Leave no trace, ossia non lasciare traccia del tuo passaggio. Perché non basta andare in montagna per sentirsi tutt’uno con la natura. Non è sufficiente andare in un’oasi naturalistica diventare magicamente green. E purtroppo non bastano neanche moltissimi dei comportamenti che riteniamo poco impattanti – quando invece la loro correttezza sarebbe tutta da dimostrare.

La filosofia leave no trace è qualcosa di più, che ha che fare con il nostro posto nel mondo e l’impatto che ogni nostro passo ha sull’ambiente nel quale ci muoviamo.

L’obiettivo di queste “regole” non è quello di limitare la libertà, ma di renderci consapevoli dei passi da fare per essere dei buoni frequentatori dell’ambiente naturale.

Sono convinta infatti che l’ambientalismo sia un concetto in costante evoluzione anche dentro ognuno di noi. Spesso compiano gesti ai quali non prestiamo abbastanza attenzione o dei quali non conosciamo il reale impatto. Non dobbiamo colpevolizzarci per questo: l’importante è puntare a migliorarci.

Il trekking, il campeggio, la semplice passeggiata: agire con consapevolezza ci aiuta a proteggere l’ambiente che tanto amiamo.

traversata in tenda in alta montagna all'alba

Dove nasce la filosofia leave no trace

Un appunto è bene farlo: non ci stiamo inventando nulla! Le regole sono state stilate da un’organizzazione statunitense che si occupa di sostenibilità ambientale.

La Leave No Trace, a sua volta, non ha inventato niente: anzi, molte delle regole che vedremo tra poco – i 7 punti – appartengono ad un comune senso del vivere. Altre invece sono figlie proprio del territorio americano sul quale sono nate. Basti pensare ad esempio alle difficoltà di mantenere un territorio intatto lungo l’Appalachian Trail o nei Parchi Americani, che ogni anno vedono milioni di turisti lungo i loro sentieri.

Per questo motivo ho pensato di declinare le regole della filosofia leave no trace alle realtà del nostro territorio, traducendole in comportamenti che si possono, e anzi, si devono, attuare durante le escursioni.

1. Pianificare e preparare

La prima regola della filosofia leave no trace prevede di conoscere le norme e le regole particolari del territorio nel quale si va a camminare.

Questo si traduce nei dettami del buon senso, come l’essere preparati per pericoli ed emergenze, ma nell’intelligenza di programmare l’escursione in modo da evitare i periodi di affollamento.

Intendiamoci: le Tre Cime di Lavaredo o il Lago di Braies in agosto non vanno visitati. Punto. Eh ma io ho ferie solo in quella settimana, ci sono tantissime altre mete bellissime (alcune anche davvero molto più entusiasmanti) da vedere. Saranno forse meno instagrammabili, ma vuoi mettere la soddisfazione di esplorare un luogo sconosciuto ai più? 

Scegli di muoverti in gruppi piccoli, o dividere quelli grandi in più gruppetti, in modo da minimizzare l’impatto di molte persone che si muovono contemporaneamente.

ponte con gli scarponi al lago sant'anna

2. Camminare e fare campo su superfici stabili

“Superfici stabili” sono considerati i sentieri, i luoghi di accampamento prestabiliti, la roccia, la ghiaia, i prati secchi, la neve.

Cosa significa? Sostanzialmente che dovresti soprattutto evitare laghi e torrenti, campeggiando ad almeno 50-60 metri di distanza. L’acqua in montagna è il bene più prezioso e dev’essere il più possibile tutelato da eventuali inquinamenti. 

Per quanto riguarda il campeggio libero in montagna, un buon campo per piantare la tenda si trova, non si fa. Certo, non è sempre semplice, ma puoi leggere la nostra guida su come cercare il posto perfetto dove piantare la tenda. L’importante è fare in modo di non alterare il luogo nel quale ti trovi.

Da questo punto di vista, l’Islanda è un esempio lampante. Mentre cammini per gli Hálendið, i famigerati altipiani interni fatti di roccia sbriciolata e sabbia, vedi numerosi cartelli che chiedono – soprattutto ai fuoristrada, ma anche agli escursionisti – di non camminare fuori da piste e sentieri battuti. Questo perché non si è ancora formato un vero suolo, la superficie sulla quale cammini è morbida, e qualsiasi pressione lascia segni e buche, che la pioggia poi sicuramente ingigantirebbe, innescando un pericoloso processo di erosione.

C’è un estratto del mio libro, Attraverso, che parla proprio di quanto è facile ferire la superficie dell’Islanda.

Davide Zambon coautore di Bagaglio LeggeroDavide

 

3. Smaltire correttamente i rifiuti

Capitolo dolente anche tra gli amanti della montagna e che, negli anni, ci ha fatto storcere il naso non poco.

Rifiuti di cibo in montagna

Per quanto riguarda il cibo, infatti, è ormai ovvio (o almeno dovrebbe esserlo) che tutto ciò che non è biodegradabile deve essere riportato a valle. Il principio è sempre lo stesso: tutto ciò che sale con te deve anche scendere. Ma non basta.

Anche i resti di cibo non vanno dispersi nell’ambiente! La buccia di banana, quelle del mandarino, il torsolo di mela non devono essere abbandonati lungo il sentiero o lanciati nel bosco. I motivi sono due:

  • rispetto verso chi frequenterà questi luoghi dopo di te. Arrivare in croce di vetta e vedere ovunque resti di cibo è davvero uno spettacolo che non ha nulla a che fare con la bellezza del panorama.
  • rispetto verso gli animali. Lasciare resti di cibo potrebbe interferire con la genetica e il comportamento di alcuni animali, che si abitueranno sempre di più all’accattonaggio (ne parliamo a breve).

Smaltire i rifiuti corporei

In montagna non ci sono bagni – questo è assodato – ma ci sono comunque alcune regole da tenere presente per non impattare sul territorio. Le feci andrebbero sotterrate in buchi di almeno 15 cm di profondità e mescolate con il terreno, ad una distanza di almeno 50-60 metri dalle sorgenti di acqua o dai sentieri.

Cosa importantissima: mai, mai, mai abbandonare carta igienica o fazzoletti sul posto. Oltre che estremamente antiestetici, alcuni non sono neanche biodegradabili, dato che contengono fibre sintetiche (evitano che si distruggano in lavatrice). Basterà metterli in un sacchetto di plastica chiuso con un bel nodo e riporli così in zaino. Se te lo stai chiedendo: non c’è davvero nulla di sconveniente.

Come lavare le stoviglie

Se campeggi in luoghi naturali per una sola notte, ti consiglio di ficcare in zaino le stoviglie sporche, per lavarle a casa. Se invece prevedi di stare fuori più notti, è preferibile lavare i piatti con solo acqua oppure un goccio di detersivo ecologico (lo puoi fare anche in casa).

Cestini e cassonetti in montagna

Molte amministrazioni comunali hanno posizionato dei cestini all’inizio e alla fine dei sentieri. La raccolta di questi rifiuti non è semplice, dentro ci finisce di tutto, sono facile preda degli animali selvatici più curiosi (e affamati), hanno un impatto estetico e ambientale.

Il mio consiglio quindi è di riportare tutti i rifiuti a casa. Anzi, più che un consiglio, è un imperativo. D’altronde, se li hai portati fino al parcheggio dove hai la macchina, cosa cambia il tenerli in auto per qualche chilometro? E ovviamente non dovrei neanche specificare che se un cestino è pieno non si possono mettere i rifiuti a lato.

Anche se la base è sempre e comunque l’impatto ambientale, devo dire che anche l’occhio e lo spirito vogliono la loro parte. Così vi prego:

  • basta mandarini. Non solo le bucce hanno un tempo di decomposizione apparentemente eterno, ma soprattutto deprivano chi viene dopo di te del piacere di avercela fatta. Immagina: la mano che si aggrappa all’ultima roccia, il corpo che si tira su, il fiatone, il panorama immenso, tu che ti dici ce l’ho fatta, sono un alpinista anche io, nel mio piccolo, il primo su questa vetta, MANDARINI.
  • idem per le banane. Non sono peggio dei mandarini (le cui bucce, in inverno e sulla neve, diventano degli orrori neri e rigonfi), ma hanno anche il bollino: con colla e plastificazione.
  • leggevo un paio di anni fa la trionfante notizia di packaging delle barrette energetiche in vendita da Decathlon, che finalmente (oh-oh) potevano vantare una comoda apertura a strappo. Fa figo se sei un ciclista che la strappa con i denti (son cose, eh), ma sono ben due pezzi di involucro a snack che rischiano di svolarti via dalle tasche – perché VOGLIO SPERARE che non li butti coscientemente. Dai, fai più attenzione: non passa gita che Silvia ed io non ne raccogliamo (assieme a lattine, cartine di caramelle, pacchetti vuoti di fazzoletti…)
  • Ho visto delle composizioni piramidali attorno a degli inermi cestini dell’immondizia in montagna che non ti dico. Ma davvero? Nel 2021?

Infine, un discorso a parte per una nuova categoria di inquinamento (ambientale ed estetico): i sacchetti della pupù del cane. Saranno biodegradabili, sarà solo pupù… ma in realtà no per entrambe le cose. Tutt’altro: le deiezioni degli animali domestici possono essere causa di squilibri chimici negli ecosistemi più wild (e quindi più delicati).

Davide Zambon coautore di Bagaglio LeggeroDavide

 

regole della filosofia leave no trace

4. Lascia tutto come l’hai trovato

Preserva il territorio sul quale stai camminando, senza alterarlo. Negli anni ’80 era stata fatta una massiccia pubblicità di sensibilizzazione a non raccogliere i fiorichi ama la montagna le lascia i propri fiori“, te la ricorderai sicuramente. Fatto sta che, 30 anni dopo, la situazione non sembra essere molto cambiata e, girando per i monti, è sempre più comune imbattersi in persone che raccolgono fiori, anche di specie protette.

Due appunti per chi strappa ancora i fiori: 

  • ti sei chiesto perché dovresti godere solo tu della bellezza di quel fiore?  

  • lo sai che, una volta portati a casa, dureranno in vaso 1 o 2 giorni al massimo, vero? (sempre che superino il trauma del viaggio in macchina)  

Oltre a questo, non alterare reperti storici o culturali (un capitolo a parte andrebbe fatto sui cercatori di reperti della guerra, ma ne parleremo adeguatamente).

Insomma, in una parola: giù le mani!

Non raccogliere i fiori in montagna

5. Minimizza l’impatto dei fuochi da campo

È il fascino del fuoco da campo: irresistibile, sognante, romantico a seconda di chi ne sta godendo con te. Spesso poi al fuoco da campo si accompagna un bicchiere, delle risate matte o delle chiacchiere profonde, una stellata incredibile.

Il problema è che i fuochi da campo possono causare un impatto davvero durevole sull’ambiente. In una parola: disastri. È sempre preferibile usare fornelli (ad alcool o a gas) per cucinare (sono più facili da controllare), e far luce con torce elettriche.

Ci sono luoghi nei quali far fuoco è consentito all’interno di apposite strutture o aree circoscritte (come nei pressi di alcuni bivacchi). In tal caso, limita le dimensioni del fuoco e brucia la legna fino alle ceneri: evita di addormentarti che il fuoco non è ancora spento del tutto.

Fuoco pronto per la cena in bivacco

6. Rispetta gli animali 

Altro capitolo dolente. Rispettare gli animali non significa solo “non sparargli”, ma anche e soprattutto non inseguirli, non avvicinarli e non dare loro da mangiare. Possono sembrare comportamenti innocui, quando non addirittura giusti, ma la verità è che si tratta di atteggiamenti che alterano il loro naturale comportamento, esponendoli a pericoli per non difficilmente immaginabili.

Nelle zone più antropizzate infatti sono numerosi gli animali che non sono più in grado di cacciare il proprio cibo, e che quindi si avvicinano sempre di più alle abitazioni in cerca di rifiuti o scarti. Si tratta però di abitudini che li espongono a ben altri rischi. Motivo per cui molte amministrazioni hanno introdotto multe salate per chi viene colto nell’atto di dare da mangiare ad un animale selvatico.

Per difendere gli animali selvatici esistono associazioni apposite, attente a non alterare il loro habitat. In montagna, ad esempio, soprattutto nelle stagioni invernali molto rigide, è facile trovare alcune capanne con accumuli di fieno disposte in zone remote, per aiutare gli animali che non riescono a trovarne.

Come se non bastasse, alcuni cibi sono difficilmente digeribili dagli animali (sapevi che il pane è tra le principali cause di morte delle oche?), mentre i sapori forti potrebbero indurli a non apprezzare più i loro naturali alimenti.

Assolutamente vietato il cercare la fauna nei periodi sensibili come l’accoppiamento, la nidificazione o la stagione invernale. Ne abbiamo già parlato a proposito del bramito dei cervi che si può ascoltare nel Cansiglio in autunno.

Cosa fare quindi quando si è in una zona popolata da animali selvatici? Non uscire dal sentiero, non dare da mangiare agli animali e non cercare di inseguirli, per nessun motivo. Una fotografia, magari sfocata, può contribuire all’estinzione di una specie, è bene tenerlo a mente. 

Ultimo appunto: se fai trekking con il tuo cane, il guinzaglio è obbligatorio. Sono in continuo aumento i casi di animali selvatici feriti a morte da cani ai quali scatta l’istinto, così come quelli di cani che vengono persi tra i monti perché hanno seguito una traccia. Puoi leggere alcuni consigli che ci ha fornito un’istruttrice cinofila per come camminare in montagna con i propri cani.

stambecchi curiosi

7. Rispetta gli altri escursionisti (e gli altri esseri umani)

Cedi il passo a chi è più veloce, non urlare (!), sii cortese, dai indicazioni a chi te le chiede (anche se questo significa, per chi te le chiede, che la meta si allontanerà di mezz’ora), aiuta chi vedi in difficoltà.

Insomma… metti in atto tutti i comportamenti che ritieni idonei per assicurare e proteggere la qualità dell’esperienza degli altri escursionisti.

E c’è una cosa da ricordare: nella quali totalità delle volte, se puoi andare in montagna è perché qualcuno ti ha indirettamente permesso di farlo: chi ha realizzato le forestali per la gestione del bosco, le carrarecce che portano alle malghe, le strade della guerra, ponti e ponticelli. I sentieri tracciati dal CAI o dagli appassionati locali. Le casere che sono state dismesse e ora sono bivacchi. Le opere di contenimento delle acque, dei versanti, delle frane.

Rispetta il lavoro – passato, presente, e futuro – che viene fatto in montagna.

Tieni puliti i bivacchi (porta giù anche la spazzatura dei maleducati), non danneggiare recinti e staccionate perché devi passare proprio di là, non attraversare i prati il giorno prima degli sfalci, non intralciare – soprattutto con i parcheggi creativi – i lavori di manutenzione del bosco. Non mangiare il tuo panino ai tavoli del rifugio. Segnala quando vedi dei danni, siano essi naturali o meno.

Devo continuare?

Davide Zambon coautore di Bagaglio LeggeroDavide

tracce sulla neve

8. Extra mile per il leave no trace

Vero, i consigli della filosofia leave no trace sono solo 7, ma noi ne aggiungiamo uno.

Pensa, interrogati, informati, studia.

Non esistono comportamenti a impatto davvero zero, ma esistono comportamenti intelligenti. Qualche secondo di riflessione prima di combinare qualcosa può aiutarti ad avvicinarti sempre più alla filosofia leave no trace. E nel dubbio, c’è internet.

E se vuoi fare la differenza ripara agli errori degli altri: raccogli i rifiuti degli altri e aiuta l’informazione e la sensibilizzazione di amici e parenti. Esiste un modo migliore per andare per monti. 

Filosofia Leave no trace per vivere nella natura pin