Sulla prua di questa nave guardo il panorama. Un mare di nuvole si stende davanti ai miei occhi, interrotto solo dalle pareti frastagliate di queste imponenti vette che spezzano la morbidezza del paesaggio. Siamo ad oltre 3000 metri di altezza e dal Rifugio Sasso Nero mi sento così vicina al cielo da poterlo raggiungere.
Cosa troverai in questo percorso:
Da Malga Stalliler a Daimer Hutte lungo sentiero 23A
Il trekking inizia da San Giovanni, località della Valle Aurina, dove si può parcheggiare l’auto nei pressi di Malga Stalliler (1472 mslm). Noi in realtà ci fermiamo lungo la strada, parecchi tornanti prima. È una domenica di luglio e ci sono auto parcheggiate ovunque. Mi sembra strano, ma evidentemente da queste parti oggi tutti hanno voglia di farsi 1600 mt di dislivello!
Il sentiero inizia in leggera salita ed ecco la prima rivelazione: quasi tutti si fermano proprio a Malga Stalliler (che è bellissima e già assolata di prima mattina) o intraprendono il Sentiero del Sole che taglia la valle restando quasi sempre in quota.
Noi proseguiamo lungo il sentiero 23A che si snoda lungo una forestale con andatura piuttosto regolare fino a Daimer Hutte (1872 mslm). Lasciamo le ultime persone con i loro piatti fumanti e l birre gelide sui tavoloni esterni del rifugio. Da qui in avanti infatti non incontreremo quasi nessuno.
Da Daimer Hutte lungo il sentiero 23
Placide mucche al pascolo si aggirano attorno alla malga regalando quella tipica atmosfera da alpeggio estivo: cielo blu, prati fioriti, malga d’ordinanza e sole a picco. La salita inizia subito dietro la Malga Daimer Hutte: inizia il sentiero vero e proprio e il 23A si trasforma in sentiero 23.
In ripidi tornanti saliamo lungo il versante est della valle fino a raggiungere una vistosa morena glaciale oltre la quale spiccano i crepacci della Vedretta di Rio Rosso (Rotbachkees).
Tra roccia e neve: il sentiero 23-24A verso il Rifugio Sasso Nero
Il Rifugio ci appare come una visione. Nell’azzurro del cielo il suo colore scuro lo rende simile ad uno sperone di roccia finché una nuvola bianca gli fa da contrappunto per presentarcelo in tutto il suo splendore.
Mancano gli ultimi 400 metri di dislivello, ma sono anche i più duri: ghiacciaio, cavi su roccia liscia, scalini. Insomma… il gioco si fa duro. A complicare la faccenda c’è il fatto che di neve quest’anno ce n’è ancora tantissima nonostante la stagione inoltrata.
Gunther ci spinge a proseguire. Gunther è il gestore del vecchio rifugio Vittorio Veneto che ha firmato alcuni pannelli che si incontrano lungo la salita. Questi curiosi pannelli “motivazionali” recano il titolo di “Sentiero alpinistico istruttivo” che ci fa molto sorridere. Una cosa un po’ demodé, se vuoi, ma decisamente genuina.
Anni fa, da dove ci troviamo, si potevano prendere due deviazioni: salire tramite la via normale oppure scegliere la via ferrata. !ATTENZIONE! La Ferrata del Camino è stata distrutta da una frana nel 2017, ed è inagibile da allora.
La via normale del Rifugio Sasso Nero
Ci incamminiamo quindi verso la via normale che attraversa il ghiacciaio. Nonostante amiamo praticare la montagna anche in inverno (con lo scialpinismo o con quello strumento di tortura chiamato “ciaspole”), la neve in estate ci lascia sempre malfidenti. Non abbiamo portato i ramponi per cui i primi passi sulla neve sono incerti, ma in breve prendiamo confidenza. Le bacchette da trekking aiutano a tenere la stabilità, mentre inseguo le orme di Davide cercando di emularne il passo.
Sono concentratissima, forse troppo concentrata. Un signore mi sfreccia accanto in tutta velocità scendendo direttamente… di culo. A guardarlo, è evidente come la situazione sia sotto controllo e forse posso davvero allentare la tensione. In effetti la neve è morbidissima e, nonostante il pericolo di cadere non sia così remoto, le condizioni del manto nevoso oggi permettono una frenata provvidenziale.
Superato il tratto di nevaio più imponente ci aspettano le ultime rocce, che sono state attrezzate con pioli, scalini e funi metalliche.
Questi tratti non sono mai troppo esposti, ma occorre fare attenzione perché qui non siamo sulla dolomia o sui calcari ai quali siamo abituati, scolpiti dagli agenti atmosferici in una moltitudine di prese, appoggi e gradini naturali. Le rocce metamorfiche delle Alpi Noriche – e lo Schwarzenstein non fa eccezione – sono lisce per costituzione: il lavoro di levigazione dei ghiacciai ha fatto il resto.
Il Rifugio Sasso Nero (ex Rifugio Vittorio Veneto)
Sulla spalla finale troviamo i resti di quello che fino a poco tempo fa era il rifugio di questo luogo: il Rifugio Vittorio Veneto. Qualche pezzo di coccio si mimetizza con le rocce circostanti. Quanti alpinisti sono passati da qui? Quanto del Sig. Gunther c’è in questo luogo?
Non avendo conosciuto la precedente incarnazione di questo posto decidiamo di non farci prendere dalla nostalgia: abbiamo ancora gli ultimi metri di dislivello tra le rocce da percorrere.
Ci troviamo finalmente di fronte al Rifugio al Sasso Nero. 3026 metri sul livello del mare, che solo a pronunciarli danno le vertigini. Siamo così vicini all’Austria che gli unici ospiti del rifugio sono per l’appunto di lingua tedesca, ma soprattutto siamo vicinissimi al cielo.
Il nuovo rifugio (in tedesco Schwarzensteinhuette)è situato sulla forcella di Riotorbo e, anche se le immagini mi erano ben note, nulla poteva prepararmi a ciò che avrei visto con i miei occhi. Si tratta infatti di una vera e propria opera architettonica che sembra mutare forma a seconda dell’angolo con cui la si osserva.
Un’architettura avveniristica in un contesto da sogno. L’attrazione è quasi magnetica. La pianta a forma esagonale irregolare, le pareti nerissime che svettano sul manto nevoso e le luminose vetrate. Tutto qui ha una potente forza evocativa.
Si tratta di un’opera architettonica nata per stupire ed ospitare, con un basso impatto energetico e una vista spettacolare. Nel bene e nel male questa costruzione non lascia certo indifferenti, tanto che alla sua costruzione, da più parti sono arrivate critiche di ogni genere. Secondo me si tratta di un’opera grandiosa (anche perché posizionata in un luogo strategico) e con uno sguardo serio alla sostenibilità ambientale.
Una terrazza in pietra e legno ci porta all’ingresso del Rifugio Sasso Nero. La sale centrale della Stube è, se possibile, ancora più stupefacente. Una panca di legno circonda il perimetro di tutta la struttura, ed è accompagnata da grandi tavoli e sgabelli in larice chiaro. Le vetrate si affacciano su un panorama unico mentre dalla cucina arrivano dei profumini decisamente invitanti.
Dalle ore 15.00 è possibile ordinare la kaiserschmarren, una frittata dolce tirolese con una confettura di mirtilli rossi e, neanche a farlo apposta sono le 14.55! Sarà la stanchezza, sarà la magia del posto, ma: è davvero strepitosa! Di fianco a noi un gruppo di austriaci, che passerà qui la notte per affrontare una delle vicine cime l’indomani, si sta già concedendo la quarta grappa fatta in casa. Il buon umore è contagioso.
Certo c’è quella parte fumosa e anedottica dell’alpinismo, qui. Ci sono le corde appese agli angoli della stanza, ci sono i vecchi austriaci che qui probabilmente arrivano “per fare due passi” e si scolano schnapp su schnapp. Dietro le cime alle nostra spalle c’è il confine con l’Austria, ci sono i ghiacciai rivolti a nord. Eppure, nello stesso tempo, c’è una pulizia quasi asettica delle forme e dei materiali – la lastra di rame che riveste il cubicolo dal quale si entra, la roccia levigata, forse granitica, delle scale che scendono ai bagni, il legno chiaro ancora perfetto. Pochi ricordi appesi alle pareti. Forse troppo pochi?
Ma anche, nello stesso tempo ancora, il rifugio lo vedi già dal fondo valle, arrivando in macchina da Campo Tures, una specie di dente nero che si staglia sulle creste rocciose. Superi gli ultimi masi, i prati, le malghe e sei sulla superficie della Luna, in un grigio solcato dal bianco sporco dei nevai. Proprio dove vuoi essere, nei tuoi scarponi, con il tuo zaino, con una giornata estiva davanti, il cielo perfetto ancora per qualche ora sicuramente…
Emozioni contrastanti, insomma.
La discesa dal Rifugio Sasso Nero
Per noi è arrivato il momento di iniziare la discesa. I passaggi di cavi e pioli non ci spaventano, mentre il primo impatto con la neve in discesa è sempre cauto, ma basta l’immagine del signore che scendeva di culo per far saltare tutte le remore. Bacchette in su, peso sui talloni e si scia!
La discesa prosegue lungo lo stesso sentiero della salita, ma con gli occhi colmi di una bellezza accessibile ancora a pochi.
Trekking al Rifugio Sasso Nero: dati tecnici in breve
Partenza: Malga Stalliler (1472 mslm)
Arrivo: Rifugio Sasso Nero (3026 mslm)
Dislivello: 1600 m
Cartografia: Tabacco n.36, Campo Tures
Difficoltà: difficile. La salita fino all’imbocco del nevaio è regolare e non particolarmente impegnativa, ma il dislivello fin qui è già proibitivo. Il resto del percorso dipende molto dalle condizioni della neve (ramponi e picozza potrebbero essere indispensabili). Ti consiglio di contattare il Rifugio se non ti senti a tuo agio nell’affrontare pendii innevati. Alcuni tratti di cavo dell’ultima salita su roccia permettono di superare alcuni punti un po’ esposti.
Per scoprire Valle Aurina e dintorni
Noi ce ne siamo innamorati al primo colpo (complice un soggiorno improvvisato a Lappago). La Valle Aurina offre montagne maestose, sentieri estremamente panoramici, malghe nelle quali si mangia da dio, e quella rilassatezza tutta sud tirolese. Da scoprire.
Valle Aurina
Valle di Rio Bianco
Pircher Alm // Da Pircher Alm al Rifugio Porro sulla Kellerbauerweg
Val di Tures
Salita al Picco Palù, il tremila di Campo Tures
Valle Selva dei Mulini
Che MERAVUGLIA fatto settembre 2022 QUANTA fatica per me …c’e un pero’ ka struttura del rifugio PER ME e’ orribile..Sembra una cassa da morto..Ho comprato anche una maglietta
Eh capisco… diciamo che la struttura o piace o non piace! A noi era piaciuta molto, anche per il fatto di essere stata realizzata con molti accorgimenti per essere il più sostenibile possibile.
Grazie per il tuo commento Wanda e buone camminate!