2407 metri di altezza e un panorama così grandioso da lasciare senza fiato. Il trekking al Sasso Bianco è un giro strepitoso che permette di ammirare le più belle cime delle Dolomiti senza troppa fatica (eccezione fatta per i 1200 metri di dislivello).
Ti raccontiamo come fare un giro ad anello davvero fantastico!
Da Caracoi Agoin a Bramezza
Parcheggiamo l’auto nei pressi del microscopico parcheggio di Caracoi Agoin (1256 mslm) e imbocchiamo subito il sentiero che sale verso il monte. Il sentiero è segnalato CAI ma non è numerato, e passa dapprima per un “tetto” roccioso e poi per un piccolo ponte che attraversa l’impetuoso Ru de Molin, prima di continuare in morbida salita.
In circa 30 minuti arriviamo al piccolo borgo di Bramezza (1452 mslm). Piccolo, isolato, solitario e super panoramico, in una parola: incredibile. Camminare per le viuzze di questa deliziosa frazione significa lasciarsi rapire dai suoi stupendi scorci, con la splendida parete ovest del Monte Civetta e il Lago di Alleghe in pole position.
La grande fontana del paese del 1916, i tabià ristrutturati, i balconi fioriti: tutto è capace di catapultarci immediatamente in un’altra dimensione, dove la natura regna sovrana silenziosa sugli avamposti dell’uomo.
In realtà si dice che a Bramezza abitassero alcuni prigionieri turchi della Serenissima Repubblica di Venezia dopo la battaglia di Lepanto. Per questo motivo, sul tetto di una casa si vedono due camini rotondi, molto diversi dall’abituale architettura alpina, che vengono chiamati appunto “camini turchi”. Anche la stessa topomastica di Caracoi Agoign e Caracoi Cimai, sembrerebbe confermare questa ipotesi: “kara köy” significa “villaggio nero” in turco.
Casera Bur (1632 mslm)
Continuiamo la salita lungo il sentiero fino a raggiungere un cartello che indica di prendere a sinistra verso Casera Bur e cima del Sasso Bianco. In meno di 20 minuti arriviamo nel bellissimo pianoro della Casera Bur (1632 mslm). Il nostro amore per i bivacchi è noto e non resistiamo dal curiosare l’interno della casera.
L’edificio è davvero ampio e composto da due stanze separate. Una parte è adibita a legnaia, con un grande ripostiglio, mentre nell’altra si trova la cucina con stufa economia e alcune vettovaglie. Una scala in legno porta al piano superiore nel sottotetto, dove ci sono due letti con materassi (che hanno visto tempi decisamente migliori), due comodini (davvero!) e stop.
Verso la frana del Monte Piz e la sella del Sasso Bianco
Da qui la salita inizia a farsi più dura. Ci troviamo infatti un tratto di sentiero asfaltato che, con una pendenza decisamente notevole, ci porta fino al monumento commemorativo della frana del Monte Piz (circa 1745 mslm).
É il gennaio del 1771, e un modesto montarozzo, il Monte Piz, dopo una carriera di rocce isolate lasciate cadere a valle, si scatena in una frana catastrofica. Una cinquantina di morti, diverse frazioni travolte, altre gradualmente sommerse dall’acqua del Fiume Cordevole che andava formando il lago.
In venti giorni, un bacino idrico di 4 chilometri di lunghezza occupava questo segmento di valle.
Dal monumento/memoriale si vede perfettamente la liscia superficie di scorrimento che ha originato la frana.
Non ci lasciamo tentare dalla panchina assolata che domina la valle e proseguiamo la salita finché ci ritroviamo su un bellissimo sentiero erboso che costeggia il monte in falsopiano.
Il bosco si fa sempre più rado e i pendii erbosi assolati ci conducono fino al versante sud, con vista sulla cima del Piz Zorlet, sulle Cime di Pezza e, in basso, sul Rifugio Sasso Bianco e sulla Casera Le Mandre (dove eravamo stati solo il giorno prima!).
Quattro stambecchi ci sfrecciano davanti tagliandoci la strada nei pressi del bivio a 1955 mslm. Continuiamo dritti verso la cima del Sasso Bianco.
Dopo qualche metro, aggirato il Monte Forca, ci lasciamo sulla destra la traccia per Giardogn. Te la segnalo, perché al ritorno scenderemo da qui per fare il bellissimo anello. La trovi comunque segnalata da un cartello.
La salita lungo la via normale del Sasso Bianco
Il sentiero si inerpica sempre di più oltrepassando alcuni abbondanti accumuli di neve. Schiviamo anche la salita al Sasso Nero, e siamo su un’ampia forcella. Un cavo metallico aiuta un passaggio più delicato e ci ritroviamo, dopo un lungo e panoramico traverso, sotto la sella del Sasso Bianco.
La vista su Pelmo e Civetta è strepitosa, ma l’obiettivo è raggiungere la cima. Per la precisione, la più alta delle tre che compongono il Sasso Bianco (la prima, Cima de Pian, è raggiungibile seguendo una prima traccia). Il pendio è completamente erboso e sono gli ultimi metri di dislivello, ma perdiamo completamente la nostra, di traccia: il “sentiero” infatti ad un certo punto si stacca dalla traccia per piegare sulla destra, in corrispondenza di un paio di omini. Perderlo è probabilissimo, ma in tal caso, come diciamo noi: “tira su dritto!”
E così, decidiamo di salire ad occhio, aiutandoci con le bacchette dato che la pendenza è davvero notevole.
Finché non ci perdiamo, la traccia è un sottile nastro di terra marrone che taglia e risale il versante erboso. Nota bene: non salire come noi, “in verticale”, se ha appena piovuto o sta piovendo: l’erba diventa estremamente scivolosa!
La cima del Sasso Bianco
Ore 12.00: le campane del paese rintoccano perfettamente la fine della nostra salita. Siamo sulla cima del Sasso Bianco, a 2407 mslm.
E niente… il panorama è incredibile. Uno dei più bei belvederi in assoluto. Essere nel cuore delle Dolomiti certo aiuta, tanto che la vista a 360° è da capogiro. Civetta e Pelmo in primo piano, enormi, magnifici. Ma non solo: la Valle del Cordevole, la Conca Agordina, le Pale di San Lucano, il mio amato Agner, la Valle del Biois con Cima Pape, le Pale di San Martino, le vicinissime Cime d’Auta, la Marmolada, il Sassolungo, il Piz Boè il Sass de Stria, le Tofane… devo continuare?
In effetti sì, continuerei a guardarle all’infinito. E la cosa bella è che chiunque può salire quassù, a patto di avere buona gamba, dato che non ci sono difficoltà tecniche da superare.
La croce di vetta del Sasso Bianco, di contro, è piuttosto modesta, ma evidentemente con questo panorama, la cima non aveva bisogno di ulteriori orpelli.
Ps: sai perché si chiama Sasso Bianco? Salendo (come noi da Sud) è impossibile a dirsi, ma prova a guardarlo dalla Val Pettorina…
La discesa dal Sasso Bianco per la variante: Giardogn
Scendiamo dalla cima del Sasso Bianco prendendo la traccia che dalla croce prosegue verso ovest. In 10 minuti arriviamo alla Cima de Pian (2400 mslm) lungo un bellissimo crinale erboso.
Ritorniamo così alla deviazione verso Giardogn che imbocchiamo: è un tratto del sentiero 682. I primi metri sono ancora molto innevati e da fare con cautela.
Il sentiero scende piuttosto facilmente verso i fienili di Giardogn (circa 1900 mslm). Ci ritroviamo così di fronte ad un delizioso spazio erboso con tantissimi rustici di legno, uno più bello dell’altro.
Continuiamo a scendere passando altri fienili con vista spettacolare sulla Civetta. Ti assicuro, sono luoghi decisamente non adatti per deboli di cuore! Io ne ho lasciato un pezzettino sugli ingressi di molti dei tabià visti.
Proseguiamo infine lungo la strada sterrata che punta in direzione di Caracoi Cimai. La strada si fa a tratti ripida, ma una volta arrivati (e rigenerati dall’immancabile fontana del paese), prendiamo sulla destra la strada che collega i paesi di Caracoi Cimai a Caracoi Agoin.
Trekking al Sasso Bianco: dati tecnici in breve
Dove siamo: a ovest del Lago di Alleghe, sulla propaggine orientale della catena dell’Auta. Dolomiti dell’Agordino, provincia di Belluno.
Partenza: Caracoi Agoin (1256 mslm) c’è un piccolo parcheggio per le auto (massimo 4 posti)
Arrivo: Sasso Bianco (2407 mslm)
Dislivello: circa 1200 metri
Tempo: 3 ore e mezza la salita
Difficoltà: medio-difficile. Gli ultimi metri verso la cima sono piuttosto verticali e faticosi, ma non ci sono vere difficoltà tecniche.
Acqua: sì, ci sono fontane nei pressi di Caracoi Agoin, Bramezza (inizio del giro) e di Caracoi Cimai (fine). In caso di emergenza idrica, è possibile fare una deviazione a metà giro e scendere al Rifugio Sasso Bianco.
Cartografia: Carta Tabacco n. 15 – Marmolada, Pelmo, Civetta, Moiazza (se non ce l’hai puoi comprala su Amazon)
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