un sentiero, si raggiunge Casera Ditta (sempre sentiero 905). Così facciamo, e iniziamo a scendere verso l’alveo del torrente…
… non prima di aver fatto una telefonata. Un ulteriore cartello ci caldeggia a avvertire del nostro arrivo, e che “senza avviso non si entra”, e chi sono io per contraddire? Chiamo – il numero è segnato – mi annuncio, e “buona camminata, ci vediamo qui”.
Giusto prima di intraprendere la discesa, conviene sporgersi verso nord per ammirare Erto spuntare tra boschi e rocce.
Il sentiero è comodo, un po’ stretto in alcuni tratti. Ci sono segnavia di vernice e ometti di pietre a guidarci, anche se in percorso è sempre evidente. Ci sono anche alcuni passaggi un po’ risicati per via dell’erosione: niente di che, ma chi soffre di vertigini potrebbe infastidirsi per la presenza del pendente versante.
⚠️ E a proposito di tardo autunno e inverno, c’è da fare attenzione – da qui fino alla Casera – per la presenza di un infido ghiaccio che si forma sotto alle foglie cadute nel bosco e sotto la ghiaia del sentiero, è può risultare micidiale. Neanche a dirlo, ramponcini sempre nello zaino.
Superiamo un ruscello tributario del Mesaz, facendo attenzione agli ometti e soprattutto alle rocce che possono risultare scivolose anch’esse. Poi seguiamo il sentiero, ora guidati da delle frecce di vernice rossa che ci permettono di evitare i più recenti tratti erosi e franati, salendo brevemente per poi ridiscendere sull’alveo del Mesaz, dove troviamo un ponticello di metallo.
Sulla riva opposta saliamo sulla destra, e in pochi minuti siamo alla base dell’insospettabile versante erboso dove sorge il Rifugio Casera Ditta (956 mslm).
Rifugio Casera Ditta
Un cane dal pelo morbido abbaia ma è in realtà un pacioccone. Un paio di gatti pigri . Cima Mora e Monte Toc, il Becol di Toc che brilla di una spolverata di neve, il torrente in basso. Un bel silenzio, il sole in faccia. Mi faccio spiegare che posto è questo, ed è così:
- è un’abitazione privata e un punto ristoro gestito da una sola persona, Adriano, che qui vive da più di vent’anni: ecco perché annunciarsi. Per logistica più che prenotare, perché “tanto un posto dove metterti a mangiare lo trovo sempre, ma almeno mi organizzo”;
- qui si è fatta la storia, perché a Casera Ditta alcuni partigiani bolognesi “si attestarono nell’ottobre 1943”, legge una targa messa dall’ANPI, “dando vita al distaccamento Tino Frediani”. Tutto attorno è un dedalo di sentieri partigiani dismessi, mezzo dimenticati; tuttavia
- i valori partigiani e la Resistenza qui sono ancora vivissimi, reali.
Nella taverna, una stufa scalda le tavolate prima che arrivi chi ha prenotato per il pranzo; i muri sono ricoperti di cimeli, articoli di giornali, vignette antimilitariste e anti interventiste, ma anche foto di pareti di roccia, disegni di vie di arrampicata, inviti a mangiare e bere.
Prendo un bicchiere di vino – anche se l’invito a fermarmi a pranzo mi tenta – e chiedo ad Adriano degli altri sentieri della zona. Mi viene risposto che tutto qui è selvaggio, dismesso, abbandonato. Anche il giro delle forcelle, la salita per Il Camp (dismessa nell’ottobre 2024), e neanche a dirlo il giro che anni fa avremmo voluto fare da Casera Cornet: passare dalla valle del Vajont alla Mesazzo è “per chi davvero ha voglia di fare un’avventura e farsi male”.
Il sottotesto è: “bisogna conoscere questi posti, altrimenti niente.”
Quindi? Finisco il vino, una coccola al cane e mi avvio al ritorno per la via della salita.
Casera Ditta è aperta tutto l’anno. Fondamentale dare un colpo di telefono: per prenotare un pranzo, ma anche per dire che si arriva. Durante il weekend e, se non ho capito male, in estate, basta davvero poco preavviso; nelle stagioni di mezzo e in inverno, durante la settimana, meglio qualche giorno di anticipo.
Escursione a Rifugio Casera Ditta: dati tecnici in breve e traccia GPX
⛰️ Dove siamo | Val Mesazzo, Dolomiti Friulane. A pochi km dalla diga del Vajont, Provincia di Pordenone |
📍 Partenza da | parcheggio in località Ponte della Frana (845 mslm) |
🏅 Arrivo | Rifugio Casera Ditta (956 mslm) |
📐 Dislivello | 300 metri circa |
📏 Lunghezza | 3,6 km l’andata |
⏱️ Tempo | 1 ora per arrivare alla casera |
😅 Difficoltà | Facile-Media, occhio al ghiaccio nelle stagioni fredde |
💧 Acqua | Sì: ruscelli/torrente, e poi alla casera |
🗺️ Cartografia | Carta Tabacco n.21 – Dolomiti di Sinistra Piave, oppure Carta Escursionistica Tabacco del Parco Dolomiti Friulane |
🛰️ Traccia GPS | Sì, dall’attacco della salita |
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