Prendi tre giorni di ferie, quell’improvvisa (si fa per dire) voglia di Dolomiti Friulane, la carta aperta e le dita che percorrono l’anello che le abbraccia. Prepara lo zaino, prendi la tenda, inizia a camminare e poi stravolgi tutti i piani.

Eccoti servito il nostro giro ad anello delle Dolomiti Friulane dormendo nei bivacchi e assaporando ogni passo di questa terra selvaggia.

PS: per progettare il nostro trekking e per orientarci, abbiamo usato la Carta Tabacco n. 2, Forni di Sopra – Ampezzo – Sauris (se non ce l’hai puoi comprala su Amazon)

Silvia e Davide al termine dell'anello delle Dolomiti friulane

Il Giro ad anello delle Dolomiti Friulane: una premessa

Il giro ad anello classico prevede la sosta in quattro rifugi: Giaf, Padova, Pordenone e Flaiban-Pacherini.

Il nostro percorso invece fa quello che vuole (o quasi), per lasciar decidere ai passi dove portarci. Ne è venuto fuori un anello di tre giorni, spettacolare, che può essere percorso anche dormendo in bivacchi e casere, a patto di essere autonomi con il cibo.

L’anello delle Dolomiti Friulane (o delle Dolomiti d’Oltre Piave) viene in genere fatto per rifugi, utilizzando i quattro punti d’appoggio di cui sopra. La direzione “classica” è quella oraria.

Noi, a parte il Giaf, non siamo passati per i rifugi. E l’abbiamo percorso in senso antiorario. Quando dici bastian contrari…

Davide Zambon coautore di Bagaglio LeggeroDavide

1° giorno: da Forni di Sopra al Bivacco Marchi Granzotto

Nei pressi di Forni di Sopra, imbocchiamo la Val di Giaf e lasciamo l’auto nell’apposito parcheggio. Allacciamo gli spallacci dello zaino, e non c’è niente da fare: per quanto tu possa averlo studiato al grammo (abbiamo anche scritto una guida su cosa portare in uno zaino per trekking di più giorni in tenda), il primo impatto con lo zaino carico toglie il fiato.

Oltrepassiamo il ponte che attraversa il Torrente Giaf (1050 mslm) e ci incamminiamo in salita verso il Rifugio Giaf. Per la salita ci sono due opzioni:

  • la strada forestale (circa un’ora)
  • il sentiero 346, decisamente più “montano” (circa 50 minuti)

I tempi non cambiano molto, ma abbiamo troppa voglia di immergerci in bosco, per cui scegliamo di prendere il 346.

Il Rifugio Giaf (1400 mslm) appare su un piccolo promontorio. Poco più in basso, una casetta e una cappella votiva. Non è ancora mezzogiorno, eppure tutte le panche all’esterno sono già al completo. Vediamo sfilarci sotto al naso un piatto più invitante dell’altro ma teniamo duro, pensiamo ai paninetti che abbiamo nello zaino e puntiamo alla nostra prima meta: Forcella Scodavacca.

Il sentiero è sempre il 346 che in questo tratto combacia con l’Altavia numero 6. Il sentiero costeggia il Coston di Giaf ed è più ripido, stretto e boscoso. Le nuvole attorno a noi si stanno addensando in maniera piuttosto minacciosa.

Arriviamo a Forcella Scodavacca (2043 mslm) che sta piovendo già da una mezz’ora. Neanche la pioggia però riesce a placare la salivazione attivata al Rifugio Giaf, per cui ci gustiamo i nostri paninetti inzuppati da una leggera pioggerellina che rende l’atmosfera possibilmente ancora più magica.

Davide a Forcella Scodavacca

… e neanche la pioggia può rallentare il nostro trekking. Dalla forcella scendiamo, sempre lungo il sentiero 346, fino ad incrociare altri due escursionisti dallo zaino pesante. “A Forcella Montanaia non si sale”, causa un tardivo innevamento. Lo dicono loro, che ci hanno provato, e anche i rifugisti del Padova.

L’obiettivo della giornata era quello di piantare la tenda accanto al Bivacco Perugini, ma decidiamo di cambiare i piani e improvvisare.

Solo una volta rientrati a casa, un ragazzo su Instagram ci ha detto di averla percorsa il giorno dopo senza troppa fatica. In montagna non si può mai sapere, e noi abbiamo comunque preferito affidarci a chi ci ha dato delle informazioni provate sulla propria pelle. Si poteva salire? Era davvero pericoloso? Era alla nostra portata? Non cambia, il bello è anche quello di saper gestire gli imprevisti.

Apriamo la carta e decidiamo di risalire per la Val d’Arade lungo il sentiero 342, in direzione del Bivacco Marchi Granzotto. La valle, dapprima verde e immersa in un mare di mughi, diviene in breve rocciosa e ghiaiosa. E riprende a piovere (ecco che riconosco il Friuli!).

Il sentiero si incanala nel Cadin d’Arade seguendo ghiaie e detriti grossolani. Sono gli ultimi metri di dislivello, ma decidiamo di riparaci qualche minuto sotto un intaglio di roccia. Il temporale non accenna a diminuire e, per quanto mi piaccia camminare sotto la pioggia, fulmini e tuoni in alta montagna mettono sempre paura (giustamente). Usciamo dal nostro riparo e raggiungiamo Forcella Monfalcon di Forni (2309 mslm).

Mancano pochi metri, Davide è già arrivato alla forcella e mi guarda con occhi trasognanti. Mi chiede se sono pronta ad emozionarmi. Siamo quasi arrivati al bivacco. Ed è bellissimo. Il tempo di raggiungere Forcella de Las Busas (2315 mslm), evitando sentieri secondari, e iniziamo a scendere verso il bivacco,

La vista sulle cime dei Monfalconi, il contrasto tra la roccia e l’erba della piana, il rosso acceso del bivacco… difficile a spiegare tanta bellezza. Ci troviamo davanti al bivacco Marchi Granzotto (2152 mslm).

Osservo le gocce di pioggia disegnare piano sulla piccola finestrella del bivacco. Davide sta leggendo nella brandina accanto. Prima di infilarsi nel sacco a pelo mi ha preparato un infuso di achillea, ancora fumante. Mi chiedo cosa serva più di questo. Un uomo buono, la fatica del giorno, la natura.   

Prima tappa del giro ad anello delle Dolomiti Friulane in bivacco: dati tecnici in breve

Partenza: parcheggio della Val di Giaf (1050 mslm)

Arrivo: Bivacco Marchi Granzotto (2152 mslm). Nota bene che il bivacco Marchi Granzotto può essere raggiunto anche seguendo altri itinerari.

Dislivello: 1700 m (cumulativo)

Lunghezza: 10 km

Tempo: 6 ore

Sentieri: 346 – 342

Acqua: sì, alla partenza, al Rifugio Giaf e al bivacco

Conca del Bivacco Marchi Granzotto

2° giorno: dal bivacco Marchi Granzotto al Cason di Brica

Mi sveglio alle prime luci del giorno, durante la notte ha sempre piovuto , mentre al mattino le cime dei Monfalconi sono già colorate d’oro. Esco piano dal bivacco – si fa per dire, perché aprire la porta in ferro è sempre un gioco di leve su lamiera che non perdona. Lo spettacolo è incredibile.

Silvia di fronte i Monfalconi all'alba

Davide mentre scrive il diario in friuli

Facciamo colazione con tuuuuutta la calma e decidiamo la prossima meta della giornata. Avendo cambiato i programmi, il nostro anello delle Dolomiti Friulane ora è davvero tutto da inventare. Siamo autonomi con tenda e cibo ma, come sempre, rimane l’incognita acqua da risolvere!

Poco dopo il bivacco, scorgiamo su un masso la scritta H2O di vernice rossa. Seguiamo le indicazioni per meno di 10 minuti e in effetti, a pochi minuti dal Bivacco Marchi Granzotto, troviamo un… minuscolo rigagnolo! Ok, l’acqua è un po’ stagnante, ma le sorgenti in montagna si spostano di anno in anno, quindi può essere che in altri periodi sia più copiosa. Abbiamo con noi la cannuccia potabilizzatrice quindi no worries, baby! E come non bastasse il fatto che siamo partiti tardissimo, iniziamo ad esplorare la piccola valle in cui si trova la fonte: non ti dico nulla, se non hai fretta, esplora. Io ci ho lasciato il cuore.

Monfalconi, Dolomiti friulane

Ci incamminiamo in discesa lungo il sentiero 359 nella Val Monfalcon di Forni. Raggiungiamo Caseruta dei Pecoi (1363 mslm), un piccolo ricovero in legno, con una deliziosa panchina esterna sulla quale ci riposiamo prima della scelta fatidica: andare direttamente al prossimo bivacco oppure scendere per risalire?

Il dislivello non ci preoccupa (almeno non più di tanto), abbiamo tutta la giornata davanti e una voglia matta di esplorare nuovi luoghi. Scendiamo quindi lungo il sentiero 361 della Val Meluzzo attraverso il bosco, fino a sbucare sull’ex letto di un fiume.

Attorno a noi solo ghiaia, ciottoli e detriti di ogni dimensione. I segnavia? Gli ometti di pietra, è probabile che in questo punto i cambiamenti siano così frequenti da rendere inefficaci i classici segni bianco-rossi.

Nel fondo valle, a 1195 mslm, incrociamo il sentiero 362 della Val Postegae. Appena possibile, scendiamo al torrente e mettiamo i piedi in acqua. Rilassarsi tra le rocce qui è un must.

Ripartiamo in salita verso la Val dell’Inferno, completamente boscosa, fino a sbucare nella bucolica Val di Guerra (1791 mslm). Qui lo scenario è davvero bellissimo: un ruscello scorre silenzioso lungo la valle, il bosco si dirada e compaiono fioriture inaspettate.

Val d'Inferno e Val di Guerra FVG

Saliamo fino al Passo del Mus (2063 mslm) e, come se non avessimo già gli occhi pieni di meraviglia, il sentiero diventa improvvisamente roccioso e decisamente spettacolare.

Pass del Mus

Imbocchiamo il sentiero 369 per Forcella Fantulina Alta (2107 mslm), dal quale si vede l’arzigogolata, vertiginosa via per scendere al Flaiban-Pacherini, e Forcella dell’Inferno (2230 mslm), in uno scenario davvero grandioso tra guglie e pinnacoli di roccia.

Siamo finalmente in discesa, dapprima su stabili ghiaioni finché non aggiriamo lo spettacolare Mus di Brica, un originale pinnacolo. Incontriamo il bivio per il sentiero 379, che seguiamo attraverso un bosco rado dal sottobosco troppo fitto e gibboso per pensare di piantarci la tenda.

Perdiamo un po’ di quota, seguiamo un promettente ruscello, e raggiungiamo il Cason di Brica (1745 mslm) che la luce del pomeriggio rende l’erba di smeraldo.

Il Cason di Brica: pareti di legno, quattro letti dalla parte opposta dell’ingresso rivestiti, come fossero alcove, con coperte di recupero, una piccola finestra, un tavolo, qualche mensola, una piccola stufa capace di portare la temperatura della stanza a livelli inimmaginabili. C’è sempre legna nei dintorni, perché il nume tutelare di questo luogo, Micheal, lo cura e lo coccola da anni. Trovi le sue avventure e le sue considerazioni scritte nel libro del bivacco: la firma è un piccolo scorpione stilizzato. Una Tabacco, curiosamente appesa sul soffitto (“non ci stava da nessun’altra parte”, scrive Michael), è tempestata di vie alpinistiche e cime salite in pennarello rosso. Non bastasse la voglia di esplorazione che normalmente ti mettono queste montagna, ci si mette pure lui.

La Brica è un posto magico. Fuori il bosco, di notte, freme di vita. A meno di cinque minuti, salendo, il ruscello gorgoglia ancora.

Ci sono gli attrezzi per fare legna e passare il tempo praticando un’attività utile, se sei sceso dalle forcelle rocciose a sud, avrai sicuramente portato con te una manciata di foglie e fiori di achillea con i quali fare un infuso alla tua compagna di cordata.

Perfezione.

Davide Zambon coautore di Bagaglio LeggeroDavide

 

Seconda tappa del giro ad anello delle Dolomiti Friulane in bivacco: dati tecnici in breve

Partenza: Bivacco Marchi Granzotto (2152 mslm)

Arrivo: Casera Brica (1745 mslm)

Dislivello: 1000 mt (positivo) e 1400 mt (negativo)

Lunghezza: 13 km

Tempo: 7 ore

Acqua: sì, nei pressi del bivacco, nella discesa, nella valle e anche poco lontano dalla Casera Brica.

Silvia e Davide a Casera Brica

3° giorno: dal Cason di Brica a Forni di Sopra

Il simpatico topolino che avevamo visto la sera prima intento a cercare semi e semini fuori dal casone, fortunatamente ha deciso di non farsi sentire durante la notte e, dopo aver sistemato con cura il bivacco, siamo pronti a ripartire. Sì, ma per dove??

Come sempre, apriamo la carta topografica e ci lasciamo ispirare. Decidiamo così di scendere la Val di Brica fino a tornare al bivio di Caseruta dei Pecoli (1363 mslm), da dove questa volta imbocchiamo il sentiero 361.

Sì, so cosa stai pensando: ma non potevate prendere direttamente il 361 il giorno prima e risparmiare tempo e dislivello? Certo, ma non avremo mai visto la Val di Guerra! E questo sì, sarebbe stato un vero peccato.

Il sentiero che si svolge in moderata salita attraverso il bosco ci conduce in meno di due ore alla bellissima piana erbosa dove sorge la Casera Valbinon (1778 mslm).

Casera Valbinon

La casera è composta da due strutture: una adibita a bivacco e aperta solo nel periodo di chiusura del rifugio, con brandine per la notte, e una adibita a rifugio nel periodo estivo.

Ci fermiamo per una birra per reintegrare i sali (si dice così, no?) e siamo letteralmente travolti dalla personalità di Denis, il rifugista, che ci accoglie nel migliore dei modi, tra sorrisi, battute e racconti di montagna e di vita. La casera è semplice e spartana: non c’è luce, non prende il telefono, ma birre, pasta, panini e chiacchiere non mancano. Un rifugio autentico nel quale perdiamo la cognizione del tempo.

Sono passate già un paio di ore quando ci rimettiamo in cammino. Prendiamo il sentiero 369 che in 20 minuti ci porta a Campuros (1945 mslm). Il posto è spettacolare e vale la pena venire quassù anche solo per visitare questa improvvisa piana bucolica circondata dalle montagne.

Ci fermiamo a respirare l’aria di montagna tra le fioriture nei pressi del Casone Campuros (1945 mslm), una spartana costruzione in legno con qualche panca e nulla di più.

Nota bene: Denis ci consiglia caldamente, nel caso volessimo aprire la tenda, di metterci negli immediati dintorni del Casone Campuros. In ogni altro posto rischi salate multe.

Davide lungo l'anello delle dolomiti friulane con tenda

In pochi minuti saliamo al Passo Lavinal (1972 mslm) e da qui iniziamo la discesa. I ghiaioni del Friuli? Eccoli!

Attenzione! Il sentiero del Lavinal non è un sentiero per tutti: la discesa è infatti piuttosto impegnativa e in alcuni punti abbastanza esposta. Niente di tecnicamente difficile, ma preferisco segnalarlo.

Arriviamo così nel fondovalle, dove un torrente scorre impetuoso. Gli ultimi raggi di sole, i piedi in acqua, le spalle doloranti da tre giorni di zaino e quella sensazione fortissima di voler rimanere tra i monti ancora un po’, ancora un altro po’.

Terza tappa del giro ad anello delle Dolomiti Friulane in bivacco: dati tecnici in breve

Partenza: Cason di Brica (1745 mslm)

Arrivo: Forni di Sopra (907 mslm)

Dislivello: 570 m (positivo) 400 m (negativo)

Lunghezza: 9,5 km

Tempo: 3 ore e mezza

Acqua: sì nei pressi del Cason di Brica, a Casera Valbinon e alla fine del sentiero del Lavinal

IL NOSTRO ANELLO DELLE DOLOMITI FRIULANE IN BREVE – IMPRESSIONI E PERCORSO

QUANDO FARLO: da Luglio a Settembre (a seconda della stagione sono possibili nevai residui) 

QUANTO CI VUOLE: Tre giorni sono sufficienti. Volendo si può accorciare ulteriormente di un giorno evitando la discesa in Val Postegae.

DIFFICOLTA’: si cammina sempre su sentieri escursionistici. Solo alcuni punti sono un po’ più esposti, ma il dislivello giornaliero è comunque impegnativo del complesso. 

IMPRESSIONE: traversata molto bella che alterna i tipici panorami rocciosi dolomitici ai bellissimi boschi. Ambiente solitario e panorami sempre diversi.

TENDA, RIFUGI O BIVACCHI? Se ti stai facendo questa domanda la risposta per te è molto probabilmente “rifugi” O “bivacchi”: sono entrambi numerosi, belli, comodi e ben attrezzati. La scelta tra uno e l’altro ricade sul tipo di percorso che intendi fare perché il giro ad anello classico che passa per i rifugi si discosta di parecchio da quello che abbiamo fatto noi. La tenda su questa traversata è invece solo per i veri appassionati

Trekking ad anello in tenda o bivacco sulle Dolomiti Friulane Pin