Secondo alcuni – me compreso – la bellezza della montagna è la possibilità di uscire dai sentieri. Non serve fare grandi cose, né buttarsi a capofitto in avventure scalmanate. Alle volte basta solo uscire dal novero dei sentieri che hanno un numero, e ti si può aprire davanti una giornata inaspettata.
L’unico problema? Che è difficile descrivere a parole queste escursioni, prive come sono di riferimenti precisi.
Per seguire questa relazione ti obbligo ad avere sotto mano la carta Tabacco!
La partenza da Ugovizza
Svoltiamo dalla statale Carnica per Ugovizza, piccolo borgo incastrato tra le alte pareti della valle. L’atmosfera che si respira qui – i tetti a punta, la caserma del corpo dei pompieri volontari a inizio paese, lo stesso nome del borgo – è più austriaca che italiana (o slovena, come nelle frazioni attorno alla vicina Tarvisio). La strada asfaltata sale i ripidi versanti della valle di Ugovizza con alcuni tornati, ma superati i 1000 metri di quota il paesaggio si apre. Al primo ponte svoltiamo sulla sinistra, saliamo altre quattro o cinque curve, e parcheggiamo lungo la strada (1050 mslm circa).
Mettiamo gli scarponi, e seguiamo la strada asfaltata. È un weekend dei morti insolitamente caldo, e il cielo è già aperto su un azzurro cristallino (l’indomani, salendo in zona Rifugio Pellarini, troveremo una giornata decisamente uggiosa). Dopo pochi minuti intravvediamo il legno chiaro del Rifugio Gortani (1100 mslm) sulla nostra destra. Lo visiteremo per un tè caldo, al ritorno.
Inizia qui la nostra escursione attraverso un mondo di sentieri non numerati. Prendiamo la prima forestale sulla destra. Piacevolmente pendente, attraversa un bosco dalla bella atmosfera. Da queste parti passa il giro delle malghe chiamato Puanina Tour, che ci ripromettiamo di fare quanto prima. Si cammina bene, e non ci sono problemi di orientamento.
Al primo bivio (1450 mslm circa), prendiamo sulla destra. Una decina di minuti e ci appare un bell’edificio (1460 mslm, segnato in carta). La mole quadrata, ben restaurata, faceva parte del villaggio Cocco, una “colonia” per lo sfruttamento della miniera i cui ingressi si trovavano subito sotto la cima del Cocco. Nickel, ferro e manganese: la piccola attività estrattiva aveva attirato qui, subito dopo l’annessione all’Italia di queste terre, una popolazione di 200-300 persone. La miniera è stata chiusa nel 1948, e gli edifici in legno abbattuti entro i primi anni sessanta. Resta appunto questo stabile: peccato che siano stati ristrutturati solamente il perimetro esterno e il tetto!
Tagliamo un paio di tornanti della forestale passando per il bosco dietro l’edificio, e – ora sì – il paesaggio si apre davvero. Ci voltiamo: dietro di noi ammiriamo il lontano Mangart, appena imbiancato dalle prima nevi.
Salita al Monte Cocco: un percorso difficile da descrivere
Ora l’itinerario si fa più difficile… ma solo da descrivere. Si inforca la prima deviazione della forestale sulla sinistra, quella che piega verso ovest, altrimenti si raggiungerebbe Forcella di Fontana Fredda, e si scavallerebbe in Austria. La nostra invece si perde, diventa sentiero, a volte traccia, tra l’erba umida che copre questo versante della montagna. Si sale decisi in direzione occidente fino a quota 1814 mslm: ora sei su una sella erbosa tra il Monte Cocco, alla tua sinistra, e Cima Bella alla tua destra. Il panorama è splendido. Dalla sella, si vedono gli ingressi crollati della miniera.
Tra i due, scegliamo il meno frequentato Monte Cocco. La salita alla cima – poco più di 120 metri di dislivello – si fa seguendo un po’ a occhio una traccia tra i mughi, che solo verso la cima diventa più evidente. Queste sono terre di scialpinisti, infatti in carta vedi la traccia azzurra a loro dedicata.
Eccoci sulla cima del Monte Cocco (1941 mslm), dalla quale un panorama amplissimo ci ripaga delle fatiche della salita. C’è la Creta di Aip, bellissima. La dorsale Carnica, verso nord, lungo la quale possiamo seguire il tratto di Traversata Carnica che ancora ci manca. Verso sud l’immancabile Jof di Miezegnot, e più ad est ancora il Mangart.
Una discesa ancora più misteriosa…
A questo punto, per scendere, seguiamo la dorsale erbosa del Monte Cocco in direzione ovest. L’obiettivo è quello di scendere di quota fino a intercettare la prima forestale disponibile. E così facciamo: perdiamo quasi 200 metri di quota attraverso un bel bosco fino a raggiungere la traccia che proviene dalla sella di cui sopra (la trovi segnata in carta), che ci porta alla forestale che all’incirca circumnaviga il Monte Cocco a metà versante.
La forestale, a questo punto della giornata, è proprio un bel camminare. Rilassante, quasi in quota, con improvvise finestre sui monti circostanti. Baite isolate occupano i pianori più soleggiati, e sono bellissime. Qui serve un po’ di orientamento, perché in realtà la rete di carrarecce di questo versante è abbastanza fitta. Infatti arriviamo al punto più a sud, inforchiamo una brevissima deviazione, e ci troviamo all’ingresso di una baita stupenda (1407 mslm in carta), nel cortile della quale i due anziani padroni sono impegnati nei lavori della legna. Da qui, la vista sul Mangart – anticipata da un bellissimo pratone – è spettacolare. Chiediamo la strada più veloce per il Rifugio Gortani: è facile, scendete il prato, poi il bosco, e ci siete.
Questa manovra in realtà ci porta attraverso versanti davvero molto pendenti e ricoperti di foglie cadute fino alla Val Rauna (1276 mslm). Attraversato alla meno peggio il torrente, ci troviamo in quello che davvero può essere definito come un angolo di paradiso: baite ristrutturate alla perfezione, l’acqua gorgogliante nel mezzo e i campanacci delle mucche a fare da colonna sonora, i prati verdissimi e il sole del tramonto che infuoca le punte dei larici a fare da tavolozza.
Da metà valle il nostro percorso si correda FINALMENTE di indicazioni chiare e prende un nome: è il sentiero 504, che in venti minuti ci riporta in zona Rifugio Gortani per quel famoso té caldo.
Ciaspolata al Monte Cocco
Tanto ci è piaciuto questo giro, che abbiamo deciso di rifarlo… con le ciaspole ai piedi. La salita al Monte Cocco, la sua sommità quasi piatta, la discesa dal bosco e la rete di forestali che lo avvolgono sono perfette per una ciaspolata tranquilla, dai dislivelli contenuti (ma non banali), e dai panorami strepitosi.
Ovviamente, per quanto il giro non sia tecnicamente difficile, è importante sempre consultare il bollettino valanghe prima di intraprendere l’escursione ed essere attrezzati a dovere.
Un’ultima avvertenza, ancora più valida che per il giro senza neve, è per l’orientamento: in questo caso, una traccia Gps può aiutare molto (soprattutto se non hai tracce di fronte a te).
Spesso si abbina la ciaspolata/scialpinistica al Monte Cocco con quella di Cima Bella della quale trovi la relazione in questo articolo.
Salita al Monte Cocco e giro ad anello: dati tecnici in breve
Partenza: parcheggio lungo la strada a quota 1075 mslm, poco più in basso del Rifugio Gortani (1100 mslm)
Arrivo: Monte Cocco (1941 mslm)
Dislivello: 866 mt
Tempi: 5 ore l’intero anello
Difficoltà: media. A livello tecnico non sono presenti difficoltà. L’unico vero problema è rappresentato dall’orientamento, per cui è obbligatorio avere sotto mano la carta topografica.
Cartografia: Tabacco n. 19, Alpi Giulie Occidentali – Tarvisiano
Percorso fatto ieri….tra i non sentieri…BELLISSIMO. Davide Z scrivi divinamente, trasmettendo tutte le emozioni ed i paesaggi. Grazie! e grazie per il tuo sito, da cui trarre spunto.
Ciao Annia! Intanto, benissimo che l’hai fatto… è un giro anche secondo noi molto bello, di tranquilla esplorazione, mai troppo difficile (basta avere sott’occhio la “bussola”!).
Però… grazie del complimento, per me natura ed emozioni vanno di pari passo, e spero sempre che questo traspaia dalla mia scrittura – anche quanto si tratta di una semplice relazione!
Bello il giro e la descrizione! Forse ci proviamo domani, con la neve 😍
Vedrai che non te ne pentirai… la vista poi da sopra è bellissima.
Unica cosa: occhio al giro ad anello, se non ci sono tracce può essere complicato l’orientamento!
Buona gita!