Quando abbiamo reso noto il nostro progetto, la domanda più ansiosa fatta dai nostri affetti, amici, colleghi, clienti, era invariabilmente: ma con la connessione internet, come fate?

Seguivano le varianti: ma in montagna, ma dovete stare nelle città, ma la fibra.

Se ti può rassicurare, queste domande continuano ad esserci rivolte. Spoiler: ce le facciamo anche noi, ogni volta che scopriamo una nuova valle.

[Sì, la foto è volutamente “into the deep white“]

Silvia nella ciaspolata sul Monte Piana con vista Tre Cime Lavaredo

Nomadi digitali in montagna: gioie e dolori del traffico dati

Puoi non crederci, ma ogni volta che, camminando ed esplorando, individuiamo un bivacco, una casera, un tabià con vista spettacolare, la prima cosa che ci chiediamo (e che verifichiamo) è… prende internet, qui?

(Ci siamo resi conto di questa ossessione durante l’avventurosa discesa da Passo Palombino lungo la Val Digon… ma anche sopra Lozzo di Cadore abbiamo avuto il nostro bel daffare).

Certo, se per una località di mare – e magari già orientata al turismo – non ti serve quasi chiedere se la struttura che ti ospiterà ti fornisce il free wifi – probabilmente potresti scegliere casa sulla base del colore del router – quando progetti di muoverti verso le montagna, le precauzioni che devi prendere non sono mai troppe.

Premetto una cosa. Siamo entrambi copywriter, quindi è raro per noi maneggiare file di grandi dimensioni: non abbiamo i problemi di grafici e videomaker, né tantomeno dobbiamo fare deploy regolari, o accedere a chissà che servizi di archiviazione in cloud.

Quindi, prendendo spunto da una classica parodia della Piramide di Maslow (quella dei bisogni dell’essere umano, per intenderci), abbiamo stilato la gerarchia delle domande che devi porre al tuo futuro potenziale padrone di casa:

  • nell’appartamento che affitti c’è il wi-fi con router?
  • nell’appartamento che affitti c’è il wi-fi, ma il router è tipo al piano di sotto, di sopra, di fianco?
  • prende il telefono? La domanda si riferisce ovviamente al traffico dati.
  • se sì, quali operatori prendono? (occhio con i low budget)
  • prende il telefono, punto?
  • arriva un postale almeno una volta al mese?

Ti risparmio le situazioni stravaganti nelle quali mi sono trovato durante le mie esperienze di nomadismo precedenti a queste. Solo per farti venire l’acquolina in bocca dei racconti: un router del padrone di casa dall’altro lato della piazza; un tecnico che mi ha detto che dato che il router devi tenerlo in cucina, perché prenda meglio in camera, potresti mettere degli specchi in corridoio e sulle porte; cavi, cavi lunghissimi, mamma mia quanti cavi, tirati da una parte all’altra della casa, da inciamparci dentro ogni volta.

nomadi digitali in montagna

Internet con il telefono: hotspot tra il bene e il male

Per lavorare viaggiando in realtà, se fai attività “normali” e se te la senti di rinunciare allo streaming, il telefono in modalità hotspot è più che sufficiente. Bada di avere un buon contratto, che preveda una fornitura congrua di giga mensili: fai le giuste domande al padrone di casa (suggerimento: la 3 e la 4 dell’elenco sopra) e per il resto ci sei.

Noi, durante la nostra prima esperienza di montanari digitali, abbiamo usato un telefono per connettere due portatili + il telefono stesso, ed ci è sempre andata liscia (o quasi, vedi più in basso). Alternavamo, come hotspot, il telefono di Silvia e quello mio, dando una controllata a inizio giornata al contatore dei giga sul sito dell’operatore.

Che poi, diciamocelo. Se hai delle limitazioni nell’uso di internet, non è poi – sempre – così male. Anzi. Ti aiuta a ridurre il tempo che passi a vuoto sui social, o le ore serali a fare binge watching dei video raccomandati per te di YouTube. Ti fa pensare due volte prima di scaricare qualcosa.

Quando mi sono trovato con i giga finiti, in abbondante anticipo sul piano mensile, e mi capitava di andare a camminare nei boschi durante le pause… beh: il telefono tornava a essere un telefono (e una fotocamera), e non avevo interferenze nel mio rapporto con la Natura, con il rilassamento, con la lettura di libri.

Rovescio della medaglia? Stai scaricando un file – resta l’abitudine di alcuni clienti di spedirti enormi powerpoint e pdf non compressi – e rischi di vedere la percentuale rallentare vertiginosamente, per fermarsi al 98%.

E poi, il racconto a fine articolo.

Nomadi digitali in montagna

Riassumendo: cosa fare quando l’adsl, la fibra, il router non ci sono

  • Premunirsi di un buon contratto telefonico, con giga adeguati.

  • Assicurarsi su quale linea prenda nella valle dove sei diretto.

  • Check regolare dei giga consumati (e di quelli che ti avanzano). Occhio alle varie abilitazioni per il consumo di dati oltre la soglia, sono fetenti.

  • Riduzione delle attività non necessarie che consumano dati.

  • Alleggerimento del rapporto con il famigerato internet sempre.

E adesso, un racconto: “Quella volta che siamo rimasti senza internet”

Sembra una storia d’altri tempi, una di quelle che il nonno, spiaggiato sul divano dopo ogni pasto festivo, provocato dai nipotini insistenti, è costretto a rispolverare per l’ennesima volta. Una cosa da saga nordica, da impresa irripetibile: siamo rimasti un pomeriggio intero senza internet.

Già: siamo abituati a interruzioni della linea di pochi minuti, saranno i tecnici che stanno lavorando in strada, cose del genere. Ma a ingigantire la nostra, di storia, è che a rimanere senza internet, quel martedì pomeriggio, per almeno sei ore, è stato tutto il Comelico Superiore. No: tutto il Comelico. Anzi: tutto il Cadore – fino a dove, non si sa. Ma ancora non lo sapevamo. In più, come nelle pubblicità dell’Amaro Montenegro, quel file doveva assolutamente essere spedito. Fuori quasi nevica: sarà per quello, sarà un traliccio, boh?

Insomma, dal punto di vista della sceneggiatura, la combo è irresistibile. La padrona di casa ci dice che no, non prende neanche a lei l’internet.

Così passano quattro ore, la deadline si avvicina, che fare? Ovviamente prendere la macchina, e provare a raggiungere un punto che, nella mia idea, potesse essere abbastanza aperto da prendere. Così seguo il fianco del monte Spina, attraverso i paesi arroccati, mi infilo – dannazione, un posto ancora più imbucato – in Val Digon, svolto verso Santo Stefano. Qui, il paese grande, qualche flebile segno. Non dimentichiamo che è zona rossa, non si può uscire dai comuni, così scendo al grande parcheggio della fermata delle corriere. Mi parcheggio. Non prende. Tento di iscrivermi alla rete gratuita del Comelico, ma il codice per confermare mi arriva su SMS, quindi in realtà non mi arriva. Riaccendo il motore. Prendo la valle verso lo svincolo, mi faccio i due semafori del senso alternato rossi, faccio il tunnel, svolto per Auronzo. Mi dico: il paese ancora più grande. Ad Auronzo non prende. Arrivo a fine paese, mi giro, lo riattraverso, svolto su per il Passo di Sant’Antonio: magari il punto più elevato. Comunque no, e intanto nevica. Raggiungo casa che sono passate quasi due ore.

La connessione torna dopo dieci minuti. Scrivo in fretta e furia al project manager. Mi risponde: ah ma io avevo già mandato, non serviva neanche la revisione.

Alé. Ma, in ogni caso, deadline a parte e smacchinata nella neve pure, quelle quattro ore a lavorare senza connessione, senza linea telefonica: un sogno.

Montanari digitali: come comportarsi con la connessione internet pin