Un weekend lungo, la voglia di percorrere qualche sentiero poco battuto… ma anche di curiosare un po’ di storia e rilassarci con qualche coccola del tipo cibo, vino e spa. Ci siamo resi conto che non abbiamo mai dedicato alla Val di Non la giusta attenzione… e abbiamo sbagliato!
La Val di Non trentina
Stai guidando lungo la SS 43, è primavera, e sai che sei entrato nel cuore della Val di Non quando tutto quello che vedi ha il verde intenso dei meleti. Se l’inverno è stato “giusto”, sopra gli ordinati filari di alberi da frutto, ci sono le cime imbiancate, e il colpo d’occhio è magnifico.
In antico questa terra si chiamava Anaunia: un nome storico, perché qui di storia ce n’è tantissima, amabilmente protetta da una florida natura e dalla paziente attività agricola dell’uomo.
Montagne splendide – basta dire Maddalene, Dolomiti di Brenta e Monti Anauni – e a circoscriverle un fiume amato dai kayakisti, il Noce, e poi una serie di gole vertiginose da esplorare. E ancora: una quota malghe che è un piacere da percorrere a piedi o in bici, diverse specialità enogastronomiche, l’ospitalità trentina nella sua massima espressione… e quel tocco di quiete e silenzio che rende le montagne meno blasonate un piacere da vivere.
Non basta un weekend lungo per vivere la porzione trentina della Val di Non, e questi sono solo alcuni spunti… ma sappiamo già che alla fine di questo articolo, ci avrai fatto un pensierino!
Il nostro campo base a Rumo
Per il nostro weekend lungo in Val di Non, abbiamo scelto uno dei paesi più tranquilli: Rumo. Posizione strategica (due escursioni le abbiamo fatte partendo proprio dalla porta dell’hotel), quiete assicurata, e un ottimo campo base – l’hotel Cavallino Bianco, a Marcena, del quale ti parliamo più avanti.
Cosa vedere in Val di Non: mete di fede, mete di storia
Il santuario di San Romedio
Un’ardita costruzione, appollaiata su uno sperone di roccia alto 99 metri, che sembra uscita da un libro fantasy: il santuario di San Romedio si presenta così, tra il fiabesco e il primitivo. Se ci aggiungi che uno dei modi per raggiungerlo è percorrere un sentiero scavato nella roccia e sospeso su un alto canyon, puoi immaginare la bellezza di questa escursione!
Il santuario è uno dei cuori spirituali di una valle intrisa di testimonianze religiose, e il sentiero che porta a San Romedio è costellato di piccole croci di legno. Il santuario non è da meno, con i numerosi ex voto qui conservati.
San Romedio consta di un “accumulo” di chiese e cappelle, quasi cresciute le une sulle altre nell’arco di 900 anni – dal 1000 al 1918 – e il suo interno è visitabile tutto l’anno (verifica gli orari prima di andarci).
La vista più bella sull’eremo? Ti spieghiamo come arrivarci nell’articolo dedicato al santuario (sono solo pochi minuti in più). Qui troverai anche il racconto della leggenda del Santo.
Museo retico di Sanzeno
Punto di partenza per l’Eremo di San Romedio, il museo retico contiene reperti e racconta la storia che va dai cacciatori-raccoglitori paleolitici ai martiri medievali, passando per la presenza dei Reti (ai quali è dedicato tantissimo spazio) e per la romanizzazione della Val di Non.
Interessante anche l’edificio che ospita il museo.
I castelli della Val di Non
Già in epoca romana, la Val di Non era una importante direttrice commerciale e di pellegrinaggio verso nord, in quanto le strade e i sentieri erano percorribili più facilmente rispetto a quelli della val d’Adige, spesso impaludati.
Ma traffici e spostamenti significa necessità di controllare (ed esigere tasse). Ecco quindi perché la Val di Non è ricca di castelli, cinque dei quali sono visitabili:
- Castel Valer a Tassullo, abitato ininterrottamente da 26 generazioni (e dalla stessa famiglia),
- Castel Belasi verso Campodenno, vera e propria “sentinella della Val di Non”,
- Castel Coredo, protetto dagli alberi e abbinato nelle visite guidate al Palazzo Nero, che deve il nome ad un truce processo per stregoneria,
- Castel Nanno, che si ispira alle ville quattrocentesche,
- Castel Thun a Vigo di Ton, le cui 40 stanze sono minuziosamente ristrutturate, ed è il più conosciuto.
Le miniere di Rumo
Galena, cioè piombo e argento, e pietra da cote, che serviva per affilare gli attrezzi. I versanti delle montagne ad est di Rumo sono letteralmente traforate da un’infinità di gallerie e cunicoli – in gran parte ancora inesplorati – che testimoniano un’attività mineraria durata secoli.
Contattando l’Associazione Rumés è possibile visitare l’interno di alcune gallerie e avere esaurienti spiegazioni, ma la zona si presta anche a tranquilli giri ad anello, con partenza direttamente da Marcena.
I sentieri di Rumo e i lezi della Val di Non
Attorno a Rumo sono stati segnati e ripristinati una serie di sentieri facili da percorrere, che attraversano i boschi dei dintorni e fanno capo al paese. Li riconosci per i semplici quadrati di lamiera dipinta – ad ogni colore, corrisponde un percorso. Noi abbiamo seguito quelli argentati fino alle miniere, e ritorno.
In tutta la Val di Non, invece, sono presenti i lezi, percorsi ricavati lungo sistemi irrigui pensati per portare l’acqua alle coltivazioni. In un modo del tutto simile a come succede con i ru della Valle d’Aosta (se ci hai seguito in Valpelline, sai di cosa parliamo), questi percorsi sono per buona parte in piano: un vero piacere per l’escursionista che non vuole faticare troppo!
Quali itinerari percorrere: escursioni e trekking
Le Maddalene
Montagne speciali, Le Maddalene. Poco addomesticate, nonostante la presenza di numerose malghe in quota, eppure facilmente percorribili. Una guida degli anni Novanta, di esse, dice che “bastano scarponi e zaino per percorrerle”.
In più, c’è una curiosità geologica: nella zona sono esposte le rocce del mantello terrestre, normalmente più profonde delle rocce sedimentarie e metamorfiche che costituiscono le montagne.
A riguardo, puoi visitare il curioso (e originale) Giardino delle pietre delle Maddalene. In un carinissimo giardino situato di fianco alla chiesa di Marcena a Rumo, campioni di roccia sono posizionati secondo orientamente e disposizione che hanno in natura, mentre due “solchi” raffigurano le faglie che interessano questa zona.
Il nome? Maddalene deriva dalla santa celebrata il 22 luglio, giorno dopo il quale iniziava la fienagione sopra certe quote.
Detto questo, conviene davvero indossare scarponi e zaino, e partire all’esplorazione.
Per orientarti, riferisciti alla carta Tabacco n. 64 – Val di Non, Le Maddalene, Cles (se non ce l’hai, puoi comprarla su Amazon cliccando sull’immagine).
Il sentiero 133 Aldo Bonacossa
Autore della prima guida turistica sulle Maddalene (compresa all’interno della più ampia guida all’Ortles-Cevedale), al valente alpinista è dedicato il sentiero 133 che percorre l’intero versante meridionale di questo complesso. Il sentiero tocca i 2000 metri di quota, parte dal Passo Palade e raggiunge Penasa di Rabbi, e servono tre giorni per percorrerlo tutto.
La cosa più bella? Il sentiero Bonacossa non è mai difficile, i panorami cambiano sempre, e ci sono ben tre punti d’appoggio per fare una splendida traversata: il Rifugio Maddalene (da quest’anno, di nuovo gestito), il bivacco Forestale (vedi sotto) e malga Bordolona di Sotto.
PS Non confondere questo sentiero Bonacossa con quello, omonimo e attrezzato, sui Cadini di Misurina.
Anello delle malghe delle Maddalene
Itinerario consigliatissimo, che tocca ben sei malghe, non ha pendenze notevoli e corre, per leggeri saliscendi, attraverso panorami davvero belli, con le Maddalene sopra e panorami inaspettati sulla Val di Non e sulle Dolomiti di Brenta.
Le malghe toccate: Cloz, Revò, Kessel bassa, Kessel alta, Castrin e Lauregno. In stagione, molte di queste offrono un ottimo servizio di ristorazione basato su prodotti caseari locali (buonissimi). Fuori stagione, invece, a malga Kessel alta c’è un notevole self service di birra e limonata!
Il punto di partenza è l’ultimo parcheggio trentino prima della Val d’Ultimo. Tutto l’anello, compreso di deviazione per la sommità panoramica del monte Ori, è lungo 17 chilometri per meno di 600 metri di dislivello complessivo. Noi l’abbiamo percorso in 6 ore (con calma).
Escursione a Malga Masa Murada e Lago Poinella
Geologia, dicevamo? Da Malga Lavazzé si può salire a malga Masa Murada seguendo la bella forestale. Questo secondo edificio, a quota 2046 metri, è stato ripristinato per ospitare gli studenti di geologia dell’Università di Bologna, ed è anche un bivacco (ti spieghiamo come dormirci nell’articolo dedicato a questo itinerario).
Dalla malga, è possibile salire al primordiale lago Poinella (2180 mslm), oppure prendere il sentiero Bonacossa in direzione del bivacco Forestale, per includerlo in un panoramico giro ad anello.
Gita al Bivacco Forestale
E a proposito: il bivacco Forestale si trova a 1830 metri di quota, sopra ad una conca prativa. Quattro posti letto, una cucina economica, la quiete data dal bosco alle spalle. Quando ci siamo stati, la fonte produceva un flebile flusso, ma le Maddalene sono decisamente ricche d’acqua, per cui da questo punto di vista non ci sono problemi.
Il bivacco può essere raggiunto seguendo tre itinerari diversi, ma la sua vera funziona è quella di punto d’appoggio lungo il sentiero Bonacossa.
Una notte al bivacco Pozze
Era stato il nostro primo assaggio di Maddalene, quando siamo saliti a questa splendida casera per ammirare le stelle cadenti poco prima di ferragosto. Si trova in val di Bresimo, la salita è piuttosto semplice, il luogo in cui si trova è magico (e, se la stagione è quella giusta, tappezzato di mirtilli).
Classico bivacco “da grigliate”, da qui puoi salire alle dorsali panoramiche del Monte Lainert.
Tutto quello che devi sapere sul bivacco Pozze lo trovi in questo articolo.
Il lago di Tovel
Mi ricordo ancora quando, attorno agli 8 anni, i miei genitori mi portarono a Tovel. Al di là della bellezza di questo luogo, la sua fama era dovuta ad un fenomeno decisamente originale: l’arrossamento estivo delle acque, dovute alla presenza di un’alga – la Tovellia sanguinea.
Purtroppo, il lago quell’estate non arrossì, e non lo fa più. A testimonianza restano qualche foto storica, e la leggenda della principessa Tresenga.
Ma una visita al lago va comunque fatta, perché il lago rosso resta sicuramente il più celebre dei laghi alpini delle Dolomiti di Brenta.
Tovel si trova nella valle omonima, a 1178 metri di quota, e si raggiunge in auto. Il parcheggio dal quale parte la breve passeggiata finale è però a pagamento: perché allora non prendere una delle navette che partono da Tuenno o Cles?
Del lago può essere fatto il giro a piedi, e da qui partono diverse escursioni.
Il cammino Jacopeo d’Anaunia
170 chilometri per 7 tappe (ma c’è anche un anello breve di 3 giorni), il Cammino Jacopeo d’Anaunia è stato realizzato nel 2007, combinando la passione per i cammini “alla Santiago” e le ricche testimonianze di fede che impreziosiscono la Val di Non – di qui si passava dal nord Europa per raggiungere Roma, Santiago e Gerusalemme. Inoltre, una leggenda – riportata in una serie di affreschi nel paese di Fondo – racconta di come nel 1482 alcuni capifamiglia fecero il più classico dei voti: avrebbero fatto un pellegrinaggio a Santiago se il loro paese fosse stato risparmiato dalla pestilenza.
Il cammino parte da Sanzeno e ti fa toccare eremi, santuari (San Romedio compreso) e chiese. Il tutto, percorrendo strade, carrarecce e sentieri ben segnalati: basta seguire i segnavia bianco rossi e e classiche conchiglie gialle.
Il cammino prevede di percorrere 20/25 km al giorno, con dislivelli che vanno dai 600 ai 1100 metri. Le tappe terminano sempre nei paesi, dove è possibile soggiornare… a ritmo lento. È disponibile una guida ufficiale (sempre aggiornata), che comprende la cartografia necessaria, e la credenziale del pellegrino sulla quale apporre i timbri.
Spunti pratici per il tuo soggiorno in Val di Non
L’albergo Cavallino Bianco
È stato il nostro campo base per l’esplorazione della Val di Non, e che dire: ci siamo trovati benissimo.
Prima di tutto, la posizione strategica: il Cavallino Bianco si trova a Rumo che, come già detto, è perfetto per spingersi a esplorare le Maddalene.
Seguono, in ordine sparso: ospitalità e gentilezza top, un ristorante nel quale si mangia benissimo (e corredato da una ottima cantina), una spa munita di idromassaggio esterno e panoramico. E una cura per i dettagli che ci ha davvero colpiti: dalla lettera di benvenuto, al “dispaccio” quotidiano con i menu del giorno, le attività proposte, le offerte della spa e un pensiero sul quale riflettere.
Ciliegina sulla torta (ma per noi importantissima): l’hotel è decisamente trekking-centrico. Fabrizio, il titolare, è una guida ambientale, e organizza OGNI GIORNO gite ed escursioni: percfetto per chi non si sente a suo agio ad arrrangiarsi. Alla reception, oltre a consigli e dritte, puoi trovare le carte topografiche che ti servono, nonché l’attrezzatura che ti manca – bastoncini, zaino, ciaspole e ramponcini per l’inverno, frontale. Infine, il Cavallino Bianco fa parte della rete dei Dolomiti Walking Hotel, strutture ricettive che hanno un occhio di riguardo per l’outdoor.
All’hotel abbiamo dedicato un articolo completo.
Cosa bere in Val di Non: degustazione alle cantine del Groppello di Revò
Il Groppello è un vino dall’identità forte, tanto che anche quando viene tagliato, il suo sentore di pepe e il suo corpo si fa comunque strada.
In Val di Non, quest’uva si coltiva con l’attitudine della viticoltura eroica – vitigni poco estesi, pendenze vertiginose e tanta lavorazione a mano. Ci sono 4 cantine che coltivano e lavorano il Groppello. Noi abbiamo fatto una degustazione presso LasteRosse, a Romallo. La curiosità? Da un ettaro di vitigni, tirano fuori 7 vini diversi! Chiamala passione…
Cosa mangiare in Val di Non
Pochi spunti, ma precisi:
- gli affettati: la mortandela, in primis, salume affumicato tipico della valle (viene prodotto a forma di “polpetta” de due etti di peso), e la carne salada, servita come un carpaccio,
- i primi: al di là dei classici canederli, punta agli strangolapreti: gnocchetti di spinaci conditi con burro, salvia e formaggio grattugiato,
- i secondi: tortèi e torta di patate (perfetti da abbinare al Groppello), oppure piatti a base di selvaggina (come lo spezzatino di cervo) o la trota trentina, denominata IGP,
- dolci: ovviamente strudel, ma anche gli straboi – un impasto fritto e spolverato di zucchero a velo.
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