Hai presente quando ti innamori di una idea, di una foto a bassa risoluzione, di un punto sulla carta? Per me il Bivacco Ghedini è stato amore a prima vista (o meglio: appuntamento al buio). La stagione ha fatto un po’ di magheggi per farci desistere, ma alla fine, eccoci. Qualche dubbio per le poche relazioni, tanto dislivello nelle gambe, e una giornata di sole che… non potremo godere, dannata esposizione a nord!

Cosa trovi nella salita al Bivacco Ghedini:
Fatica
Difficoltà tecnica
Panorama
Ferrate a tradimento

Silvia e Davide al Bivacco Moiazza

Da Capanna Trieste al sentiero attrezzato

Parcheggiamo l’auto presso il Rifugio Capanna Trieste (1135 mslm), nel cuore della stretta – ma dai “movimentati versanti”, come recita un pannello – Val Corpassa. È mattina presto, autunno inoltrato, il sole ci metterà ancora un po’ a infilarsi qui.

In ogni caso, questa è una escursione “nord centrica”, e di sole comunque ne vedremo poco, specie nei momenti clue dell’itinerario. Poco importa: però tienine conto.

La prima ora di trekking è un riscaldamento muscolare: seguiamo la carrareccia/sentiero 555 che sale regolare al Rifugio Vazzoler. Camminiamo veloci per tenere lontano il freddo, mentre attorno a noi il foliage si sta esprimendo al meglio, in un tripudio di rossi cupi e gialli sparati.

Lasciamo perdere la deviazione per il sentiero 554 (direzione Busa del Camp e Rifugio Carestiato) e facciamo tre altri lunghi tornanti fino a incontrare quella per il sentiero 558 (1625 mslm). I cartelli elencano una serie di luoghi mitici, da acquolina. Al Vazzoler ci andremo un’altra volta!

Il sentiero 558 inizialmente si svolge in leggera pendenza, tra i densi mughi del Pian delle Taie. Camminiamo alla base della Torre Trieste, imponente pinnacolo di 2458 metri. La traccia si fa sempre più stretta (occhio al versante sulla destra!), la pendenza aumenta. L’orientamento si fa più complesso – dobbiamo stare attenti a individuare segni e ometti. Ci sono alcuni saltini di roccia da superare, un mezzo canalone da percorrere, l’innesto del sentiero 558 per il Van delle Sasse da ignorare… e parte la pendenza.

Il sentiero ora sale deciso, i segni sono abbastanza evidenti ora, di fronte a noi si materializzano delle convulse pareti: difficile credere che andremo proprio ad infilarci lì, chissà dove… e ci sono anche tre piccoli nevai sospesi a guardarci.

Torre Trieste Cantoni di Pelsa

Il tratto attrezzato

Saliamo dei gradoni di roccia, schiviamo il primo nevaio, saliamo su una lastra di roccia che trattiene uno sbriciolio ingannevole… ed ecco il primo cavo d’acciaio. Chiudiamo le bacchette da trekking e lo superiamo facilmente, e arriviamo all’attacco del secondo.

Ora: le relazioni – poche – che avevamo letto, parlavano di un tratto attrezzato di una cinquantina di metri di dislivello, non banale.

Confermiamo che banale non lo è per niente. Prima di tutto, l’attacco è difficile: posto per i piedi ce n’è poco, il cavo segue una curva della roccia leggermente strapiombante, e punta verso l’alto. Ci rendiamo conto che sarebbe stato piacevole avere il caschetto. E che con imbrago e longe, sarebbe stato il momento giusto per ripassare l’arte della ferrata.

Per il resto si sale praticamente in verticale, prese e appigli non mancano anche se ci sono un paio di superfici davvero lisce, d’effetto. Cinquanta metri di dislivello più in alto, il cavo finisce. Ci sediamo qualche minuto su uno dei pochi punti piatti e sicuri di questo versante, e guardiamo il punto d’arrivo della ferratina: impressionante vedere come sparisce nel vuoto.

Insomma, non è una ferrata, ma un solo tratto di cavo piuttosto verticale (specie nell’attacco). Il caschetto fa comodo averlo, ma se vuoi anche imbragarti non è sbagliato (anche perché dal bivacco partono ferrate strepitose…metti che ti venga voglia!).

Silvia Bagaglio Leggero AvatarSilvia

 

Davide nel sentiero attrezzato

Verso il Van delle Nevere

Riprendiamo a camminare, con lo spettro di dover disarrampicare la ferrata al ritorno. Vabbé: non pensiamoci adesso!

Il sentiero adesso sale come un dannato. Il fondo è sdrucciolevole e coperto di ghiaino, la pendenza proibitiva. La traccia ben segnata fa mille tornantini, sale in un anfiteatro di roccia davvero bello. Mi volto spesso: la vista sui Cantoni di Pelsa – un vero e proprio castello da libro fantasy – e sul resto della Moiazza è incredibile, sono torri e pinnacoli irreali, pallidi come ci si aspetta dalle Dolomiti.

Dopo una buona mezz’ora di sudore, due buone notizie: siamo a tiro di un timido sole (l’esposizione, l’altezza delle pareti circostanti e la stagione impediscono al sole di esprimersi al meglio, qui), e la pendenza si riduce. Si profilano davanti a noi delle bancate inclinate di roccia quasi bianca: le percorriamo. Siamo nel Van delle Nevere, che mi aspettavo già innevato… e infatti, la neve arriva. Prima sotto forma di ghiaccetto super scivoloso su roccia, poi di un nevaio residuo nella conca sotto al bivacco.

Silvia in discesa dalla Moiazza

A proposito di bivacco: eccolo! Superiamo il nevaio senza problemi – è in piano, e la neve è ghiacciata: i ramponi non servono (ma li abbiamo, a differenza del set da ferrata). Ultimo sforzo, un po’ disagevole per il ghiaccio, la salita della crestina sulla quale si trova il bivacco Ghedini.

Bivacco Ghedini Moiazza

Il Bivacco Ghedini Moiazza

O meglio, “Mojazza”, come recita la scolorita placca sulla facciata del bivacco. Quota 2601, l’aspetto delle casette del monopoli, un feeling da casetta del ranger: può sembrare un aggettivo inflazionato, ma il Bivacco Ghedini è davvero insospettabile. Più che altro non te lo aspetti in una posizione del genere: dov’è la scatoletta rossa?

Silvia e Davide al bivacco Ghedini

Dentro: 4 posti letto, materassini e coperte, un libro del bivacco in cui si parla di piedi freddi e, come quello del Bivacco Grisetti, giusto al di là di queste cime, di lunghe e contorte attraversate di più giorni (che invidia).

Fuori: Forcella delle Nevere, l’arrivo della ferrata Costantini proveniente dal Carestiato, l’attacco del tratto di discesa, la vertigine sul Van dei Oantoi, la Moiazza Nord. Spettacolare.

Silvia al Bivacco Ghedini

E la ferrata in discesa?

Come da programma: una botta di adrenalina non indifferente. Ma si fa. (Attenzione a non smuovere sassi, soprattutto nei primi passaggi della discesa.)

Panorama dalla Moiazza sulle Dolomiti agordine

Trekking al Bivacco Ghedini Moiazza: dati tecnici in breve

Dove siamo: Dolomiti, sulla Moiazza, ad ovest di Cima Moiazza Sud. Puntiamo al punto di arrivo della ferrata Costantini.

Partenza: Capanna Trieste (1135 mslm)

Arrivo: Bivacco Ghedini Moiazza (circa 2601 mslm)

Dislivello: 1466 metri

Tempo: 7 ore e mezza tutta l’escursione

Difficoltà: difficile. Dislivello, pendenza, fondo ghiaioso e presenza di neve tutto l’anno lo rendono un percorso per escursionisti più che esperti. In più, i 50 metri di cavo metallico sono davvero vertiginosi (soprattutto in disarrampicata).

Acqua: inesistente

Cartografia: Carta Tabacco n. 25, Dolomiti di Zoldo, Cadorine e Agordine (se non ce l’hai puoi comprarla su Amazon)

Bivacco Ghedini Moiazza - pin