Dopo la salita al Montasio, non poteva mancare la via normale allo Jôf Fuart. Certo, avremmo potuto non salirla proprio il giorno dopo, caricando altro dislivello sulle gambe già affaticate, ma un’improvviso cambiamento delle previsioni del tempo non lasciava dubbi: o adesso o… l’anno dopo! E quindi eccoci, a percorrere la salita ad una delle cime più soddisfacenti e panoramiche di tutto il Friuli Venezia Giulia!
Ciao! Siamo Silvia e Davide, nomadi digitali in versione montanara. Entrambi liberi professionisti, da 4 anni abbiamo scelto di vivere tra le montagne, spostandoci di valle in valle. Sul blog e sui social raccontiamo le terre che ci ospitano.
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Da Sella Nevea a Malga Grantagar
Raggiungiamo Sella Nevea e proseguiamo in direzione Lago del Predil. Superati i quattro tornanti di Malga Credegnul di Sotto, apriamo gli occhi per la prima sterrata sulla sinistra: la inforchiamo e saliamo per un chilometro, direzione Rifugio Corsi, fino alla sbarra che ne vieta l’accesso (1060 mslm). La strada è percorribile da qualsiasi auto.
Imboccata la sterrata, dopo un paio di centinaia di metri, superato un grande rudere, incontrerai in corrispondenza di una curva un grosso masso, sulla sinistra. Si tratta di un enorme “cippo di confine” che, nel corso della storia, ha separato Venezia prima, e Italia poi, dall’Austria per quasi 200 anni. Un paio di bassorilievi riportano il Leone di San Marco e lo stemma Asburgico.
Piccolo spoiler: la salita è luuuunga. Quindi è bene saperlo da subito e mettersi “il cuore in pace”.
Ci incamminiamo lungo la strada bianca che sale con numerosi tornanti. Il bosco è molto luminoso, i colori autunnali splendono, ma il fondo in molti punti è cementato e piuttosto pendente… non proprio divertente, ecco!
Dal 2024, puoi salire a Malga Grantagar seguendo la nuova tratta del sentiero 628 dedicata all’alpinista Ignazio Piussi. Il dislivello è lo stesso ma, dato che si svolge lungo il rio, il sentiero ti permette di ridurre sensibilmente la lunghezza. Trovi una bella descrizione tra i commenti in fondo a questo articolo.
In circa 1 ora e mezza arriviamo agli splendidi pascoli dell’alpeggio di Malga Grantagar (1530 mslm). La vista da qui è davvero incredibile, con lo Jof Fuart e il Canin, rispettivamente a nord e a sud, a incorniciare lo scenario.
Da Malga Grantagar al Rifugio Corsi per il Sentiero dei Tedeschi
Non saliamo alla malga perché da qui ci sono due possibilità:
- proseguire sulla strada bianca lungo un agevole sentiero che sale al Rifugio Corsi
- salire per il più difficile Sentiero dei Tedeschi
La nostra salita sarà ancora lunga, quindi scegliamo di proseguire per il più veloce (circa 20-30 minuti in meno) – ma più ripido – Sentiero dei Tedeschi e di lasciarci la strada bianca per il rientro… quando saremo più stanchi.
Durante la Prima Guerra Mondiale, le zone circostanti al rifugio furono teatro di numerose e sanguinose battaglie, poiché la linea di confine tra il Regno d’Italia e l’Impero Austro-Ungarico passava sul crinale Montasio-Jôf Fuart.
Per imboccare il Sentiero dei Tedeschi bisogna mirare alla stazione teleferica che si trova sulla destra della conca prativa della malga. Il sentiero si fa una stretta traccia che sale piuttosto ripida. Alcuni tratti sono assicurati da una fune che aiuta a superare qualche passaggio delicato da fare a filo di una parete strapiombante, mentre la vista si apre sui prati della malga, ora in basso, che si colorano d’autunno.
PS All’imbocco del Sentiero dei Tedeschi è presente un tubo da quale è possibile bere.
Il sentiero è abbastanza esposto e alcuni punti franati richiedono piede fermo e capacità di muoversi in questi ambienti. Ovviamente, se la tua meta è lo Jof Fuart sono abilità che comunque dovrai avere per raggiungere la cima. Se invece vuoi soltanto arrivare al Rifugio Corsi, valuta se questo sentiero può fare al caso tuo: è breve, ma da non sottovalutare.
Con il Sentiero dei Tedeschi, in meno di un’ora siamo al Corsi. Scegliendo invece il sentiero 625, servirà circa 1 ora e un quarto (noi scenderemo per di qua, trovi la descrizione in fondo).
Il Rifugio Corsi e il bivacco
Il Rifugio Corsi (1874 mslm) – finestrelle rosse e coperture in legno – è situato in un anfiteatro a dir poco spettacolare, ma purtroppo è chiuso. O meglio è chiuso da tantissimi anni per seri problemi di smottamento, di finanziamento, di gestione e chi più ne ha, più ne metta. Un vero peccato, perché la struttura è piuttosto grande e ancora bella.
La celebre tavola di legno colorata con l’altrettanto celebre frase di Julius Kugy, Una montagna s’impara a conoscerla davvero quando ci si dorme sopra, è spezzata.
Attorno a noi, le Cime Castrein, lo Jof Fuart – anche se non possiamo apprezzarne la cima – le Madri dei Camosci, la Cima di Riofreddo e quella del Vallone.
In compenso, subito dietro al rifugio si trova un piccolo ma delizioso bivacco in legno con una porticina rossa. All’interno sono presenti 8 posti letto con materassi, coperte e cuscini e un piccolo tavolino (niente stufa o fornella) e una deliziosa finestra aperta sulle pareti dello Jof Fuart.
Dal Rifugio Corsi allo Jôf Fuart per la via normale
Ci rimbocchiamo le maniche perché da qui inizia la salita vera e propria. L’orientamento non è banale, qui, perché le indicazioni presenti non aiutano molto.
Il sentiero è il 625 che sale praticamente verticale sui pendii erbosi che si trovano sopra al rifugio. L’ambiente è quello strepitoso delle Giulie: roccia pallida, mughi di un verde intenso dai quali spunta l’occasionale larice dorato. Ci ritroviamo sulle prime rocce da oltrepassare con cautela, con il sentiero che si svolge tra alti balzi di roccia calcarea e pendii erbosi. Ogni tanto ci voltiamo per ammirare lo scenario stupendo che lasciamo alle nostre spalle: la sagoma del rifugio si staglia in maniera delicata sulla morbida conca colorata d’oro.
Raggiungiamo così una parete verticale che pare bloccare il passo. Destra o sinistra? Nel dubbio, prendiamo a sinistra.
Attenzione! Noi qui abbiamo sbagliato, girando verso sinistra in direzione Forcella Mosè. Non ci sono cartelli, ma nella traccia puoi vedere il punto che ci ha tratto in inganno.
Torniamo sui nostri passi e, poco dopo, sulla sinistra troviamo la deviazione, non molto evidente, ma indicata da una freccia rossa un po’ scolorita. Fai attenzione a questo punto perché è l’attacco del sentiero che porta alla cima. Vedi la FOTO qui sotto.
Il primo strappo praticamente verticale ce la dice lunga sul carattere della via normale allo Jof Fuart. Qui decidiamo di indossare il caschetto.
Caschetto e imbrago servono? Caschetto obbligatorio! Imbrago, dipende da te. Noi, quando si parla di vie ferrate o tratti attrezzati non brevi, scegliamo sempre di averlo. Una sicurezza in più che può cambiare il corso delle cose. Ognuno valuta sulla sua pelle, ma noi sentiamo di consigliarlo perché comunque alcuni passaggi possono risultare delicati.
Per la via normale si affrontano numerosi strappi di corda fissa, alcuni anche piuttosto esposti e un po’ umidi, ma mai troppo difficili da superare. Ovviamente il sentiero è da affrontare solo con condizioni metereologiche favorevoli.
Stiamo percorrendo il fianco dell’Alta Madre dei Camosci. Entriamo al di sotto di un grande arco di roccia formato da un masso incastrato dov’è necessario accucciarsi un po’ e continuiamo a seguire il sentiero ben segnalato tra spezzoni di via ferrata, ghiaia, balzi erbosi e grossi massi. Fondamentalmente alterniamo alcuni tratti “da concentrazione” a tornantini che salgono uniformi. La pendenza non è delle più selvagge, ma il dislivello inizia ad accumularsi.
L’orientamento è a questo punto abbastanza evidente: basta seguire la traccia, i bolli rossi e l’occasiona scritta a vernice “Jof Fuart”.
Incrociamo il Sentiero/Ferrata Anita Goitan e, cento metri più in alto, l’arrivo della famigerata Gola Nord Est, sulla destra, Continuiamo in direzione sud est, seguendo i bolli fino ad arrivare alla sella che separa le due cime dello Jof Fuart.
La cima dello Jôf Fuart
Sì, perché lo Jof Fuart in realtà ha due cime e, sebbene quella più alta sia quella a nord (2666 mslm), quella con croce di vetta e madonnina è l’altra, a sinistra rispetto alla selletta.
Dalla selletta che divide le due cime prendiamo così la sinistra per gli ultimissimi metri. Seguiamo i bolli rossi, risaliamo con un po’ di agilità – ormai quasi esaurita – un muretto a secco e alcuni gradoni e ci troviamo finalmente sulla cima dello Jof Fuart (2660 mslm).
Oltra alla madonnina bianca (alla cui base si cela il libro di vetta) c’è una bellissima croce di metallo, ma soprattutto una vista a dir poco grandiosa! La giornata è perfetta e da qui si vedono il Canin, il Montasio e il Mangart in tutta la loro bellezza, oltre che il Bivacco Vuerich, la catena del Castrein, il Buinz e il Tricorno, lontano.
Attorno a noi solo cuccioli di stambecchi che si aggirano curiosi. Spettacolare a dire poco: la cima vale tutti i 1600 metri di dislivello!
La discesa per il sentiero facile
In breve – perché temiamo l’arrivo della stanchezza. Scendiamo per la via della salita fino al Rifugio Corsi. Giusto prima del rifugio, prendiamo sulla destra il sentiero 625 che, superato un greto in secca e saliti pochi metri di dislivello, prende ad aggirare l’Ago di Villago. Troviamo ad un certo punto l’indicazione che punta verso il basso per il sentiero 628. Una serie di tornantini ci deposita in una bella conca bordata di larici d’oro. La attraversiamo, e sbuchiamo a Malga Grantagar, proprio in corrispondenza della gradita e gelida frontana.
L’ultimo tratto di discesa è l’eterna strada cementata di servizio della malga.
Via normale allo Jôf Fuart: dati tecnici in breve
⛰️ Dove siamo | Tra le Alpi Giulie, sulla catena Montasio-Jof Fuart |
📍 Partenza da | Parcheggio tra Sella Nevea e Lago del Predil (vedi relazione, 1060 mslm) |
🏔️ Arrivo | Jof Fuart (2660 mslm) |
📐 Dislivello | 1600 metri |
📏 Lunghezza | 6,7 km la salita |
⏱️ Tempo | 6 ore la salita. Per tutto il giro vanno calcolate 10-11 ore |
😅 Difficoltà | Difficile. Si tratta di una via alpinistica che combina lunghezza e ambiente non banale (e semplici tratti attrezzati) |
💧 Acqua | A Malga Grantagar (fontana), oppure tubo all’imbocco del Sentiero dei Tedeschi |
🗺️ Cartografia | Tabacco 1:25.000 n. 19 – Alpi Giulie Occidentali, Tarvisiano (se non ce l’hai puoi comprarla qui) |
🛰️ Traccia GPS | Sì: della salita, e della discesa dal Corsi per il Passo degli Scalini |
Bella presentazione, molto professionale
Grazie Antonio, ci fa davvero molto piacere!
Da un paio d’anni la strada militare è aperta per permettere alle auto di raggiungere malga Grantagar ( gentilissimi e si mangia da Dio, possibilità di acquistare formaggi e ricotta).In questo modo si evita la parte più monotona e faticosa.
Grazie Diego, ce lo avevano detto, ma noi siamo saliti ad ottobre dello scorso anno e la sbarra era chiusa.
Forse la strada è aperta solo quando è aperta la malga?
Descrizione calzante, in effetti la sbarra è aperta solo durante l’apertura della malga, in forza di una legge regionale che deroga dal divieto di transito per le auto che usufruisco dei sevizi delle malghe (pasti, alloggi, acquist). Da quest’anno è aperto un sentiero che dalla carrareccia a destra prima della sbarra porta al penultimo tornante evitando la strada. Ha lo stesso numero 628 e si sviluppa nel bosco del Rio Grantagar. All’ultimo tornante a sinistra evita la rampa finale cementata percorrendo il crinale con manufatti A. U. fino alla teleferica del Corsi. È dedicato a Ignazio Piussi misconosciuto grande alpinista. In realtà il sentiero inizia sulla sponda occidentale del Rio Torto, poco più a est dell’accesso alla strada per la malga, ed è da preferire per chi si accontenta di salire alla malga attraverso il bosco e arrivarci con un certo appetito.
Loris, grazie per la precisissima descrizione del sentiero 628 “Ignazio Piussi”! Integriamo l’articolo, così chi passa di qua e vuole camminare ha – finalmente! – la possibilità di farlo con meno “noia”. Grazie ancora :-)